«Ilì, non è così: se vivi ancora a Genova. . . vedervi di meno può servire per un po', ma poi, comunque, prima o poi te lo prenderesti lo stesso, con o senza la fede al dito. Ormai Marco gliel'hai dato a quell'Anna, o te lo prendi di nuovo prima che si sposi ed eviti una tragedia o te ne vai distante; star vicini fa male a te e fa male a lui. . . », Ilaria aveva finito di spiumare anche il suo pollo, lo appese, zia Maria appese anche il suo terzo da finire e insieme sollevarono il pentolone dal fuoco per metterlo a lato.
«Però, mamma, non è detto che se vengo quaggiù io non mi possa prendere lo stesso Marco mio, voi vi siete presa Antonio quando viveva a Genova, vi scriveva lettere d'amore quando stava ancora con Irene, le ho viste in soffitta e chissà se voi gli rispondevate, chissà, forse le vostre risposte sono andate perdute, non le ho viste a Genova.»
«Irene le avrà buttate via dalla rabbia. . . certo, gli scrivevo», Maria riprese a spiumare il terzo, «non lo amavo, ma gli volevo bene.»
«Si può prendere un uomo anche da distante, lo vedete», Ilaria aveva preso il suo pollo e lo stava passando sulle braci per abbrustolire le piume rimaste innestate nella pelle per poi toglierle; si sparse subito intorno un odore di pelle di pollo bruciata, Ghemon annusò nell'aria pregustando la sua merenda ma stette buono a cuccia, zia Maria l'aveva educato bene, non si sarebbe mosso se non quando ella lo avrebbe chiamato. «Anzi. . . forse se abitassi qui, con le lettere, come un tempo, lo catturerei lo stesso mamma; non so. . . o forse mi dimenticherebbe? No, non credo, mi ama ancora, lo so, Marco mio.»
«È questo il problema, Ilì», anche Maria cominciò ad abbrustolire il suo pollo spiumato, «vi amate ancora e l'unica è dimenticarvi, venire qui e non scrivervi neppure. . . ma so che è dura. E Marco non lo accetterebbe, ti verrebbe a prendere. Però. . . non la vedo giusta la cosa: quella Silvia ti prenderà Emanuele e tu per ripicca ti prenderai Marco e farai soffrire Anna anche se non c'entra nulla come io ho fatto con Irene che non c'entrava nulla con la moglie di quello lì. Madonna mia. . . », posò il pollo in grembo, si fece il Segno di Croce, «che sorte brutta avete dato a mia figlia: ripeterà tutto!»
***
Nei giorni seguenti che la separavano dalla partenza Ilaria pensò a ciò che le aveva detto Maria: forse aveva ragione, rimanere staccata da Marco poteva bastare nel breve periodo, ma nel lungo tutto era più incerto, specie se Silvia avesse continuato a chiamarsi madre; non volle pensare poi all'eventualità che Emanuele, cominciando a parlare, chiamasse "mamma" Silvia oltre che lei o —Dio non voglia — "mamma" solo Silvia.
Un giorno, mentre Emanuele era in casa a fare il riposino guardato dalla madre, volle ritornare alla stalla dei maiali: era quasi tutto come l'anno precedente con Marco, ma si vedeva che la porta non era stata più aperta da quel momento: erba alta era nata di fronte e dovette premerla con i piedi, qualche rovo aveva gettato il ramo rampicante attorno al palo che la teneva ferma. Immaginando che fosse in quello stato si era portata dietro un paio di forbici da giardiniere con le quali liberò la porta; una volta entrata si ricordò dell'anno prima, di Emanuele in braccio allo zio, dello sguardo fatto a Marco, di quanto fosse quasi fin troppo semplice avere la sua felicità una volta tornata a Genova. Se Silvia si appropriava un po' di suo figlio, perché ella non si sarebbe potuta prendere un po' di Marco? Poco, poco. . . qualche volta. . . non sempre. . . se due donne si potevano spartire un bambino, perché due donne non avrebbero potuto spartirsi un uomo?
Fece qualche passo verso il muretto sul quale si era seduta l'anno prima, si ricordò della sensazione, toccandolo; salì come un tempo, chinandosi, dondolando le gambe e facendo lo stesso sguardo alla porta socchiusa immaginando Marco di fronte a lei, immaginando di sedurlo, ma, quella volta, immaginando di non fermarsi. . . si immerse nella sensazione di averlo, anche solo una volta, suo; nella mente aveva solo un ricordo da portare in superficie, ormai sbiadito, con il quale rivivere quel momento, ma senza amore per la persona con la quale compiva l'atto. Fatto con la persona che amava sarebbe stato molto, molto diverso; sarebbe stata la sua felicità — certo —, ma quella di Marco?
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Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)
General FictionSettima parte del romanzo "Dolore e Perdono" (nove in totale) Una storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rin...