Capitolo 42 (XIII). Il fidanzamento

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Marco aveva capito che non se la sarebbe cavata senza dire qualcosa, ma, al contrario del bacio pubblico, che lo aveva imbarazzato molto, un discorso lo spaventava di meno e pensò di potercela fare; nella grande sala della villa si sarebbe sentito più a disagio che nell'aula della Presidenza dove aveva discusso la tesi, ma, se era riuscito a parlare di fronte alla Commissione esaminatrice, forse avrebbe potuto farlo anche lì.

Si staccò leggermente da Anna che, dopo il bacio, aveva continuato ad abbracciare; le rimase comunque a fianco e la tenne per mano; ella gli fece uno sguardo incoraggiante e Marco, sorridendo, timido, ma senza essere goffo, fece un cenno con il braccio libero per chiedere la parola; quelli delle prime file lo videro e urlarono «silenzio! Fatelo parlare!» girandosi per farsi sentire dagli altri accompagnandosi con altri fischi, urla e tintinnare di bicchieri. In breve tempo il coro ordinato di "di-scor-so. . . di-scor-so. . . " scemò fino al fondo della sala sovrastato da un vociare disordinato, ma sempre più insistente, di "state zitti", "fatelo parlare!", "eh allora. . . silenzio una buona volta!" che alla fine ebbe la meglio e che fu seguito, dopo un mezzo minuto di richiami detti sempre più piano, da un innaturale e quasi ominoso silenzio che avvolse tutti: se poco prima i muri della villa sembravano tremare, in quel momento si sarebbe potuto sentire il respiro di Emanuele al piano superiore.

Ilaria, sempre appoggiata alla porta che dava sulle scale, pensò: «Marco mio. . . ce la puoi fare. Ora parla: sei arrivato a questo punto, la Madonna ti ha messo laggiù, nel posto che meriti, nel posto dove io ti ho messo grazie a Lei, al mio Sacrificio, qui, quasi due anni fa. Parla, e le parole poi verranno da sole, te le suggerirà Lei.»

Irene era ancora immobile, in fondo alla sala, appoggiata a Franco che, dietro di lei, le poggiava le mani sulle spalle sopra le sue; il suo Marco era in fondo, sotto gli occhi di tutti, invitato a parlare in pubblico di fianco alla fidanzata che aveva sempre sognato per lui; era felice come quando l'aveva abbracciato la prima volta uscito da sé; stava in attesa di sentirlo quasi senza respirare.

Luigi e Sara, ignari dei piani di Walter, alle sue prime urla si erano progressivamente spostati in avanti, gli invitati avevano fatto loro strada e in quel momento erano in prima fila a godersi la scena cosa che a Marco dava un ulteriore motivo di agitazione. Andrea e Silvia, dopo aver preso la torta, erano rimasti in sala, ma al fondo, vicino ai giovani. L'avvocato era rimasto sulla sdraio a fumarsi la pipa; egli, purtroppo, non poteva mangiare quella torta troppo dolce e troppo calorica per la dieta che Luigi gli aveva dato; si era fatto portare un caffè con dolcificante da uno dei ragazzi di servizio; aveva sentito le urla provenire dalla villa ma non se n'era occupato, continuando a fumare guardando il panorama.

Marco, quando sentì silenzio, con imbarazzo, ma anche con grande dolcezza, alzò la mano di Anna, si inchinò per baciarla con un gesto non troppo disinvolto ma sincero che suscitò un breve ma intenso applauso; rialzò il busto, Anna gli si avvicinò, gli diede un leggero bacio sulla guancia, gli sorrise, gli si mise a fianco sorreggendosi sul suo braccio e poi stette in ascolto. Marco rimase un poco in raccoglimento per decidere cosa dire, poi alzò il braccio per chiedere la parola e anche quel minimo brusio che si era riformato se ne andò istantaneamente e cominciò dicendo:

«Buongiorno a tutti; vi ringrazio innanzi tutto di esser qui a condividere con me e Anna questa giornata di festa per noi. Sarò breve, ma qualcosa lo devo dire visto che me l'avete chiesta a gran voce e. . . forse. . . forse anche io desidero farlo e vi ringrazio della vostra gentilezza nell'ascoltarmi. Vi ruberò solo qualche minuto, ma in effetti c'è qualcosa che vorrei dirvi.»

Se possibile il silenzio divenne ancora più profondo; persino Walter scese dalla sedia e stette vicino a Sabina che era rimasta colpita dalla calma e gioia interiore che traspariva da quelle prime parole di quel timido fidanzato; se Walter aveva contagiato l'uditorio poco prima con le urla e le sue goliardate, Marco lo stava contagiando con la sua voce tranquilla che, sebbene bassa, veniva udita fino alle ultime fila grazie a quel silenzio innaturale. Era emozionato, certamente, lo si vedeva, ma sembrava anche che sapesse già cosa volesse dire, come se in quei pochi secondi un intero discorso si fosse costruito nella sua testa; nessuno si sarebbe aspettata una cosa simile, ma solo qualche timido "ciao, grazie di tutto; felicità a tutti", sorrisi imbarazzati e un altro bacio alla fidanzata, mentre quel ragazzo sembrava veramente voler parlare; Anna gli era a fianco, appoggiata al suo braccio, felice del suo uomo, così tenero e spaurito, ma anche così presente per lei; sapeva che Marco avrebbe detto qualcosa di bello su loro due, che le avrebbe fatto fare una bella figura donandole un ricordo di una vita intera che già pregustava. Dopo qualche secondo Marco riprese a parlare: 

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora