1923

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È un inizio di giornata con il cielo terso quella del 30 agosto 1923.

Dalle finestre che danno sul cortile arrivano i profumi della campagna, sospinti dalla prima brezza mattutina.

Rosa, con un gemito, solleva lentamente le palpebre. Accanto a lei Teresina, tenuta pressoché sveglia tutta la notte dai lamenti della bambina. Il volto della donna mostra occhi segnati da profonde occhiaie, i capelli sono arruffati. Sospira. Osserva la "sua" Rosa: le poggia una mano sulla fronte. È calda.

- Hai un po' di febbre - le dice con tono rassicurante.

- È meglio chiamare il medico - aggiunge mettendosi seduta sul bordo del letto.

La bambina volta appena il capo verso la donna, le punta addosso gli occhi chiari. Sulle labbra il fantasma di un sorriso.

Teresina avverte un brivido lungo la spina dorsale; forse l'umidità della notte le si è insinuata sotto la pelle. Poggia i piedi sulle assi del pavimento. Sbadiglia, si trascina fino alle finestre, le chiude per evitare correnti d'aria alla piccola. Torna da lei, le sistema il guanciale sotto la testa.

- Vado ad avvisare tuo padre, ti sta bona qua che no se gnente de serio...

Trova l'uomo nella stalla intento a sistemare le stanghe del carretto alla cavalla.

Bianca si agita, è una puledra e, nonostante non sia la prima volta, non si è del tutto abituata alla fatica del traino. Allora lui l'accarezza dolcemente, e le parla a bassa voce, la cavalla si calma, è domata. Anselmo riabbassa le stanghe del carro, facendo attenzione a non urtare i fianchi dell'animale. Si sta preparando per andare a Treviso; vuole incontrare Giovanna. 

Il viaggio era previsto per il  sabato successivo, ma Anselmo ha deciso di partire prima. Da un paio di giorni, infatti, lo attanaglia un'inquietudine strisciante. Non sa bene cosa sia, ma ha la sensazione che qualcosa non stia andando per il verso giusto.

Dal giorno in cui ha portato Giovanna a Ponzano, per farle conoscere i suoi figli, non ha saputo più nulla. Desidera vederla per capire la situazione e per sapere come ha reagito Mario al suo rientro dopo un'intera giornata passata fuori casa.

Un sospiro gli esce dalle labbra ripensando a quel giorno.

La matassa dei ricordi si riavvolge: si rivede impacciato e ansioso di fronte a Mario Tesser, risente l'asprezza del tono di voce usato nei suoi riguardi. E poi, l'ammirazione e l'orgoglio provato quando Giovanna gli aveva preso la mano e, con tutta la forza del suo amore aveva reagito con veemenza alle proteste del padre che non voleva concederle il permesso di recarsi a Ponzano. Infine, l'emozione più grande: Giovanna gli aveva donato la sua verginità e lui, dopo molto tempo, si era sentito l'uomo più felice del mondo.

Verso l'imbrunire i due ragazzi erano tornati a Treviso, mentre il sole calava pennellando di arancione la tela del cielo, e i lampionai iniziavano ad accendere le lanterne dei portici di Borgo Cavour.

Anselmo aveva fermato il carretto sotto l'arco centrale di porta dei Santi Quaranta. Giovanna, prima di scendere dal barroccio, gli aveva poggiato una mano sulla guancia, una carezza per rassicurarlo.

- Vai a casa tranquillo, conosco mio padre, le sue arrabbiature durano poco e poi, in fondo lo capisco, sono la sua unica figlia, ha paura di rimanere solo, tutto qua.

Nelle strade del borgo, silenziose e discrete, il ticchettio delle scarpe femminili, era risuonato sui sampietrini. Il suono era leggero e armonioso, come una melodia che si diffondeva nell'aria.

- Giovanna, aspetta! Sei sicura di volere affrontare tuo padre da sola?

Pochi passi per raggiungerla e attirarla al suo petto. Lei gli aveva regalato uno dei suoi sorrisi e un'altra carezza sul volto.

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