29 aprile 1929

150 18 47
                                    

Durante il periodo fascista ogni attività civile, almeno in teoria, era regolata e diretta dai Fasci che miravano a inquadrare i cittadini (maschi e femmine), sin dall'infanzia, in formazioni di tipo militare, con relativi gradi e divise. Così i bambini fino ai tredici anni erano "figli o figlie della lupa" e poi "balilla" o "piccole italiane"; i ragazzi dai quattordici ai diciotto anni "avanguardisti" o "giovani italiane"; gli universitari erano inquadrati in G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti). In realtà molti, sfuggivano a questo inquadramento.

︵‿︵‿︵‿︵

Il sole è sorto da poco sul paesaggio verdeggiante. L'aria è appena tiepida, profuma di terra umida e fiori di campo. In quella domenica d'aprile del 1929, dalle finestre aperte entra la luce lieve di una mattina di primavera.

Questa è la stagione che amo di più, si dice Rosa, inspirando a pieni polmoni il refolo pregno del profumo di erba che le accarezza le guance. Socchiude per un momento gli occhi di cielo. Li riapre. Si guarda nella specchiera del comò. La bambina che era ha lasciato il posto alla ragazza che è diventata. Le forme acerbe dell'infanzia si sono arrotondate, modellando il seno e i fianchi.

Non ha più bisogno dell'aiuto di Teresina per intrecciare i capelli: la sua lunga treccia scivola lungo la schiena, annodata con un nastro di raso colorato.

La porta della camera si apre di colpo, facendola trasalire.

– Mi hai spaventata, scemo! - esclama.

Antonio sorride. Si avvicina alla sorella, le stampa un bacio sulla guancia.

– Buon compleanno, sorellina! Ti sei vestita così elegante per la messa o per il tuo moroso?

Rosa si sistema il colletto dell'abito, guarda il fratello con le labbra arricciate. Sulle guance affiora una sfumatura purpurea.

– Ma quale moroso! E poi tu che ne sai?

Antonio sogghigna. Con un balzo si siede sul davanzale. Osserva Rosa cercando nei suoi gesti qualche segnale rivelatore. Lo trova. Sua sorella è arrossita, le mani hanno un leggero tremore mentre infila due forcine ai lati della testa.

– A me non mi incanti, sorellina. Domenica scorsa, in chiesa, ho visto come ti guardava quel tipo con la testa piena di ricci!

Ride, Antonio. Cerca di nascondere sotto la sbruffoneria giovanile il serpeggiare sconosciuto di una innocente gelosia fraterna.

– Non ho bisogno che ti preoccupi per me. - replica la ragazza. - Oggi compio sedici anni, posso badare a me stessa! E non chiamarmi più sorellina, hai capito?

Antonio alza le mani in segno di resa.

– Va bene, va bene. Non volevo litigare.

Rosa torna a guardarsi allo specchio. Con l'indice inumidito di saliva dà una forma regolare alle sopracciglia poi, dopo essersi infilata il golfino, si gira verso il fratello.

– E... papà?

Antonio si passa due dita nel colletto della camicia. I suoi diciassette anni gli hanno regalato peli ispidi a cui ancora non è abituato. Sbuffa. Guarda fuori dalla finestra, verso i giovani tralci dei vigneti, promessa di una vendemmia abbondante. Suo padre sarà fiero di lui e del lavoro che sta facendo con i vitigni. Ruota lo sguardo verso la sorella.

– Come tutte le domeniche è andato a Treviso, da Giovanna. - dice quasi con compassione.

Rosa annuisce, poi scuote la testa. Ultimamente ha diradato le visite a Giovanna, non ha più voglia di andare a trovarla. Ogni volta che Anselmo le chiede di accompagnarlo dalla giovane e sfortunata moglie, lei cerca sempre delle scuse. Quegli incontri la mettono in agitazione, sono sempre più penosi.

LA MATRIARCA Sul Filo di LanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora