Lettera dal Canada

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UNA SETTIMANA PRIMA

Lo scampanio della chiesa di San Leonardo, inserita armoniosamente nella piazza di Ponzano Veneto, accoglie i fedeli all'ingresso della parrocchiale.

Con gli abiti inzuppati, uomini, donne, e marmocchi infreddoliti, arrivati dalla campagna e dalle vicine frazioni; chi a piedi, chi con il carretto, si affrettano a entrare in chiesa per ripararsi da una insistente pioggia autunnale.

 All'interno dell'edificio, l'aria viziata, fetida, impregnata dell'odore intenso di terra umida e animali da cortile, si mescola all'aroma dolciastro della cera delle candele.

 Le donne, con la testa fasciata da fazzoletti dai colori spenti, indossano lunghe gonne a larghe pieghe dal cui orlo spuntano calzature lorde di fango. Ampi scialli di lana ammantano spalle curve e appesantite, in qualche caso, dai  piccoli figli aggrappati al collo.

 Gli uomini indossano camicie bianche sotto a giacche consunte, scure, alcune rammendate. I cappelli tenuti stretti al petto in segno di rispetto. Lunghi tabarri celano figure minute, smagrite, corrose da una vita agra, privata da ogni forma di benessere. Hanno volti adombrati da fatica e miseria. Occhi spalancati verso il grande crocifisso ligneo, mentre la musica dell'organo colma la navata con note suggestive, e il sacerdote, preceduto da un chierichetto con il turibolo, si avvia a passo lento verso l'altare maggiore. 

La chiesa è gremita di fedeli, assiepati all'interno del luogo dedicato al culto cristiano. Il momento dell'eucarestia è il più atteso da tutti.

Agnese si avvia verso la balaustra dell'altare tenendo Tonino tra le braccia. Il bambino si guarda intorno con stupore e genuina curiosità. Alcuni passi indietro, Anselmo, con il capo chino e le mani congiunte al petto, attende il suo turno per ricevere l'eucarestia. S'inginocchia sul gradino di marmo con la bocca socchiusa. Don Piero, dopo averlo comunicato, gli bisbiglia all'orecchio.

– Anselmo, dopo la messa fermati un momento. Ti devo parlare di una cosa importante, te speto in sagrestia, varda de no desmentegarte...

L'uomo di chiesa, con movimenti lenti, si sposta verso gli altri fedeli, lasciando il ragazzo con l'ostia attaccata al palato e mille domande nella testa. Torna mestamente al suo posto, si raccoglie in preghiera accanto alla consorte, ignara del breve dialogo tra il prete e il marito. Il ragazzo avverte l'apprensione raggrumarsi nella gola. Inghiotte a fatica la particola, tossisce. Agnese lo guarda, gli molla una gomitata che raggiunge il fianco del poveretto. Dopo la benedizione, le parole pronunciate dal sacerdote "ite Missa est" decretano la fine della celebrazione. 

Anselmo inspira profondamente cercando di rilassare i muscoli. La sua indole insicura inizia il  percorso serpeggiando all'interno del suo essere.

A piccoli gruppi ordinati, e in religioso silenzio, le persone si avviano verso l'uscita genuflettendosi, e facendosi il segno della croce un'ultima volta con lo sguardo rivolto al Santissimo.

Con modi bruschi, Anselmo, blocca Agnese sul portone. La prende per un braccio, avvicina il volto a quello della moglie. 

– Agnese, mi devo fermare in sagrestia.

La voce alterata, quasi irriconoscibile, la raggiunge mentre sistema Tonino sulle spalle, coprendogli la testolina con un lembo del suo lungo scialle.

 Gli occhi cerulei, velati di leggera apprensione, si piantano nelle pupille scure del marito.

– Perché ti devi fermare? 

Il bambino inizia a pesare, ma la curiosità sembra ancora più pesante.

– Devo andare da don Piero, e non chiedermi cosa vuole perché non lo so! Tu vai a casa a spennare la gallina!

Va ben, va ben, vado, vado... Che maniere!

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