Gilberto

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Le settimane passano, arriva giugno. Il caldo estivo si fa sentire, si insinua sotto le porte, tra le imposte socchiuse. La città è dominata dall'aria soffocante di un inizio d'estate ma anche dalla preoccupazione per una guerra che non rispetta le promesse del capo del governo.

Gilberto, nato da appena dieci giorni, afferra avidamente il seno materno, le labbra piccole si muovono con voracità.

Rosa porta con sé la spossatezza del parto, ha perso molto sangue e una forte carenza di ferro la costringe ancora a passare molte ore seduta. Il volto, pallido, segnato da profonde occhiaie bluastre, riflette le notti insonni e la stanchezza per un travaglio lungo, che l'aveva sfinita.

I vagiti di Gilberto, acuti e insistenti, risuonano tra le pareti, spezzando la quiete e il sonno di tutti. Non è solo la stanchezza del parto a pesare su Rosa, ma anche la preoccupazione per Antonio e per il suocero.

Nonostante le ombre della guerra che si allungano sulle loro vite, non ha perso la serenità, deve essere forte per se stessta, per Leone e per i suoi figli; seduta sulla poltrona di velluto, accarezza delicatamente la testolina del neonato, un fagottino caldo e morbido contro il suo petto. L'aroma del latte materno, dolce e inconfondibile, aleggia nell'aria, si mescola al profumo di talco e a quell'odore speciale dei neonati.

Gli occhi blu di suo figlio la fissano con intensità, in quel momento, tutte le sue preoccupazioni sembrano svanire. Un sorriso le increspa le labbra, dolce e rassicurante come una ninna nanna. Essere madre. La cosa più bella e potente, non esiste niente di più forte e intenso dell'amore incondizionato verso le nostre creature, pensa Rosa mentre attende la fine della poppata. È al suo terzo figlio, ma quella sensazione appagante, l'emozione viscerale che le procura il contatto carnale con l'esserino che ha partorito, è così profonda e umana da stordirla.

Dalla finestra aperta filtra un allegro chiacchierio e il rumore dei passi sulla pavimentazione della piazza, un continuo andirivieni di vita che contrasta con la quiete della stanza.

Appoggia la testa allo schienale con un profondo sospiro, socchiude per un momento gli occhi. Cerca di non pensare alle preoccupazioni che gravitano su di lei e sulla sua famiglia. Il suo latte non deve essere contaminato dal dramma della guerra, dal pensiero per Antonio e dai problemi di salute di Gervasio. Il telegramma, con le sue poche, laconiche parole, aveva gettato nello sconforto l'intera famiglia. Rosa getta uno sguardo preoccupato su quel pezzo di carta giallognola adagiato sul tavolino accanto alla poltrona. Vicino, un bicchiere di latte ormai freddo.

Le voci vivaci di Luciano e Giuliana echeggiano nel corridoio. I loro passi frettolosi sul pavimento sembrano scuotere l'intera casa.

– Bambini, non fate rumore, vostro fratello si è addormentato... Per favore andate a chiamare Agostina, ma non correte, fate piano...

– Mamma, possiamo scendere in piazzetta a vedere se papà è già arrivato? - chiede Luciano con tono supplichevole, tirando la gonna della mamma.

– Dai mamma, per favore... - implora Giuliana sistemandosi le trecce sulle spalle.

– Papà è andato dal nonno perché non sta bene, farà un pochino tardi. Comunque potete scendere ma fate i bravi, eh? Sedetevi sulla panchina e non muovetevi da lì. Io vi controllo dalla finestra. Adesso andate ma non correte e non saltate per favore... – chiede con un sussurro.

Passi felpati arrivano dal corridoio. Una ragazza dai grandi occhi scuri, con un viso radioso incorniciato da riccioli castani, entra nel salottino, sorreggendo un vassoio fumante. Il profumo del caffè si diffonde nell'aria.

– Signora, e' teng portato na' tazzulella e' caffè buono buono. Questo fa rescuscitare pure e' morti...

La voce calda e suadente di Agostina, dal tipico accento napoletano, strappa un sorriso a Rosa. Il suo sorriso raggiante e la sua vivacità giovanile sono un toccasana per l'anima. Il suo modo di fare, sempre affabile e premuroso, è un balsamo per l'anima di Rosa, stanca e preoccupata. Più del semplice aiuto pratico, è la sua presenza costante, la sua allegria contagiosa, a donarle un po' di serenità e un pizzico di sana allegria.

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