L'inizio di una nuova vita

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 Il vento ha spazzato via le foglie, lasciando che un tiepido raggio di sole si rifletta sui tetti delle case. Lo scampanio è un rumore festoso che accompagna gli sposi mentre escono sul sagrato.

All'esterno della chiesa, un'elegante carrozza, addobbata con fiori e nastri bianchi, attende la coppia.
Il cocchiere, in livrea, tiene con le mani guantate le redini dei cavalli dal manto candido.

 Un regalo che Anselmo ha voluto fare a Giovanna.

Lei si copre la bocca con una mano per soffocare uno strillo di stupore. Gli occhi verdi risplendono per la commozione che l'assale improvvisamente all'uscita dalla chiesa. Lacrime di gioia rigano il volto aggraziato. Si gira verso Anselmo e gli regala un sorriso radioso. L'uomo le sposta il velo, inclina la testa, poggia le labbra su quelle di Giovanna. Finalmente un bacio a suggellare l'unione.

La strada è affollata da famiglie che si godono la quiete di una domenica novembrina. Alcuni passanti si fermano per ammirare la scena.

Irma raggiunge gli sposi, abbraccia Giovanna.

– Ti auguro tanta felicità, bambina mia. Mi mancherai, vieni a trovarmi appena puoi.

– Non dubitare, Irma, tornerò presto, Anselmo viene spesso in città. E poi, avrò bisogno di vestiti più comodi – dice, mentre una mano scivola sul ventre.

 Sorride, Giovanna, seppure la morte del padre è una macchia d'inchiostro che farà fatica a sbiadire. I lineamenti del viso sono più distesi, ora che il matrimonio è finalmente celebrato.

Non pensa più al borbottio che tanto l'aveva ferita al suo ingresso in chiesa. Le stesse persone, che prima l'avevano giudicata, ora sono sul sagrato e la stanno guardando con occhi benevoli, quasi a volerle augurare il meglio per la sua nuova vita.

Il primo a salire a bordo della berlina è Anselmo, allunga una mano verso la giovane moglie per aiutarla a entrare nell'abitacolo.

– Fai attenzione a non inciampare sul predellino.

Lei ride divertita, sentendosi già un po' goffa.

Irma sorregge il lungo velo, lo mette tra le braccia di Giovanna. Poi, una volta che la sposa si è sistemata sul sedile in velluto rosso, le lancia un bacio con la punta delle dita. 

– Andate, e siate felici!

Giovanna è seduta vicino al marito. Finalmente soli. Anselmo la guarda incredulo; ha accanto a sé un donna bellissima, colta, elegante. Il pensiero corre inevitabilmente ad Agnese. Una ragazza dai modi semplici, quasi analfabeta, modesta. L'esatto opposto di Giovanna. Come ho fatto a innamorarmi di lei? Si chiede, cercando di nascondere il suo turbamento dietro un sorriso che sa di contentezza.

– Come sta il nostro piccolo? E tu, come ti senti?

Lei volta il capo. Si accarezza la pancia già ben visibile nonostante la gravidanza sia appena al terzo mese.
– Il bambino sta bene. Ieri ho avvertito per la prima volta un movimento, come un leggero battito d'ali. È stata una bellissima sensazione, ma ho ancora qualche nausea. 

Anselmo la circonda con le braccia attirandola a sé. Giovanna poggia il capo sulla sua spalla.

– Non ti preoccupare, passerà.
Le dice con tono amorevole.

Per lei è la prima volta, è il suo primo figlio. Si sente sola e spaventata. Non ha una figura materna che la possa guidare in questo nuovo percorso. Irma, l'unica donna che le ha dato un po' di conforto, non si è mai sposata, non può comprendere appieno le sue ansie.

Anselmo estrae dal taschino del panciotto l'orologio.
– Sono le undici, dobbiamo andare.
Si sporge dallo sportello, saluta le persone ancora ferme, in attesa di vedere gli sposi partire.
– Vetturino, ci porti Al Cavallino!
La carrozza si avvia tra il rumore delle ruote che scricchiolano sui sampietrini. Percorre l'ampia strada, fiancheggiata su entrambi i lati da palazzetti porticati. Alla fine del lungo viale si intravede l'imponente sagoma di Porta Santi Quaranta, che dista poche centinaia di metri dalla chiesa di Sant'Agnese.

Antonio guida il carretto trainato da Bianca, Rosa è seduta accanto a lui. Stanno seguendo la carrozza, in silenzio.

Arrivano in pochi minuti all'Antica Ostaria Al Cavallino. Anselmo, dopo aver aiutato Giovanna a scendere dal veicolo, si avvicina al cocchiere e gli spiega che devono caricare due bauli sul carretto. Dopodiché proseguiranno verso Ponzano. 

– Non ci metteremo molto. Intanto lei porti la carrozza fuori Santi Quaranta e attenda il nostro ritorno.

Il cocchiere si toglie il berretto, annuisce con il capo, dà un colpo di briglie ai due cavalli che lentamente iniziano a muoversi verso l'arco centrale del bastione.

Il locale è chiuso da due settimane. Tutti i lavoranti sono stati licenziati, solo Maria, la cuoca, è rimasta anche dopo la morte di Mario. Ha dormito nella locanda per fare compagnia a Giovanna, per darle un po' di conforto dopo l'improvvisa scomparsa del padre, ma anche per starle vicino nel giorno più bello della sua vita.

Maria era entrata a servizio presso la famiglia Tesser a quindici anni, Giovanna era nata tre anni dopo. All'inizio aiutava in cucina grattando il rame dei tegami e pelando patate, poi, un po' alla volta, osservando Mario mentre cucinava i suoi famosi arrosti, aveva appreso tutti i segreti per diventare l'ottima cuoca che è ora, sacrificando la sua vita privata per dedicarsi completamente alla sua passione. Cucinare è la sua vita. Non ha nemmeno quarant'anni, ma, adesso che il ristorante è stato chiuso, non sa cosa fare.

L'alba non si era ancora palesata quando Maria aveva bussato alla porta della stanza di Giovanna. 

– Vieni, Maria, sono sveglia...

Aveva trovato Giovanna in vestaglia, seduta alla toilette a spazzolarsi i capelli. La camera era impregnata del suo profumo preferito. La donna si era avvicinata e l'aveva stretta a sé.

– È arrivato il grande giorno, sei riuscita a dormire un po'? Sei pallida. Suvvia, tuo marito deve vederti che stai bene e che sei felice. Adesso ti fai un bagno caldo così ti rilassi e la pelle apparirà più rosea. Ti ho preparato la vasca e tutto l'occorrente per il bagno.

Giovanna si era alzata dalla poltroncina in midollino, si era avvicinata alla finestra e aveva guardato fuori. L'autunno si era mostrato con il volto peggiore. Un cielo plumbeo copriva la città come una coltre scolorita. 

Si era soffermata a guardare quella strada che tante volte aveva percorso. Bambina, ragazzina, donna. Un grumo di nostalgia tra il cuore e la gola l'aveva costretta ad allontanarsi da quella finestra. Si era seduta sul bordo del letto spostando lo sguardo su tutto quello che da vent'anni l'aveva circondata: l'antico cassettone, la toeletta appartenuta alla madre, l'armadio in noce ora svuotato dei suoi vestiti, con solo l'abito da sposa in attesa di essere indossato. Il tappeto persiano e la tappezzeria donavano a quella stanza un tocco di raffinatezza.

 Maria si era seduta accanto. Le aveva accarezzato i capelli corvini. 

– In questo letto non ci dormirò più...
Aveva sussurrato Giovanna facendo scivolare una mano sul copriletto come un'ultima carezza.

– Giovanna cara, non essere triste, questa è la tua casa e lo sarà finché tu lo vorrai. Potrai venirci con Anselmo e, con il tuo piccolo che tieni nascosto in questo bel pancino.

La donna aveva sfiorato il ventre di Giovanna. La ragazza si era girata con l'espressione di chi nasconde un segreto. Un senso di vergogna le aveva acceso per un momento le guance. Maria aveva sorriso.

– Non mi hai detto niente, ma io ho capito quando la mattina ti alzavi con le nausee. Non sentirti in colpa, ami il tuo Anselmo e dal vostro amore è sbocciato questo fiore. 

Poi aveva preso tra le mani screpolate quelle vellutate di Giovanna.

– Ti capisco, cara. La morte di tuo padre sembra ti abbia tolto la voglia di vivere ma, ragazza mia, hai una vita davanti a te. E sarà una vita bellissima.

Giovanna si era stretta nelle spalle. Si era guardata intorno. In quella stanza aveva giocato con le bambole, aveva studiato, aveva pianto e sognato l'amore. E ora, doveva lasciarla. Sì, una nuova vita stava per iniziare. Ma l'altra vita, quella della sua infanzia e della sua adolescenza, finiva per sempre quel giorno. La gioia per il matrimonio le appariva come un sole coperto da nuvole grigie. La paura per ciò che la stava aspettando le stringeva il cuore.

Maria aveva preso Giovanna per un braccio, l'aveva tirata su dal letto.

– Adesso basta malinconie, questo è il giorno del tuo matrimonio. Il passato non deve entrare nel tuo animo per rattristarti. Vai a farti il bagno prima che si raffreddi l'acqua.
Io, intanto, finisco di sistemare le ultime cose nei bauli. 


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