L'era del fascismo parte seconda

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La famiglia Mussolini lasciava Villa Carpena per tornare a Milano e prendere alloggio in un appartamento di Via Mario Pagano. Nella nuova casa il duce, essendo diventato il capo del partito dell'ordine in linea con i valori tradizionali della nazione, si unì in matrimonio religioso con Rachele, a dieci anni dal rito civile.

Presto però la famiglia Mussolini si sarebbe stabilita definitivamente nella capitale, se non altro perché Roma era un simbolo importante del fascismo e Mussolini doveva dare il buon esempio presentando al paese il volto di una famiglia unita e innamorata della "città eterna".

Erano trascorsi sette anni dalla presa del potere, e Mussolini, dal balcone del cupo maniero che proprio in quei giorni aveva scelto come nuova sede, volle pronunciare uno dei suoi più torvi discorsi. Temeva ancora gli antifascisti, nonostante il dispotismo del regime. Si disse perciò pentito di "non aver cacciato al muro davanti ai plotoni di esecuzione, nell'ottobre del '22", i suoi nemici. Queste minacciose parole erano dirette a intimorire non soltanto i vecchi nemici del fascismo che pur vivevano nell'ombra, ma soprattutto chiunque si fosse già stancato della dittatura e osasse mostrarlo apertamente.

Aveva però fiducia nelle nuove generazioni. "Bisogna fare largo ai giovani", ai giovani da lui forgiati.

L'Italia era pronta ad accogliere gli effetti della grande crisi mondiale del 1929 sopraggiunta dagli Stati Uniti. Si cercarono misure per arginare la crisi. Una delle "dighe" allora innalzate prese il nome di IRI. Istituto per la ricostruzione industriale istituito nel 1933.

Per distogliere l'attenzione dalla crisi economica, Mussolini promosse un'immagine di potenza militare. Il bilancio dello stato presentava un deficit tanto grave che egli stesso paragonava a una battaglia perduta.

I sacrifici economici ricaddero principalmente sugli impiegati dello stato e degli enti pubblici, che videro ridursi lo stipendio del 12% e i salari del 8%.

Il rito del "saluto al Duce" si affermava e diventava obbligatorio; in più Starace imponeva di scrivere sempre in lettere maiuscole la parola DUCE in ogni occasione, nella corrispondenza degli uffici pubblici e naturalmente sui giornali.

Mussolini aveva detto che l'Europa sarebbe stata fascista, e, nonostante la manifesta esagerazione, si poteva dire che si fosse perfino contenuto. La parola fascismo non fa più paura. L'America ha visto in Mussolini un guidatore portentoso che faceva galoppare un cavallo notoriamente ricalcitrante e capriccioso, e lo portava a vincere la corsa. La parola Italia suscita la visione di un eroismo di masse, di una disciplina di masse, di una immensa cooperazione di cervelli, di braccia, di volontà, capace di osare l'inosabile, spinta da un impulso che parte dal cuore del Duce.

Un momento di particolare tensione si ebbe con l'espansione del nazionalsocialismo in Austria. Il cancelliere austriaco Dollfuss faceva assegnamento su Mussolini per bloccare l'espansionismo hitleriano in Austria, che avrebbe rappresentato un serio pericolo anche per l'Italia.

Hitler era sì grato a Mussolini per il sostegno che gli offriva in tema di riarmo, ma non poteva gradire l'atteggiamento pro-Dollfuss. Fu così che il Fuhrer venne in Italia per un colloquio a quattrocchi con il duce. Il 14 giugno 1934, Hitler e Mussolini si incontrarono a Venezia.

Hitler era invaso da un vero e proprio delirio messianico. Si sentiva guidato da una voce interiore come un Cristo trionfante. Pubblicamente si paragonava all'unico che avrebbe potuto salvare la Germania.

I due personaggi non si erano mai visti prima. Mussolini, in uniforme e con fez a frangia, accolse Hitler all'aeroporto di Venezia. Hitler, in abiti borghesi e con uno striminzito impermeabile giallastro, non fece una buona impressione al padrone di casa. Entrambi si guardavano con sospetto e freddamente.

Giunti nella villa Pisani di Stra, i due capi di governo si scambiarono alcune informazioni durante la colazione, ma il vero e proprio incontro politico si svolse nel pomeriggio. Al termine del colloquio apparvero più frastornati che mai. Hitler aveva naturalmente parlato in tedesco, Mussolini non conosceva di quella lingua che i rudimenti, inoltre, poiché l'ospite gli aveva parlato velocissimamente, gli era stato ancora più difficile capirlo.

Il comunicato emesso al termine degli incontri era sommario e non riferiva che di un cordiale spirito di collaborazione.

La tensione con Hitler lo ricondusse verso la Francia e la Gran Bretagna. Insieme al nuovo premier francese Pierre Laval, in visita a Roma, sottoscrisse un accordo di consultazione con l'occhio rivolto al mantenimento dell'indipendenza austriaca.

La conquista di nuove colonie, oltre i possedimenti della Libia, dell'Eritrea e della Somalia, era sempre stato il sogno non troppo segreto di Mussolini il quale, giunto al potere, aveva ben presto cominciato a magnificare le tradizioni imperiali di Roma caput mundi cui bisognava fare onore preparandosi spiritualmente e militarmente alle immancabili espansioni territoriali dell'Italia fascista.

Grande importanza assumeva anche la preparazione degli animi a una guerra coloniale imminente. Le esercitazioni si svolgevano di sabato, nel pomeriggio. Il "sabato fascista" tendeva ad assicurare al cittadino il riposo settimanale della domenica, e si inquadrava nel complesso delle provvidenze apprestate dal regime per la preparazione politica, culturale, sportiva e, principalmente, militare, cioè fascista del popolo.

 Il "sabato fascista" tendeva ad assicurare al cittadino il riposo settimanale della domenica, e si inquadrava nel complesso delle provvidenze apprestate dal regime per la preparazione politica, culturale, sportiva e, principalmente, militare, cio...

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VILLA PISANI
STRA - VENETO

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Fonte bibliografica

MUSSOLINI il fascino di un dittatore

di ANTONIO SPINOSA

editore MONDADORI

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