≪•◦ ❈ ◦•≫
Ha da poco lasciato Teresina e Rosa in uno stato confusionale del tutto comprensibile e che ancora lo fa sorridere.
Del resto, da quando è morta Agnese, nessuno ha più sorriso in quella casa.
Rosa e Tonino da tempo non chiedono più della mamma ma, l'ombra dell'infelicità è rimasta tenacemente impressa e incancellabile nei loro sguardi smarriti. Malinconici. Sono cresciuti senza la presenza affettuosa della madre, con un padre spesso assente e una donna che ha cercato, come meglio ha potuto, di riempire quella voragine nelle loro anime. Un vuoto che solo il tempo, e le tante lacrime versate si è trasformato in un tenero, indelebile ricordo.
Un ricordo che mai si appannerà ma, Anselmo, è un uomo troppo giovane per rimanere solo.È una splendida mattina di fine agosto, con il cielo terso e l'aria frizzante che odora di erba bagnata e terra umida. I temporali degli ultimi giorni hanno salvato i raccolti; una manna dal cielo per i vigneti inariditi da un lungo periodo di siccità.
Mancano pochi giorni alla vendemmia, le piogge, dopo mesi di gran caldo, hanno ammorbidito la campagna, rinvigorito le viti, rinfrescato i chicchi polposi.
Quella del 1923 sarà un'annata eccezionale, si dice Anselmo, mentre, seduto sul carretto trainato da Bianca, una giovane giumenta, percorre il lungo rettilineo verso la città. Il cigolio delle ruote del carro si mescola a quello degli zoccoli della cavalla sul suolo sterrato.
Distese a perdita d'occhio di campi seminati a grano, fiancheggiano la lunga striscia bianca: una strada accidentata, piena di buche e improvvisi rialzi. Si sentono qua e là nitriti e scalpiccii provenienti dai rigogliosi appezzamenti, e dai sentieri di campagna che si inoltrano tra i campi.
Passa davanti alle case dei signori, proprietari dei terreni. Di colpo tira vigorosamente le briglie. La puledra, ubbidiente, si ferma di fronte a un imponente cancello in ferro battuto. L'uomo scende dal carretto.
Lo sguardo, schermato dalle mani, si perde oltre la cancellata arrugginita, arriva fino alla porta d'ingresso sbarrata con assi di legno.
Ha gli occhi fissi su quei balconi sgretolati, con i cardini arrugginiti, sprangati da anni.
La villa mostra crepe sui muri come profonde
cicatrici. Allo scoppio della guerra, i nuovi proprietari hanno abbandonato la villa per rifugiarsi a Venezia. Il conflitto bellico è ormai finito da tempo ma la casa continua a essere disabitata. Solo i mezzadri sono rimasti a coltivare i terreni e a mantenere in ordine il vasto giardino antistante alla dimora.Villa Minelli.
Sicuramente la più bella residenza di tutto il circondario, immersa in una vasta proprietà chiazzata dalle case dei fittavoli che spiccano tra il verde come sparuti puntini bianchi.
Nella barchessa di destra s'intravedono le sagome eleganti dei calessi, di fianco, ammassate in modo disordinato, un vasto assortimento di ceste in vimini, vecchie botti sbrecciate, masserizie e una catasta di legna da ardere. Nessuno, in paese, sa dire con certezza se, e quando, la casa riaprirà quegli infissi mestamente chiusi.
Ogni volta che transita dalle parti di Villa Minelli, deve fermarsi. Deve ammirarla come si fa con una donna attraente. Una donna matura, dalle forme eleganti, regali, talmente bella, da non poter essere nemmeno sfiorata con il pensiero.
Abbassa lo sguardo. Un sorriso lieve gli piega le labbra, addolcendogli il volto. Sospira tra ammirazione e invidia mentre torna verso il suo carro. Si avvicina alla cavalla. Le dà una pacca sulla spalla. Bella risponde alzando uno zoccolo e scuotendo la criniera.
– Ti piacerebbe startene a riposo in quella spaziosa barchessa, vero Bella?
Bofonchia divertito salendo al posto di guida.Non può certo immaginare che quella magnifica dimora, un giorno, si chiamerà Villa Benetton e sua figlia Rosa, seppure avanti con gli anni, potrà seguire i lavori di restauro e ammirare il paesaggio agreste da una di quelle finestre ora chiuse.
Un'ultima occhiata, un altro profondo sospiro.
- Su Bella, andiamo. La mia Giovanna ci sta aspettando, non farmi arrivare in ritardo, non voglio fare brutte figure!
Sorride sotto i mustacchi al pensiero gioioso, festoso della sua amata. Al volto soave e delicato, a quegli occhi verdi, a quel sorriso incantevole. Da molto tempo non si sentiva così pieno di vita e progetti per il futuro.
La cavalla si rimette in cammino lasciando Villa Minelli, e Ponzano dietro di loro.
Anselmo raddrizza le spalle, alza gli occhi verso la volta celeste. L'azzurro è intenso, quasi blu. Un giorno speciale, questo, iniziato sotto i migliori auspici. Una giornata importante, a cui sta pensando da qualche mese. Intende chiedere a Mario Tesser, padre di Giovanna e proprietario dell'antica Locanda al Cavallino, nonché uno dei suoi migliori clienti, il permesso di portare Giovanna a Ponzano per conoscere i suoi figli. Una presentazione ufficiale per porre le basi a un progetto molto più ambizioso: il matrimonio.
Sfila dal taschino del gilet l'orologio appartenuto a suo padre. Sono già le otto, si dice dando una sferzata alle redini per fare andare Bella a un passo più sostenuto; ormai quella strada la percorre quasi ogni giorno, sa bene che ci vuole all'incirca un'ora per arrivare in centro città.
Prima di recarsi alla Locanda di Mario Tesser, però, deve fermarsi al mercato in Piazza dei Grani per acquistare nuove botti e damigiane. Di anno in anno, vendemmia dopo vendemmia, ha visto il suo volume d'affari aumentare, incentivato da una produzione vinicola di alta qualità.
Si liscia i baffi con un dito. Un sorriso tronfio gli allarga le labbra. Gli fa risplendere lo sguardo. Il suo amor proprio è ingordo, avido e, ne è certo, non si fermerà a questi primi traguardi. Anselmo non è più un cagasotto, come lo chiamava suo padre. I dolori, le sofferenze, la responsabilità di allevare due figli e la fatica per il lavoro nei suoi vigneti, lo hanno portato a diventare l'uomo ambizioso, orgoglioso e determinato che Giovanna ha conosciuto e di cui si è innamorata.
Il via vai di carri, carretti e calessi trainati da cavalli, asini ma anche da forti braccia, si sta intensificando all'approssimarsi del perimetro cittadino. Il silenzio della campagna svanisce con le prime villette ordinate, circondate da graziosi giardini che guardano il grande viale alberato - ora Viale Vittorio Veneto - alla cui fine si intravede la Porta di San Tomaso, uno dei varchi inseriti tra le antiche mura cittadine e che immettono nel centro storico. Anselmo si guarda attorno: la città lo affascina, è elegante, ordinata, l'aria non è ammorbata dall'odore di letame, le persone hanno un aspetto curato, i volti sono rilassati, sorridenti, privati da solchi profondi. Dai segni della fatica.
Chissà se Giovanna, nata e vissuta nell'elegante atmosfera cittadina, si adatterà alla vita, alle abitudini e agli odori della campagna, si chiede Anselmo mentre varca la maestosa Porta in pietra d'Istria che si affaccia su Piazza dei Grani.
≪•◦ ❈ ◦•≫
CENNI STORICI
Villa Minelli fu edificata nel secolo XVII dalla famiglia veneziana dei Minelli, importanti commercianti bergamaschi. Agli inizi dell'ottocento la villa e gli edifici ad essa collegati erano passati in proprietà dell'istituto degli Esposti di Venezia, cioè dell'orfanotrofio di quella città, che li mantenne fino agli anni sessanta, quando furono acquistati dalla società Benetton che li ha poi restaurati. La villa Minelli di Ponzano rappresenta, oltre che un importante esempio di architettura seicentesca con decorazioni pittoriche dell'età barocca, soprattutto un modello di restauro e di riutilizzo di una villa veneta, con l'inserimento in essa di attività produttive. Essa infatti è esemplare dimostrazione di come sia possibile recuperare il complesso architettonico e la solennità del luogo.
Oggi questa villa è la sede della "United Colors Of Benetton".
STAI LEGGENDO
LA MATRIARCA Sul Filo di Lana
Tiểu thuyết Lịch sửNella pianura veneta, dal 1911 al 1960, una saga familiare si intreccia con le vicende dell'Italia rurale, tra amori passionali, dolori strazianti e l'ombra di due guerre mondiali. L'esodo verso il Nord America segna la vita di generazioni, mentre...