La neve ha iniziato a cadere a grosse falde, mentre la cavalla affonda con le zampe nel soffice tappeto. Bianca solleva la testa e nitrisce. Ogni passo che fa lascia un'impronta profonda nella neve fresca.
Anselmo ha una coperta sulle spalle per ripararsi da un freddo inclemente, ma le mani sono così congelate che non riesce a sentire il calore del suo fiato.
Il buio di una notte perfida e malvagia è un lungo tunnel silenzioso rischiarato dal chiarore tenue della lampada a olio appesa al carretto. Anselmo è solo, in balia della tempesta e dei pensieri cupi che lo stanno accompagnando fino alla casa del dottore.
La prima nevicata dell'anno, si dice, mentre candidi batuffoli si adagiano sui capelli, bagnandoli. Sorride amaramente, pensando a quel fioccare intenso, come se il cielo lo stesse punendo per quello che ha fatto.
Ha perso la cognizione del tempo. Non sa che ore sono. Il ricordo di quello che è successo gli provoca ripugnanza verso se stesso. Si sente sporco, come se avesse commesso un crimine efferato. Sa che quei minuti di follia lo perseguiranno per tutta la vita, facendogli provare lo stesso disgusto.
Sente gli occhi pungere come aghi nelle pupille. Le lacrime, ora, scorrono sulle guance gelide. Le lascia cadere, silenziose. Alza il capo verso un cielo senza stelle. Piange, urla, nella notte più nera e infelice della sua vita. La sua voce ha l'eco della disperazione.
Giovanna, perdonami! Non so cosa mi è successo. Non volevo farti del male, lo giuro!
Ma Giovanna non può sentire le sue suppliche. Non può rispondere. È rimasta lì, in quel letto intriso di sangue e infelicità.
Dio mio, perdonami per ciò che ho fatto. Non portarmi via anche questo figlio! Implora Anselmo con l'animo traboccante di pentimento.
La neve è così fitta da non riesciure a vedere bene la strada che taglia in due i campi completamente ammantati dalla soffice coltre.
La casa del dottor Angelo Visentin si trova nella piazza del paese.
I colpi alla porta sono cannonate. Anselmo si accanisce sull'uscio che sembra cedere sotto i pugni sferrati con forza.
I minuti passano lentamente, come macigni sul cuore. Si stringe nella coperta, il fiato si condensa nell'aria, formando piccole nuvole bianche.
Morirò congelato, borbotta mentre un rumore di imposte gli fa alzare il viso. Le finestre delle altre case sono occhi neri nel candido paesaggio.
– Insomma! Mi volete buttare giù la porta? Chi siete!
La voce arrocchita rompe il silenzio di un paese dormiente.– Sono Anselmo Carniato. Mia moglie sta male! Sta tanto male, dottore. È incinta e ha perso molto sangue.
Il giovane medico ricorda la piccola Rosa e sa che Anselmo ha già perso la prima moglie. Uscire con una bufera di neve non lo rende felice, ma lui è un medico e l'uomo che gli sta quasi scardinando l'uscio di casa sembra disperato e fuori di sé.
– Va bene, va bene. Un attimo! Mi vesto e scendo.
Anselmo emette un sospiro di sollievo, che gli svuota i polmoni.
Signore, ti ringrazio, mugugna trai denti che si toccano per il freddo. Si tiene stretta la coperta sul collo mentre torna al carretto.
︵‿︵‿︵‿︵
Giovanna continua a gemere per i dolori, nei suoi occhi si legge tutto il dramma che sta vivendo. Trema, nonostante la stanza sia riscaldata.
– Il mio bambino non c'è più... – mormora.
Teresina è seduta sul letto, le tiene una mano tra le sue, la guarda e si sente morire dentro. Ha perso due figli nello stesso modo, per le violenze subite da un uomo. È un dolore che conosce bene, un dolore che ha vissuto sulla propria pelle. Le parla con voce calma e rassicurante, cercando di darle sollievo.
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LA MATRIARCA Sul Filo di Lana
Historical FictionNella pianura veneta, dal 1911 al 1960, una saga familiare si intreccia con le vicende dell'Italia rurale, tra amori passionali, dolori strazianti e l'ombra di due guerre mondiali. L'esodo verso il Nord America segna la vita di generazioni, mentre...