Niente è come sembra

113 13 52
                                    

Treviso, sotto il sole di aprile, pulsa di nuova vitalità. Il piazzale antistante la stazione, un tempo dominato da carrozze e cavalli, ora brulica di automobili, dalle forme solide, rassicuranti. Il rombo dei motori a scoppio sovrasta il tintinnio delle biciclette che sfrecciano in modo rocambolesco tra le vetture.

Leone si sente frastornato dai cambiamenti e dalla modernità che ha trovato al suo ritorno. Si guarda attorno, smarrito. Il paesaggio sconfinato del deserto libico, lo scandire lento del tempo nei villaggi italiani, il silenzio rotto dal brusio simile al suono di un violoncello del Ghibli, sono ancora bene impressi nella sua mente.

Con passo incerto, stringendo la valigia nella mano, si incammina lungo il viale alberato. La gamba ferita nell'incidente in Cirenaica lo costringe a trascinarsi, ogni passo è una fitta. Strizza gli occhi cercando un mezzo per raggiungere Ponzano. La pancia è un borbottio insistente; da diverse ore non mangia nulla. Almeno le osterie non mancano in questa città, pensa tra sé e sé, massaggiandosi lo stomaco in subbuglio.

– Leone! Signor Benetton!

La voce alle spalle lo raggiunge sempre più vicina. La riconosce. Si volta e si trova a pochi centimetri dal volto rubizzo e sorridente di Ottavio Buosi.

Giovanna segue il marito con incedere composto, lo sguardo fisso a terra, cercando di nascondere il turbamento che ancora l'attanaglia. L'incontro con Leone è ancora nell'aria con tutto il suo impatto emotivo. Negli occhi smeraldini, nel pallore del volto, serpeggia ancora il suo sgomento. Due giorni a Venezia per festeggiare l'anniversario di nozze le avevano regalato momenti sereni accanto a quel marito anziano che non riesce ad amare ma che le ha dato stabilità e protezione.

Ottavio si affianca a Leone, il respiro affannoso.

– Il mio autista è arrivato. Volevo già dirglielo sul treno, ma un collega mi ha fermato per salutarmi... Salga in auto con noi, io e mia moglie saremmo felici di farla accompagnare a Ponzano. Sei d'accordo cara? - Chiede Buosi, stringendo il braccio della moglie.

Giovanna abbozza un sorriso cortese.
– Certamente, caro... anzi, perché non lo invitamo a pranzo? – propone lei.
– Ma è una splendida idea! Cosa ne pensa, Leone? Così finalmente saprò che fine ha fatto la mia bicicletta!

La risata del notaio si mescola al rumore di una fiammante Fiat Balilla che si avvicina. La carrozzeria nera risplende sotto una radiosa giornata primaverile.

L'autista, un uomo di mezza età, con folte sopracciglie e un'impeccabile divisa scura, apre con premura la portiera per far salire Giovanna. Leone riflette. La vuotezza dello stomaco gli dice di accettare senza tentennamenti un pranzo nella rinomata trattoria, ma il desiderio di rivedere Rosa è più forte. Con lo sguardo sinceramente dispiaciuto, si sporge dal finestrino aperto dell'auto cercando gli occhi di Giovanna.

– Cara Giovanna, conoscerla è stata la cosa più bella di questi ultimi due anni, mi creda. Ma ho davvero bisogno di rivedere la mia famiglia, Rosa, i bambini... Mia moglie sarà felicissima di sapere di lei, di Ottavio e delle sue figlie.

Leone prende la mano di Giovanna, la sfiora con le labbra.

– Ci sarà modo di rivederci, - continua con modo affabile - e sarà una grande festa. Grazie per il suo gentile invito, e per l'affetto che ancora la lega alla mia Rosa.

Giovanna abbassa lo sguardo, i muscoli del volto si irrigidiscono in una maschera impassibile. Il tempo non è riuscito a fare il suo lavoro, a lavare i ricordi. Si deve difendere dai fantasmi.
Ora, la sua vita sono le sue figlie. Nulla conta più di loro. I ricordi non si possono cancellare ma, forse, per il suo bene psicocologico è meglio lasciarli lì, in un angolo del cuore e della memoria. Ritrae la mano di scatto. Un sorriso amaro le increspa le labbra. Gli occhi hanno perso la lucentezza di smeraldo, ora sono opachi, come velati da una sottile patina di ghiaccio.

LA MATRIARCA Sul Filo di LanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora