Un destino già segnato

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Gennaio regala tramonti che incendiano il cielo. Lingue di fuoco striate di rosso e arancione si fondono al giallo e al violetto che, minuto dopo minuto, si tramutano in delicate sfumature di rosa intenso, per poi sbiadire in un rosa tenero.

Repentinamente, il buio prende il sopravvento sulle tinte slavate, si trasforma in un blu sempre più tenebroso, lasciando che siano le stelle a illuminare le ombre delle case, mentre la luna si alza sopra il campanile della chiesa, in lontananza.

Negli occhi di Giovanna, fissi sul cielo, si riflettono i colori che il buon Dio regala alla gente, mentre inizia a radunarsi nelle stalle per il filò. Un rito che scalda il cuore e l'anima, una tradizione antica che si tramanda di generazione in generazione, da secoli. Un momento di condivisione, di gioia e di calore in cui le persone si riuniscono per stare insieme, per raccontarsi storie e sentirsi parte di una comunità. I bambini ridono e giocano, mentre gli anziani raccontano storie di un tempo passato.

Tradizioni sconosciute a una ragazza nata e vissuta in città

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Tradizioni sconosciute a una ragazza nata e vissuta in città. Così come il panorama a cui, giorno dopo giorno, il suo animo si sta adattando, sottomesso dalla sua condizione fisica. Una gravidanza che la sta rendendo un'inferma, incapace di reagire. Svuotata e affaticata.

Quando nascerà il bambino, tutto cambierà, mormora accarezzando il ventre sempre più prominente. Prende i guanciali dal letto, li sistema sulla poltroncina in vimini per alleviare i dolori alle reni che da qualche giorno la preoccupano. Si lascia andare sulla sedia con un sospiro. Come ogni pomeriggio, attende una visita speciale.

Rosa appende il grembiule di flanella vicino all'acquaio, sorride al pensiero di vedere Giovanna. È impaziente di mostrarle il nuovo lavoro che sta confezionando per il bambino.

Le sue giornate sono scandite da semplici attività, che durante la stagione invernale si riducono a piccoli lavori domestici, come spazzare la cucina, andare a prendere la legna nella stalla e sistemarla sotto le panche del larin, mettere le stoviglie nelle mensole, accudire le galline e raccogliere le uova fresche di giornata per Giovanna. Teresina, silenziosamente, controlla che Rosa compia le sue mansioni con ordine.

– Tina, quando nasce il bambino? - chiede Rosa sistemandosi la treccia sulla testa.

Teresina prende un arnese in ferro per attizzare il fuoco nel camino. Si raddrizza sulla schiena, porta una mano alla fronte e guarda Rosa. Le vuole bene come fosse la nipotina che non ha avuto. Si avvicina alla finestra, indica con l'indice la coltre di neve che ricopre i campi, che piega i rami, imbianca i tetti delle case, i cortili e le strade. La donna si avvolge nello scialle. Si gira a guardare Rosa.

– Quando non ci sarà più neve e si vedranno i primi fili d'erba. In primavera, me par. Perché non lo chiedi a Giovanna? Lei lo sa, di sicuro. Però, Rosa, mi raccomando di non stancarla troppo, sai che deve stare a riposo ancora qualche giorno. Cussì el ga dito el dotor! - dice Teresina.

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