Capitolo 49-La cosa giusta

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Narra Ruggero

Ormai era chiaro: se volevo far vivere a Candelaria una gravidanza tranquilla, dovevo assolutamente dimenticarmi di Karol, anche se non volevo, dovevo cancellarla dalla mia vita.

Durante le prove del concerto di stamattina, però, capii che cancellarla dalla mia vita era praticamente impossibile, così cambiai le regole del mio "piano": non avendo molta scelta, avrei continuato a lavorare con lei e solo in quei momenti mi sarei permesso di parlarle, di scherzare con lei, ma una volta usciti dai set, dai palchi, dagli studi, per me Karol sarebbe stata una sconosciuta.

Era facile però da dire: ora dovevo mettere in pratica ciò che avevo deciso.

L'occasione mi si presentò proprio la sera stessa: ero appena tornato a casa, mi ero appena tolto le scarpe, Maxi bussa al campanello.

Nemmeno il tempo di rispondere, che –in qualche strano modo- è già entrato e mi sta trascinando via.

Una volta fuori casa, mi accorgo che non sono l'unico ad essere stato "rapito", infatti ad aspettarmi fuori il portoncino, c'è Agus.

Maxi porta entrambi in un locale, dove ci fa sedere e c dice di aspettare.

Pochi minuti dopo, ecco che la vedo entrare: Karol, con Valentina e Katja, ha avuto la stessa idea di Maxi.

È da quel preciso istante che mi tocca combattere con me stesso, cercando che i miei sentimenti e l'amore che provo per lei non prendano il completo controllo di me stesso.

Solo quando, visibilmente anche costretta da Maxi si avvicina, riesco ad ignorarla, nonostante la tentazione che mi continua a perseguitare sorriderle o anche solo di porgere, anche se per solo un secondo, il mio sguardo su di lei.

A distanza di qualche minuto, noto che anche lei comincia ad ignorarmi e la serata passa così: io che parlo con Agus di lei ma ignorandola, e lei che parla con Valentina probabilmente di me ma ignorandomi.

A un certo punto, però Maxi dice qualcosa sottovoce ad Agus e lui, con una scusa, si allontana. Lo stesso succede con Valentina e Katja.

E così, Karol ed io, rimaniamo soli.

All'inizio ci guardiamo intorno cercando i nostri amici ma a Karol vibra il telefono: una chiamata.

"Scusami." Mi dice.

Allora comincia a parlare sottovoce, cercando di non farsi sentire da me, che in realtà ascolto tutto perfettamente:

"Dove siete? Perché mi avete abbandonata con Ruggero? ... Come andate via? Venitemi subito a prendere! ... Cosa? Aspetta Vale, non riesco a sentirti bene. ... Vale? Vale? ... Ha attaccato!"

Con l'ultima frase, si rivolge a me, con quella confidenza che ormai non avevamo da tempo.

"Ma dove sono?" Le chiedo, allora.

"Sono andate via."

"Come sono andate via?! Ci hanno davvero abbandonato?!"

"Così pare..."

"Vuoi che ti riaccompagno a casa?"

"Non preoccuparti, torno da sola..."

Detto ciò prende la borsa, si alza dallo sgabello, e si allontana.

Ed ecco che perdo la battaglia con i miei sentimenti: le afferro la mano esclamando "Aspetta!".

Si gira allora verso di me, con un'espressione sorpresa.

Ci guardiamo a lungo, cercando forse di capire... cosa? Non lo sappiamo.

"Mi prendi in giro? Prima mi ignori per tutta la serata e poi te ne esci con questo "Aspetta!" come se senza di me non potresti vivere?! Per quanto dobbiamo continuare così? Se c'è qualcosa che devi dirmi, dimmela adesso."

Quando sto per aprire bocca, ecco che una musica comincia a suonare...

Le note di una canzone di Taylor Swift rendono, per la seconda volta, tutto diverso.

Senza neanche accorgercene, ci ritroviamo a ballare al centro della pista.

Karolcita ha la testa appoggiata al mio petto, da qui riesco a sentire il profumo dei suoi capelli: sanno di buono, di casa.

Senza dire nemmeno una parola, riusciamo a capire tutto, tutto quello che per settimane abbiamo nascosto l'uno all'altra, ma anche a noi stessi.

Stando così vicini, abbiamo capito qual è la cosa giusta da fare.

I nostri sentimenti, però sembrano prendere il sopravvento.

Karol ed io ci allontaniamo di qualche centrimentro per poi riavvicinarci.

Le sue labbra posate sulle mie.

I nostri cuori che sussurrano un addio, che cancellano tutto quello che c'è stato negli ultimi mesi.

Quando le note finiscono, ci allontaniamo davvero guardandoci negli occhi.

Senza nemmeno salutarci lei si allontana definitivamente da me, uscendo dal locale.

Nonostante la musica che continua a suonare –ora è una canzone più movimentata, ma che io percepisco malinconica e triste- riesco a sentire il tonfo che fa la porta quando si chiude.

E sento un freddo avvolgermi le spalle, un gelo che sente soprattutto il mio cuore.

Continuo a fissare la porta e l'esterno del locale.

Fuori piove.

Da qui riesco a vedere perfettamente Karol, anche lei ferma.

Pian piano si gira, per guardarmi un'ultima volta.

Con le labbra mima una frase che non riesco a capire, poi si gira e va via.

Mentre il mio cuore grida di inseguirla, di dirle che insieme possiamo risolvere tutto, nella mia testa mi dice "Hai fatto la cosa giusta.".

Finisco per zittire il mio cuore e dare retta alla testa: forse ho davvero fatto la cosa giusta...

Andando verso la cassa, mi ritrovo a guardare l'orologio: un movimento quasi volontario, anche se so che questo orario non lo dimenticherò mai, l'una e cinquantotto minuti.

Dopo aver pagato, per tutti, mi dirigo verso la porta.

Prima di chiuderla, mi guardo indietro, nel punto in cui Karolcita ed io ci siamo salutati poco fa: lì, lo so per certo, ho appena lasciato una parte del mio cuore, dei miei ricordi e della fiaba di cui Karolcita ed io siamo stati la principessa ed il principe.

Chiudo la porta.

Faccio un respiro profondo.

Espiro.

E vado dalla mia fidanzata e mamma di mio figlio, Candelaria: la donna con cui passerò il resto della mi a vita.

È il nove maggio del 2016, la mia vita è appena cambiata per sempre perché, da domani, non sarò innamorato di Karol, dimenticherò i sentimenti che ho provato per lei e tutto quello che è successo tra di noi e lei farà lo stesso con me.

Da domani Karol Sevilla sarà solo la mia compagna di lavoro.




"The words that you whispered for just us to know

You told me you loved me, so why did you go away?"

-Taylor Swift🤍


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