Capitolo 17

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-E sai perché Greta? Perché ha deciso  improvvisamente di andarsene?
Sputò Matteo alzandosi.
-Matteo...
Sofia cercò di ammonirlo.
-Per colpa tua!
Sbottò puntandomi il dito contro.

Bene, se già prima stavo male adesso ancora di più. Sofia si alzò e mi accarezzò il braccio.
-Non è vero, non ascoltarlo.
Cercò di tranquillizzarmi la bionda.
-Dov'è adesso?
Chiesi io con un filo di voce.
-A casa sua ma io non credo che...
Non lasciai finire Lorenzo che già ero uscita e correvo verso casa di Antony con un nodo alla gola.

Bussai parecchie volte alla porta mentre preparavo qualsiasi tipo di insulto esistente sulla terra. Mi aprì Theo.
-Ciao Greta.
-Ciao tesoro, dov'è Antony?
Chiesi entrando e guardandomi in torno.
-È in camera sua, se ne vuole andare... ti accompagno?
Cercai di sorridere.
-No tranquillo, faccio da sola.
Affermai prima di salire le scale ed entrare in quella, che se non sbaglio, era la sua stanza.
-Sei uno stronzo!
Urlai chiudendomi la porta alle spalle. Antony si voltò verso di me non cambiando espressione.
-Ciao anche a te.
Disse lui continuando a ripiegare magliette.
-Ciao un cazzo! Dove vuoi andare?!
Antony si bloccò e finalmente mi guardò negli occhi.
-Ah, l'hai saputo, fantastico allora, sei venuta qui per riportarmi la felpa?
Rimasi un secondo spiazzata da quella sua risposta.
-No, sono venuta qui per fermarti!
Antony si lasciò sfuggire una risata.
-Ma dai, voglio inseguire il mio sogno.
Mi prese in giro mantenendo il suo tono freddo.
-Ma quale sogno?!
Sputai acida. Antony mi fulminò.
-Come se a te importasse qualcosa di me, e poi tu non sei nessuno per fermarmi!
Feci un passo indietro e per un secondo delle lacrime minacciarono di uscire.
-Ma che dici? A me importa di te.
Era come se fosse tornato quell'Antony che avevo conosciuto 3 mesi fa.
-Ma che cos'hai? Prima mi dici quelle cose belle e adesso mi tratti così?
Antony contorse la mascella e strinse i pugni.
-Faccio quello che voglio, Menchi.
Mi avvicinai a lui e gli tirai una schiaffo con gli occhi completamente lucidi. Antony non reagì ma continuò a preparare le valigie. Questo mi fece innervosire ancora di più e gli tirai dei cazzotti sul petto, che ovviamente non gli fecero niente. Mi bloccò per i polsi e mi scansò via da lui.
-Mi sono rotto il cazzo, Menchi. Pensi che per me sia facile? Mi sono stancato di fingere. Fingere che di te non mi importi niente, fingere che tra noi non sia successo nulla, fingere che non mi faccia male vederti felice con Madalin! Tu ci riesci, io no!
Mi urlò contro lui, liberandosi da tutto quello che provava e provocando le mie lacrime, ma le trattenni, non potevo piangere.
-Antony... qui c'è tua sorella, davvero vuoi lasciarla sola?
Cambiai discorso io, non sapevo più che fare, il mio cuore era a pezzi.
-Mia sorella è morta, Greta!
Urlò di nuovo lui.
-Non è vero, se è in coma significa che vuole tornare qui!
Antony si morse il labbro e scosse la testa con le lacrime agli occhi.
-È in coma da non si sa quanto tempo, ormai ho perso le speranze.
Lo guardai dritto negli occhi, mi sentivo così impotente. Come potevo farlo ragionare? Scoppiai a piangere, era tutto inutile.
-Ti odio.
Sussurrai con un filo di voce mentre tiravo su col naso. Antony si avvicinò a me poggiando il suo dito sotto il mio mento e tirando su, così da trovare il nostro contatto visivo. La sua espressione si addolcì, era così maledettamente... bello.
-Perché piangi?
Chiese lui mentre una lacrima rigava il suo volto.
-Non voglio perderti, Antony.
Avvicinai la mia testa alla sua e premetti contro la sua fronte. Perché mi faceva questo effetto? Perché era entrato nella mia vita e l'aveva incasinata nel modo più dolce possibile? Ma adesso mi ero stufata di pensare. Mi misi in punta di piedi e lo baciai. Assaporai quelle labbra, forse per l'ultima volta. Le nostre lingue si incastravano perfettamente, come tutte le volte. Il mio stomaco andava in subbuglio e arrivavano le cosiddette farfalle. Gli accarezzai la mascella fino ad arrivare alla nuca facendolo fremere. Gli strinsi il retro del collo mentre lui mi prendeva per i fianchi. Mi spinse delicatamente verso il suo letto arrivando così a farmi sedere. Salì sopra di me poggiando le mani sul materasso mentre lo tiravo sempre di più verso il mio corpo. Antony mi accarezzo i fianchi e sentii la sua mano fredda sfiorarmi la pelle mentre mi tirava su la maglia. Davvero? Andare oltre quel bacio prima che lui partisse? Non era la cosa migliore. Infatti si bloccò e staccò le mie labbra dalle sue. Incastrò i suoi occhi colmi di tristezza con i miei. Gli accarezzai la guancia e mi accorsi che eravamo ancora così vicini.

Il rumore della porta ci fece tornare sul pianeta terra e quando sentimmo la voce di Theo chiamare i nostri nomi, Antony si staccò immediatamente da me sedendosi sul letto. Il bambino ci fissò con sguardo interrogatorio.
-Che stavate facendo?
Chiese lui chinando la testa di lato.
-N-niente.
Balbettò Antony mentre si alzava e mi porgeva la mano, anche se sapevo benissimo alzarmi da sola, la presi. Mi tirò su e mi ritrovai di nuovo faccia a faccia con lui, sarei restata così per ore e ore. Non sapevo resiste a quegli occhi, erano il mio punto debole.
-Greta stava andando via.
Disse Antony distraendomi dai miei pensieri. Senza pensarci due volte lo abbracciai, lo strinsi fortissimo e per un secondo mi mancò il fiato. Scesi di sotto non lasciando il tempo di vedere la sua reazione.

Tornai a casa chiudendomi in camera frustrata. Stavo provando un mix di emozioni tutte insieme. Non sapevo che fare, davvero.
La mia attenzione si spostò su un cd, non lo avevo mai visto lì, sicuramente mia madre lo aveva ritrovato da qualche parte. Lo presi e me lo passai tra le mani cercando invano qualcosa che mi ricordasse il contenuto.
Mi sedetti alla scrivania e lo infilai nel computer. Quando cliccai play ecco che si vedevano due miei vecchi amici di New York. Erano in un parco e stavano riempendo delle bottiglie d'acqua.
-Ok adesso andremo a fare un gavettone ai piccioncini.
Disse un ragazzo dagli occhi verdi e capelli biondi spettinati che, se non ricordo male, si chiamava James.
Tutti e due iniziarono a camminare verso una collinetta dove si intravedevano quattro persone su una tovaglia da picnic. E tra quelle c'eravamo anche io e Mad. Ci tirarono l'acqua e io e lui iniziammo a correre, ridevamo e scherzavamo come dei matti.
Che ci era successo?
O almeno: che mi era successo?
In quel filmato guardavo Madalin con gli occhi pieni di amore. Ero sicura che adesso non lo guardavo così. Aveva ragione, non potevo restare con lui, non ero felice.

Dovevo parlarci, dovevo parlarci prima della partenza di Antony. Mi alzai e lo chiamai sperando che rispondesse subito.
-Ehi.
-Mad, devo parlarti.
-Che succede?
Chiese lui.
-Dobbiamo parlare, di noi due.
Lui fece un lungo sospiro.
-Greta, se è per quello che è successo ieri, ti ho già chiesto scusa.
-Madalin è importante.
-Adesso è tardi, ne parliamo domani, va bene?
Sospirai.
-D'accordo.
Riattaccai e mi preparai per andare a dormire, indossando la felpa di Antony. Qualcuno entrò in camera mia e quando vidi Sofia sorrisi.
-Che ci fai qui?
La bionda storse la bocca.
-Ti conosco, tesoro, e so che stai male e hai bisogno di qualcuno.
Disse lei sedendosi sul letto davanti a me.
-Perché pensi che io stia male?
Lei inarcò un sopracciglio.
-Perché domani Antony parte.
A quella affermazione il mio cuore sprofondò di nuovo. Abbassai lo sguardo giocando con la manica di quella maledetta felpa.
-Sofia... io non capisco cosa mi sta facendo.
Sofia sorrise.
-Ma dai, ti piace, vi piacete a vicenda.
Mi alzai dal letto per andare davanti allo specchio e legarmi i capelli.
-Vuoi restare a dormire? I miei non ci sono.
Chiesi a Sofia.
-Ok, ma tornando a prima, sei andata da lui? Che ti ha detto?
Ripensai a prima, a quello che stava per succedere e arrossii, ma poi mi ricordai tutto il resto e mi sentii di nuovo male.
-Lui vuole scappare, dai suoi problemi... da me.
La raggiunsi mentre lei mi studiava.
-Lo sai Greta, è un grande coglione, ma sotto sotto è dolce.
Sorrisi.
-Lo so...
Mormorai ricordando qualsiasi cosa dolce di lui.
-Mh voi due non ce la raccontate giusta.
Commentò Sofia storcendo la bocca. Mi portai le mani davanti alla faccia per l'imbarazzo.
-Ho sonno, Sofia! Ho sonno!
Esclamai arrossendo.
-Sì, certo.

Il giorno dopo quando ci recammo a scuola, notai che Antony era assente.
Per tutto il tempo non feci altro che pensare a lui, dovevo impedire tutto questo. Le lezioni finirono.
-Noi andiamo all'aeroporto adesso, vieni con noi?
Mi chiese Lorenzo.
-No, devo andare da Mad, e devo anche sbrigarmi.
Mi avviai verso l'uscita mentre portavo il telefono all'orecchio.
-Buona fortuna, Greta.
Disse Sofia prima che uscissi. Dovevo sbrigarmi, o tutto sarebbe finito e lo avrei perso per sempre.

Ugly Heart.//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora