Capitolo 11

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-Madalin...
Dissi con un filo di voce. Il ragazzo buttò il borsone che aveva a terra e allargò le braccia.
-Sì, sono io, non sei contenta di vedermi?
Chiese prima di corrermi incontro e stringermi in un abbraccio. Io non ricambiai subito, ero così stupita, ma decisi di stringerlo. Notai che Antony ci guardava ad occhi spalancati, oddio, era il casino più totale.

ANTONY POVS

Quello stronzo aveva un tempismo davvero perfetto. Mi sedetti alla batteria cercando di ignorare lui abbracciato a Greta.
I ragazzi e Sofia entrarono e si presentarono a Madalin. Lui sorrideva cordialmente, mentre Greta era rimasta impalata ed evitava il mio sguardo.
-Piacere, sono Madalin.
Mi sorrise porgendomi la mano, quel biondo ossigenato. Finsi il sorriso più falso che avevo.
-Piacere, non me ne frega un cazzo.
Il sorriso del ragazzo si spense ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Sofia mi sgridò.
-Antony, che ti prende? Poco fa eri di buon umore!
Cercai le mie bacchette.
-Senti Sofia, perché non la smetti di rompermi le palle? Io sono qui per provare, quindi sbrighiamoci.
Lorenzo e Matteo si scambiarono uno sguardo preoccupato, gli unici che potevano capirmi forse erano loro.
-Ok, amore fammi sentire qualcosa.
Disse Madalin avvicinandosi a Greta. Lei annuì e raggiunse il microfono.

Iniziammo a suonare 'L'amore', la canzone che aveva scritto Sofia.
Volevo sprofondare, volevo morire, Greta stava guardando Madalin e non me. Come poteva aver dimenticato già tutto? Cazzo, si stava così male?
Finita la canzone il biondo sfoggiò un grande sorriso verso Greta.
-Sei stata bravissima.
E la baciò, quelle labbra, che avrei voluto mie in realtà erano sue. Lui poteva baciarla quanto voleva, ma quello era il momento più sbagliato.
Buttai le bacchette a terra e mi alzai facendo girare tutti verso di me.
-Che succede?
Chiese Lorenzo preoccupato.
-Non mi sento tanto bene, scusate.
Mi misi lo zaino in spalla, lanciai un ultimo sguardo verso quei due e poi uscii.
Avrei voluto strapparmi i capelli, sfogarmi con qualcuno o con qualcosa. Non avevo mai provato un sentimento così grande verso una ragazza. Quel bacio, non facevo altro che pensare a quel bacio. Non c'era cosa più bella di essere riuscito a baciarla sotto la pioggia, in quel momento l'ho sentita mia, in quel momento era mia.

Tornai a casa e mi misi sotto le coperte, anche se era ormai pomeriggio.
-Antony stai male?
Chiese Theo entrando.
-Sì, lasciami stare.
-Perché stai male?
Chiese il bambino avvicinandosi al mio letto. Mi misi a sedere.
-Non posso dirtelo, sei troppo piccolo.
Il bambino sbuffò.
-Sono sempre troppo piccolo.
-E ti lamenti pure.
Affondai la testa nel cuscino e con le mani tirai su i lati, in modo da riuscire a coprirmi anche la faccia.
-A me non sembra che stai tanto male.
Commentò il bambino sedendosi sul letto.
-Infatti non sto male di salute.
Theo iniziò a battere il tallone sul bordo del letto.
-E allora perché sei a letto? Vai a giocare con i tuoi amici.
Mi misi di nuovo a sedere e cercai di sorridere a quello che aveva detto.
-Senti Theo, devi sapere che il mondo non è tutto una favola.
Il bambino mi prese la mano.
-Lo so Antony, ormai sono grande, non credo più alle favole, però io ho visto una principessa e anche il suo principe.
Mi alzai dal letto e iniziai a rivestirmi perché dovevo andare agli allenamenti.
-Ah sì? E chi sarebbero?
Chiesi mentre ceravo una maglietta pulita.
-Greta e tu.
Mi voltai verso di lui e mi ricordai che era un ragazzino, non potevo rispondergli male.
-No, ti stai sbagliando.
Theo scese dal letto e mi studiò da capo a piedi.
-A te piace tanto lei.
Indossai la maglietta e mi concentrai sul bambino mentre mi mettevo il borsone da calcio in spalla.
-Lei ha già il suo principe.
Dissi prima di scendere le scale e uscire di fuori.

GRETA POVS

Dopo che Antony se ne era andato, la situazione era diventata un po' dispersiva. Salutai tutti e uscii con Madalin, lo portai al parco più vicino.

-Finalmente soli.
Commentò lui sedendosi su una panchina.
-Non eri contenta di vedermi?
Chiese lui mentre mi gli sedevo accanto.
-No... certo che lo ero, solo che non me lo aspettavo, perché non mi hai detto niente?
Balbettai. Lui mi sorrise accarezzandomi una guancia.
-Ho contattato su Facebook Sofia, perché avevo visto delle vostre foto insieme, le ho detto di dirmi il posto dove provavate così sarei passato, volevo farti una sorpresa.
Strinse la mia mano e trovai il suo sguardo, perdendomi in quell'immenso blu.
-Quindi... te ne devi riandare?
Lui scosse la testa mostrando un lieve sorriso.
-Il proprietario del ristorante dove lavoro si sta espandendo, ed è arrivato anche qui, così sono riuscito a farmi trasferire.
-Davvero?
Chiesi entusiasta. Lui annuì.
-Niente ci dividerà mai più, Greta.
Disse prima di abbracciarmi.
Già, peccato che le cose in questi ultimi mesi erano un tantino cambiate. Sciolsi l'abbraccio e lo guardai ancora a pochi centimetri dal suo volto.
-Non posso credere che tu sia qui, mi sei mancata tanto.
Disse lui sfiorando le mie labbra. Gli accarezzai i piccoli ricciolini biondi.
-Anche tu, però io non ti ho dato il permesso di tingerti i capelli.
Gli dissi scherzando. Lui si morse il labbro e amavo quando lo faceva.
-Ah, perché adesso devo chiederti anche il permesso?
Risi e mi avvicinai sempre più a lui.
-Ma dai scherzo Mad, anzi, ci stai benissimo.
Lo baciai.
-Ora devo andare al ristorante a controllare i miei nuovi orari, vieni con me?
Chiese lui aggiustandosi la bandana.
-No, devo andare a fare un po' di compere, e tu ti annoieresti.
Lui rise.
-Sì probabile, allora a dopo.
Mi lasciò un bacio a stampo e se ne andò.

Mi dispiaceva mentirgli, ma in realtà non dovevo comprare niente, dovevo parlare con Antony. Andai a cercarlo al campo da calcio e incontrai uno della sua squadra.
-Ehi scusa, sai dov'è Antony?
Quello sì girò verso di me e mi studiò.
-È appena andato via, da quella parte.
Disse indicandomi la direzione.
Lo ringraziai e iniziai a camminare, dopo un po' riconobbi la sua sagoma da lontano, aumentai il passo e lo vidi entrare in un ospedale. Perché stava andando all'ospedale?

Entrai anch'io e lo vidi salire le scale. Lo seguii più velocemente che potevo, senza magari inciampare per le scale. Raggiunse un piano ed entrò nella prima porta lasciandola aperta. Mi avvicinai ad essa e lo sentii parlare con qualcuno, poi da lì uscì un dottore e mi guardò da capo a piedi abbastanza confuso.
-Ti sei persa, signorina?
Chiese con voce roca.
-Ehm no, stia tranquillo.
-Ok.
Rispose per poi andarsene.

Mi affacciai per guardare la stanza dove era entrato Antony. Lo vidi vicino ad un letto, guardava una ragazzina che era sdraiata, aveva gli occhi chiusi e dei fili attaccati ovunque. Entrai lentamente e notai che i lineamenti di quella ragazza somigliavano molto a quelli di Antony.
-Antony.
Lui si voltò di colpo e sbarrò gli occhi.
-Che ci fai qui?!
Chiese agitato.
-Sta calmo, dovevo parlarti e... ti ho seguito fino a qui.
Si avvicinò a passo veloce a me.
-Vattene, non voglio che tu sia qui.
Lo guardai socchiudendo gli occhi.
-Ok, scusami.
Antony tornò verso il letto, feci per andarmene ma iniziò a parlare.
-È mia sorella.
Disse facendomi fermare davanti alla soglia della porta. Mi girai verso di lui assumendo un'espressione dispiaciuta. Lo raggiunsi e guardai quella che era sua sorella.
-È entrata in coma da parecchio tempo ormai, è stata investita da un auto. Da quel giorno non sono più stato quello di prima.
Lo guardai con gli occhi lucidi, ero sempre stata una persona sensibile.
Non gli volevo dire "mi dispiace" perché ci ero passata, e quella parola era la più fastidiosa di tutti. "Mi dispiace" perché mi fai pena eccetera, io potevo capirlo e non gli avrei mai detto così.
Allungai la mia mano e sfiorai le sue dita cosparse di anelli. Lui si voltò lentamente verso di me e mi persi di nuovo in quegli occhi. Poi feci una cosa che lo fece rimanere di sasso, con il braccio libero gli cinsi il collo e lo tirai verso di me. Lo abbracciai usando anche l'altro braccio, lo strinsi a me e poggiai le mie labbra sul suo orecchio.
-Andrà tutto bene.
Gli sussurrai prima che potesse ricambiare l'abbraccio tirandomi ancora di più verso di lui con le sue possenti braccia.

Un abbraccio è come fondersi con quella persona, si cerca di diventare un'unica cosa. L'ho abbracciato per fargli capire che io sono con lui, perché purtroppo ci sono passata e ancora ci soffro. Antony appoggiò la testa sulla mia spalla intento a non lasciarmi andare. Gli accarezzai la schiena continuando a tenere gli occhi chiusi. Quando sciolsi l'abbraccio avevo quasi necessità di essere di nuovo stretta da quelle calde braccia.
-Va meglio?
Chiesi chinando la testa. Lui annuì cercando di sorridere.
-Grazie... senti adesso vengo e parliamo, aspettami di sotto.
-Ok.

Ugly Heart.//Greta Menchi e Antony Di FrancescoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora