Capitolo 11

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-Ho un lavoro!- esultò Mika entrando in casa.

E dato che Paloma era al lavoro, ben sei paia di occhi si voltarono a fissarlo stupiti.

-Oh, ciao papà.- salutò il ragazzo accorgendosi della nuova presenza.

-Buonasera Michael- ricambiò il padre sorridendo.

Fortunè tornò a guardare i suoi appunti di fisica sdraiato sul divano.

-Hai un lavoro?- si incuriosì la madre.

Mika si ritirò un attimo in camera ad appoggiare la bicicletta e tornò in sala da pranzo, mentre sua madre finiva di sparecchiare.

-Potevi almeno avvisare che non tornavi per cena- lo accusò Yasmine.

-Scusate-

-Dove sei stato?- chiese il padre.

-Dove lavori?- chiese Zuleika.

-La carne te la tengo per domani?- chiese la madre.

-Una domanda alla volta per favore!- tentò di calmarli Mika.

-Sono stato al lavoro, poi sono andato a mangiare una pizza con un mio amico e sì, la carne tienila che domani la scaldo e la mangio- rispose per tutti, tralasciando il fatto che Andy non fosse esattamente un amico.

-Dove lavori?- ripeté la sorellina e Michael si accorse che aveva tralasciato quella domanda.

-In una ciclofficina-

-Sembrava strano che non c'entrassero le biciclette- sentenziò sarcastico Fortunè emergendo dal suo libro.

-Tu torna a studiare che è meglio- scherzò il fratello.

-Perché non ci hai mai detto nulla?- chiese la madre.

-Mi hanno assunto oggi!- si giustificò Michael.

-Così, di punto in bianco?-

-No, una volta avevo bucato e sono finito lì a farmi riparare la ruota, poi ho conosciuto i ragazzi e ho iniziato ad aiutare. E oggi Flavio mi ha chiesto se volevo lavorare per loro.-

-Oh, questo spiega la bicicletta che sembrava nuova- dedusse la madre, raggiungendoli al tavolo.

-Potevi comunque spiegarlo prima di fare tutto da solo- lo riprese il padre.

-Non ho fatto tutto da solo, è semplicemente successo. E ho vent'anni, credo che posso badare a questo da solo-

-Esatto, sono state tutte coincidenze, altrimenti saresti ancora a sognare sulle nuvole in un mondo dove i soldi piovono dal cielo- li interruppe ancora una volta il fratellino.

Michael alzò gli occhi al cielo.
Le coincidenze non esistevano. Esistevano solo quei rari momenti in cui l'universo decideva di realizzare i desideri inespressi di alcuni individui.
E si accorse in quel momento che era vero. Non avrebbe desiderato altro che quella vita, in quel momento, con quelle persone.

Il telefono gli squillò in tasca.

-Vado di là- si scusò brevemente e si rifugiò nella sua camera.

-Ciao, Anita!-

-Ciao, Michael.-

-Che c'è? Succede qualcosa?-

-No-

-Perché mi hai chiamato?-

-Oggi ho visto Andreas-

-Oh, sì, è scappato oggi pomeriggio dalla ciclofficina, ha detto che aveva bisogno di stare un po' da solo-

-Da solo?-

-Sì, perché?-

-Quando l'ho visto non era da solo-

Michael sentì un nodo stringergli il petto.

-Con chi era?-

-Uno di quei ragazzi, quella volta, col motorino, hai presente?-

Michael spalancò gli occhi. Lo sentiva. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava in Andy.
Aveva sentito che c'era di mezzo Jonathan.

-Jonathan- sibilò, come se fosse un nome da non dire.

E attaccò in faccia alla sua amica.

Non voleva farlo, ma aveva bisogno di parlare con Andy.

Digitò il suo numero e gli rispose la stupida voce della segreteria telefonica.

-Andy, dai cazzo, rispondi- imprecò Mika al suo telefono.

Resistette alla tentazione di prendere il telefono e sbatterlo contro il muro, rompendolo in mille pezzi.

Doveva scoprire cosa c'era dietro, cosa gli nascondeva Andy, come quei due si conoscevano.

Si tolse velocemente i vestiti e si infilò una maglietta, infilandosi sotto le coperte.

Urlò la buona notte a tutta la sua famiglia e prese a fissare il soffitto della sua camera, sapeva che dormire gli sarebbe risultato difficile. E si sarebbe dovuto alzare per andare al lavoro.

E gli sembrava ancora strano chiamarlo lavoro. E soprattutto, c'era Andy.
E aveva passato tutta la serata a mentirgli.

Mika spostò lo sguardo sulla bicicletta.
E se Andy fosse stato un amico di Jonathan?
E se il fatto che lui lo avesse aiutato quel giorno fosse stato tutto una messa in scena?
Anche il fatto che avesse trovato la sua bicicletta senza che lui gli avesse detto nulla, come aveva fatto?

Non poteva essere.
Michael cercò di scacciare quei pensieri dalla sua testa.
Non poteva essere vero, le nuvole, il cielo, le pedalate, la ciclofficina, il modo in cui Andy sapeva stare sui pedali...
E poi Flavio, Marco, Rico e gli altri, non poteva essere tutto falso.

E poi perché avrebbe dovuto esserlo?
Per prenderlo in giro ancora una volta? Per farlo innamorare e poi sparargli addosso la cannonata che lo avrebbe fatto definitivamente fuori?

Improvvisamente Mika si sentì parte di un enorme gioco di ruolo.
Una parte di lui continuava a ripetersi che non era vero nulla.
E poi c'era l'altra parte, quella che gli diceva che il fatto che sapesse così poche cose di Andy doveva farlo pensare, che era tutto vero, che lo stavano prendendo in giro.

E in quel momento il suo corpo diventava caldo, il cervello non riusciva a ragionare e le gambe necessitavano di continuare a cambiare posizione costantemente.

E la cosa peggiore era che non sapeva come venirne fuori.
Andy era uno del gruppo di Jonathan?
Forse non era neanche gay. Forse era anche fidanzato. Con una ragazza. E gli aveva raccontato solo bugie.

Mika sentì un pugno invisibile arrivargli nello stomaco e i suoi occhi si inondarono.
Ma non doveva piangere.
Potevano essere solo sue paranoie.

Ma se glielo avesse chiesto, avrebbe negato tutto, in entrambi i casi.

Forse non era vero nulla. Ma allora perché era con Jonathan quel pomeriggio?
Più Michael si sforzava di trovare una soluzione, più uscivano solo domande e nessuna risposta.

E chi diceva che la notte portava consiglio, beh, si poteva anche inculare da qualche parte.

Mika soffocò la testa nel cuscino, lasciandosi andare a quel fiume che sperava gli avrebbe portato fuori un po' di domande.

Si lasciò cullare dalla luce che penetrava dalla finestra e da quella strana quiete dopo il pianto e piano piano, riuscì ad addormentarsi.

Over My Sky | Mikandy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora