Capitolo 35

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-E così, niente, l'ho abbracciato e siamo diventati amici. E lo siamo rimasti, fino ad ora-

Il signore finì di raccontare quella storia, mentre Rico lo aiutava a passare l'ultima mano di lucido.

Circa due ore prima aveva trascinato due biciclette alla ciclofficina, avevano iniziato a sistemarle e lui aveva raccontato tutto ai tre ragazzi e a Flavio.

Quel suo amico aveva tirato troppo il freno davanti in una discesa troppo ripida e così, si era impuntato, guadagnandosi una brutta caduta e un braccio rotto.
Paolo gli era andato addosso, e la sua bicicletta era finita peggio del suo amico, ma per fortuna, almeno lui stava bene.

-Perfetto, è finita- commentò Andy, squadrandola.

Mika avvicinò anche l'altra e le consegnarono a Paolo come nuove.

-Grazie, ragazzi, quanto vi devo?- chiese lui.

Flavio si limitò a scuotere la testa.

-Niente, le hai sistemate tu- gli spiegò.

Paolo tirò fuori il portafoglio.

-Mi ha fatto bene raccontarvi tutto e mi avete insegnato un sacco di cose, non posso non lasciarvi nulla-

Appoggiò una banconota da cinquanta sul tavolo di legno e Flavio la prese, rimettendogliela in mano.

Paolo lo guardò.

-Questi ragazzi lavorano per lei?- chiese.

-Sì-

-Come fa a pagarli, se non accetta soldi?-

-Sappiamo tutti che i soldi sono l'ultima cosa che conta. E ogni tanto qualcuno lascia qui delle biciclette, le vendiamo e siamo a posto.- spiegò Flavio, con calma.

Paolo lo guardò stupito.

-Quindi tutte le biciclette che sistemate... lo fate gratis?- chiese.

-Veramente, lo facciamo e basta.- ammise Andy.

-Posso venire almeno a darvi una mano, ogni tanto?-

Paolo, come tutti, si stava offrendo di tornare e i ragazzi non potettero fare altro che accettare con un sorriso.

Sentirono un motore rombare lontano e Andy fece in tempo a guardare Mika, alzando gli occhi al cielo prima di vedere la sagoma di Jonathan stagliarsi di nuovo nella luce di luglio.

Erano passate due settimane da quando Jonathan era entrato per la prima volta in quel posto.
E ci era tornato altre dieci volte in quindici giorni.

Ogni volta portava qualcosa di nuovo.
Li aveva riempiti di ruote, chiavi inglesi, camere d'aria, catene nuove, pennelli, vernice e qualsiasi cosa che si potesse comprare che aveva a che fare con le biciclette.

E ogni volta era sempre la stessa scena.
Jonathan scendeva dal motorino, appoggiava per terra lo scatolone o la borsa, restava qualche secondo in attesa ad aspettare una risposta, anche solo un piccolo movimento e poi, senza riceverla, si rimetteva il casco e se ne andava.

Ma i ragazzi ne avevano appena finito di parlare.
Le cose belle non avevano niente a che fare con i soldi.
Certo, una bella villa con una bella piscina sì. Anche una bella bicicletta nuova si poteva comprare con i soldi.

Ma non era bella come lo era quella di Flavio, che aveva un Giro d'Italia e venti riverniciature alle spalle.

E neanche la fiducia si comprava.
Ma questo Jonathan sembrava non averlo ancora capito.

Scese dal motorino e appoggiò lo scatolone a terra.
Lo aprì e tirò fuori delle casse e un piccolo aggeggio strano, come un telecomando.

Non potevano portare avanti quella storia ancora per molto, dovevano fare qualcosa.

-Ok, perché lo stai facendo?- ruppe il silenzio Andy.

Jonathan lo guardò, sorpreso che per la prima volta qualcuno gli stesse rivolgendo la parola.

-Beh, c'è sempre silenzio qui... pensavo che un po' di musica avrebbe rallegrato l'atmosfera- rispose.

Rico si avvicinò.
Gli avevano raccontato quello che era successo, non ci aveva capito molto, ma sapeva solo che quel moro che aveva davanti doveva delle spiegazioni a tutti quanti.

Anche se in realtà i secchi e i pennelli che gli aveva comprato non gli erano affatto dispiaciuti.

-No, la domanda era perché continui a venire qui e comprare cose per noi?- gli spiegò.

-Perché vorrei una di quelle- rispose il ragazzo, indicando le biciclette.

Flavio si alzò dal divano su cui si era seduto.

-Ok, bene. Credo che tu non abbia capito che quelle non si comprano con i soldi. O con favori tipo questi.- gli fece notare.

-Ho speso trecento euro per niente?- chiese.

-Te li ridiamo se vuoi, non è un problema-

-No. Voglio solo sapere come faccio ad avere una di quelle fottute biciclette!- scattò Jonathan.

-È semplice, vai in un negozio di biciclette e ne compri una.- spiegò dolcemente Flavio.

Jonathan stava lentamente perdendo la pazienza, e la calma di Flavio non faceva altro che irritarlo ulteriormente.

-Quale parte di queste non capite?- chiese, sforzandosi di non alzare troppo il tono.

Mika non riuscì più a trattenersi.
Quel ragazzo doveva togliersi dalla testa quel pensiero, dalle mani quei soldi e soprattutto, doveva togliersi dalla sua vita. Il prima possibile.

-Ascoltami.- iniziò -non so quante persone in questo mondo accetterebbero di parlare con qualcuno che ha strofinato un anfibio sulla loro guancia, dopo una serie di pugni tra le costole, che ha distrutto l'unico posto al mondo in cui si sentivano tremendamente a casa e scritto quella cosa che c'era scritta sul muro.
Quindi considerati già fortunato che lo sto facendo.
Ora, devi solo capire che qui siamo in quattro in questa stanza. Tu sei da solo. Quindi basta, piantala e basta. Non c'è qui nessuno a seguirti, quindi smettila di inscenare teatrini ridicoli, che tanto il biglietto non te lo paga nessuno.- finì di parlare con Jonathan che stava fissando il pavimento.

-Ti ho già detto che non ho scritto io quella parola sul muro-

-Mia nonna che mi dice che si è comprata uno stupido smartphone è più credibile- intervenne Rico.

-Va bene- accettò Jonathan.

-Quella parola è uscita dalla tua bocca, l'ho sentita. Non vedo perché tu non possa averla scritta anche qui.- spiegò Mika.

-Non l'ho fatto perché non ci guadagnavo niente. Non faccio queste cose se tanto non ci guadagno niente.-

Andy annuì senza accorgersene.
Non voleva ammetterlo, ma era vero.
Jonathan se sapeva che non ci avrebbe guadagnato nulla, non faceva niente.
Mai.

-Allora dicci chi dovrebbe averlo fatto, dato che lo sai.- lo provocò Mika.

Era rosso di rabbia ed era quasi buffo.

-Non credo davvero che tu ci tenga a saperlo-

-Dimmelo.-

-Non è importante-

-Lo è se davvero vuoi una di quelle- lanciò Mika, indicando le biciclette.

Guardò Flavio, come a chiedere il permesso.

-Basta quel nome?- chiese Jonathan.

Flavio annuì.
Andy accettò.
Rico decise di lasciar perdere.

-Sì- rispose Mika.

-Simone.-






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