-Via!- scandirono le casse di una voce registrata.
I ciclisti partirono in corsa, tutti sulla stessa linea, tutti insieme verso lo stesso obiettivo.
Quel ragazzo sapeva cosa pensavano le persone dei ciclisti.
Li consideravano degli snob, quelli che se li incontri per strada non ti salutano e pensano solo a farti vedere che loro hanno una bici da corsa e tu no.Ma forse poteva valere per tutti i ragazzi che aveva di fianco.
Ma per lui era diverso.
La bicicletta era un modo per sfogarsi, per abbandonare per un secondo le paure della vita e lasciarsi andare.Goccioline di sudore gli imperlavano il viso, vide distrattamente qualcuno corrergli a fianco porgendogli una borraccia, ma la rifiutò.
La fatica andava assaporata fino in fondo.
In mezzo a quella massa era l'unico che guardava il cielo.
Tutti intenti a fissare le ruote di quelli davanti, poi c'era lui che guardava le nuvole.
E non gli importava se fosse arrivato primo, ultimo o se fosse caduto.Gli importava essere lì in quel momento, a farsi esplodere i polmoni dalla fatica della salita.
E poi giù in una discesa immensa senza smettere di pedalare.Il corpo teso in avanti a tagliare il vento e le gambe che continuavano in quel movimento.
Superò un ciclista, con una maglia rosa addosso e la strada davanti a lui fu vuota.
Non era una scusa. Bisognava andare avanti, non per gli altri.
Per se stessi.Quelle ruote non erano vincere.
La maglia rosa non era vincere.
Era semplicemente non voler perdere una battaglia contro il cielo, una sfida contro l'asfalto.Sentì le grida, migliaia di persone che urlavano ai lati della strada, che agitavano le mani.
Forse non sapevano neanche il suo nome, ma tifavano lui perché era il primo.
Lo facevano arrabbiare le persone così.
Lo facevano arrabbiare anche le persone che stavano pedalando cercando di raggiungerlo.Ma avrebbe fatto di tutto per non lasciare andare quel manubrio.
E poi la bandierina, l'arrivo di quella lotta contro il vento.
E ancora una volta.
Aveva vinto.
.
Flavio si scrollò di dosso quei pensieri vedendo i due ragazzi entare in ciclofficina stringendosi le mani e guardò Rico sorridendo.
-Oh, meno male che avete risolto, Mika arrabbiato è inquietante.- commentò il pittore.
Andy sentì stringersi il petto, si era già dimenticato che a dargli quel soprannome era stato Rico.
Ma avrebbe voluto tanto poter essere l'unico a chiamarlo così.
Il vecchio signore appoggiò il suo sguardo sulle mani incrociate e pensò a quei due ragazzi.
Due destini inconciliabili che si erano incontrati proprio lì, nel suo negozio.Era incredibile quello che stava succedendo, da quando aveva fatto l'incidente aveva sempre avuto paura di tutto e di tutti.
Ma quelle mani gli fecero capire che alla fine qualcosa di bello era riuscito a crearlo.Senza accorgersene, per caso, o per destino, o per coincidenza.
Per un secondo Flavio credette nelle coincidenze.
A dire il vero ci aveva sempre creduto, ma non erano mai state una cosa buona.
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Over My Sky | Mikandy
Fanfiction-Chiedimelo- disse Andy -Dammi un bacio- lo implorò Mika Andreas sprofondò in quel bacio. Precipitarono insieme, come in una discesa troppo pericolosa che però non faceva paura. Era bella, bellissima. E nessuno dei due aveva i freni in mano.