58 ⋆ Finding Heaven In This Hell

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Era bella. Bella come era sempre stata... e forse, anche di più.

Cazzo se gli era mancata.

Se ne era reso pienamente conto solo in quell'istante, quando i suoi occhi avevano potuto posarsi sulla sua figura minuta e su quel sorriso delizioso che sembrava essere in grado di rivolgere solo a lui.

Quel sorriso per il quale avrebbe dato la propria vita, pur di proteggerlo.

«Jon».

La sua voce, le era mancata anche quella... terribilmente. Il suono dolce e melodioso che le sue corde vocali sapeva raggiungere, arrivandogli sempre all'udito come una carezza insieme sensuale e materna.

Jonathan Good amava Lydia Russo e su questo non avrebbero dovuto esserci dubbi... mai più.

Sollevò pigramente una mano e le sfiorò il profilo del viso con la punta delle dita, soffermandosi appena sulle guance arrossate. Le sorrise e quel semplice gesto fu in grado di illuminarla di una bellezza ancora più struggente.

Una bellezza interiore che solo lui sapeva accendere.

«Lydia.» rispose, chinandosi in avanti per donarle un bacio a fior di labbra, al quale lei reagì neanche troppo inaspettatamente, circondandogli la vita con le braccia e stringendolo forte a sé.

Nascose il viso contro il suo petto ampio e sempre accogliente e lui calò sul suo corpo, avvolgendola in una maniera tale da trovarsi sul confine tra l'essere delicato, come se lei fosse la cosa più fragile del mondo, ed essere comunque forte, come se non volesse mai più lasciarla andare.

Entrambe le considerazioni, comunque, non erano che vere.

«Mi sei mancato.» sussurrò Lydia, strofinando il naso contro la morbidezza della pelle del suo giacchetto, il cui profumo le ricordava sempre e inconfondibilmente lui.

Lo sentì sorridere dal modo in cui il suo petto si rilassò. Le sue dita salirono a grattarle teneramente la nuca, mentre le labbra incontravano dolcemente la sua tempia. «Anche tu, piccola. Anche tu».

Lydia si allontanò quel tanto che le bastava per poter sollevare il viso ed incontrare i suoi occhi, pur rimanendo all'interno di quell'abbraccio che era l'unica cosa in grado di farla sentire veramente a casa.

Jon era la sua casa.

Di nuovo, Jon sollevò una mano per sfiorarle il viso e lei si accoccolò contro il palmo, abbassando le palpebre per godere meglio del suo calore. «Non restiamo qui impalati sulla porta, vieni.» lo invitò, specialmente quando un soffio d'inverno più insistente le aveva regalato una fastidiosa pelle d'oca.

Lui annuì e, senza allontanarsi da lei, la spinse gentilmente all'interno dell'abitazione, facendole compiere qualche passo indietro, poi si chiuse la porta alle spalle.

«Come mai ci hai messo tanto a rispondere?».

Era un fortuna che adesso si fossero allontanati, altrimenti lui avrebbe potuto chiaramente avvertire il modo in cui le sue spalle si erano irrigidite a quella domanda. Forzò un sorrisino mesto sulle labbra e si girò nuovamente a guardarlo, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Io-».

«Stavi piangendo?» le domandò all'improvviso, facendole saltare il cuore in gola.

«Cosa?!» trillò, la voce fastidiosamente più alta di alcune ottave. «C-Come...?».

«Hai gli occhi lucidi e le guance arrossate.» notò Jon, avvicinandola di nuovo e stendendo pigramente le dita per poterle toccare il viso.

Il solo contatto con la sua pelle calda la fece rilassare. «No.» disse poi, stringendosi la mano contro la guancia con la propria. «No... non stavo piangendo. Mi... mi ero solo addormentata, tutto qui. Per questo ci ho messo un po' a rispondere».

𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐛𝐮𝐭 𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora