64.This Is Not Our Farewell

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Signore e signori, ci siamo.

Scrivere per voi è stato un vero onore.

Ancora una volta, grazie a tutti.

Di tutto.




Le stava accarezzando i capelli.

Gli era sempre piaciuto farlo. Erano così soffici, sotto le sue dita callose. Gli ricordavano la seta della gonna di sua madre, quelle rare volte che passavano una domenica in famiglia, in un ristorante locale di Cincinnati, vestiti di tutto punto.

C'era odore di primavera, nella stanza dell'ospedale. La fragranza dolce delle fragole mature, appena raccolte.

Il profumo inconfondibile di Lydia, che aveva impregnato le lenzuola e il suo cuore.

Era così bella. Così maledettamente bella, anche in quel momento, con il viso stanco e pallido, senza un velo di trucco a coprire le macchie scure e i graffi che le coloravano la pelle di porcellana.

Le sfiorò la fronte, poi la punta del naso, infine le labbra piene, che si aprirono in un sorriso e baciarono delicatamente le sue dita, una per una.

Una mano piccola, sul cui dorso erano infilati due aghi collegati ad altrettanti tubicini trasparenti, si sollevò e intrecciò le dita affusolate alle sue.

«Che fai?» sussurrò Lydia, risvegliandolo dal suo momentaneo stato di torpore.

Gli occhi blu di Jon tornarono vigili e consapevoli e cercarono quelli di lei, non prima di aver ammirato il modo perfetto in cui le loro mani si univano, come tasselli unici di un puzzle raro e introvabile.

«Ti guardo.» disse, regalandole un sorriso.

«E cosa vedi?».

«Te.» rispose, sfiorandole nuovamente il viso. «Ho sempre visto te».

Il sorriso sulle labbra di Lydia si allargò e Dio, era così bella. Si strinse la sua mano contro la guancia e ne baciò il palmo.

*

«Abbiamo pensato a tutto noi, Lydia: tu devi solo dire di sì!».

Lydia fissò le tre ragazze che circondavano il suo letto: Leighla, vestita nel suo stile inconfondibile, con le folte ciglia scure e i suoi capelli lunghissimi, era seduta sullo sgabello, i suoi occhi cobalto brillavano di aspettativa; Ambra, sempre impeccabile nei suoi abiti casual, era in piedi, le mani poggiate sulla ringhiera inferiore del letto, e le stava sorridendo accattivante; B., accomodatasi invece sulla sponda del materasso, era quella che le aveva posto la domanda, le sue mani a circondare quella di Lydia, stando ben attenta a non staccare nessuno dei tubi che la tenevano collegata alle bustine e ai macchinari.

«Ma non sapete nemmeno se mi daranno il permesso di uscire...!» protestò, scuotendo il capo, impressionata dalla testardaggine delle sue amiche.

Già... amiche.

E chi se lo sarebbe mai immaginato?

C'era Leighla, la fidanzata (ormai ufficiale, dato che, a quel che le aveva raccontato lei solo qualche giorno prima, Colby le aveva finalmente fatto la grande proposta e il grosso solitario che brillava al suo anulare sinistro glielo ricordava ogni volta che posava lo sguardo sulle sue mani curate) dell'uomo con il quale aveva avuto, sin da subito, un rapporto particolare, sempre sul confine tra l'essere semplici amici e il piacersi davvero. Forse si erano piaciuti veramente, ad un certo punto. E forse, per un solo istante, sebbene in momenti diversi, entrambi avevano pensato di poter considerare l'altro come qualcosa di più. Il confine non era mai stato davvero superato, se non si voleva considerare quel bacio avventato che aveva quasi rovinato tutti i loro rapporti.

𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐛𝐮𝐭 𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora