Quando Lydia riaprì definitivamente gli occhi, tornando nel mondo reale ed uscendo lentamente da quello dei sogni, era ormai mattina. La sveglia sul comodino segnava le dieci. Si stiracchiò lentamente e si strofinò gli occhi, sdraiandosi supina.
Il ricordo di Dean Ambrose e del suo corpo stretto al proprio la colpì come un fulmine a ciel sereno, costringendola a voltare la testa di scatto verso il suo lato.
Ma Dean non c'era.
Lasciando andare un sospiro di sollievo – e rendendosi conto solo in quell'istante che aveva trattenuto il fiato, costringendo il suo cuore all'ormai troppo famigliare maratona che correva sempre più spesso nel suo petto – Lydia allungò una mano ad accarezzare le coperte stropicciate: erano fredde, segno che lui doveva essersi alzato da un bel po' di tempo... ma conservavano ancora, inconfondibilmente, il suo profumo.
Tutto, in quella camera, profumava di lui.
Lydia si passò una mano tra i capelli e si mise a sedere, stringendo gli occhi per abituarsi alla luce del mattino che entrava dalla porta-finestra di fronte al letto. Si guardò intorno, dando un'occhiata alla stanza di Dean, ma non c'era molto: le pareti erano spoglie, niente posters o fotografie... in effetti, non ce ne erano proprio, in tutta la casa, né di quadri né tanto meno di fotografie; tutto quello che quella stanza conteneva era quel letto matrimoniale, un armadio di legno laccato di nero, una scrivania con su qualche libro, fogli disordinatamente riposti e qualche pacchetto di sigarette, e un paio di comodini ai lati del letto. Nient'altro. Era molto impersonale, come camera, ma Lydia si ritrovò a pensare che lo rappresentasse molto: Dean Ambrose era un tipo riservato e misterioso, qualcuno che non sembrava in grado di esternare i suoi pensieri – o che probabilmente non aveva nessun interesse a farlo. C'era un alone enigmatico intorno a lui, una sorta di solido muro che non permetteva a nessuno di avvicinarlo.
Lydia sospirò, non riuscendo a capire neanche il perché di quei pensieri, e si alzò, sollevando le braccia verso l'alto e stiracchiandosi, pigra come un gatto. Si avvicinò lentamente alla porta chiusa e ci poggiò un orecchio sopra, per sentire se c'era qualcuno in casa. Non sembravano esserci rumori, così l'apri piano e si affacciò nel corridoio: ancora, nessun suono.
Dean, Seth e Roman dovevano essere usciti.
Dopo essere andata in bagno, Lydia si avviò verso la cucina. Sull'isolotto trovò un piatto coperto ed un biglietto accanto ad esso. Mentre un sorriso le sorgeva spontaneo sulle labbra, si sedette sullo sgabello e dispiegò il bigliettino. Non sapeva chi l'avesse scritto, perché non riconosceva la grafia, ma il messaggio al suo interno glielo fece intuire:
"Saremo in palestra tutto il giorno, tu fa' come se fossi a casa tua. Per qualsiasi cosa, conosci i nostri numeri: terremo i cellulari vicini. Se vuoi uscire, ti ho lasciato le chiavi... però, per favore, non cacciarti nei guai. Non torniamo a pranzo, ma alla cena ci pensiamo noi, quindi non preparare nulla.
Stay safe, little fighter.
PS. Joe ci tiene a specificare che la colazione te l'ha preparata lui e che vorrà un abbraccio come ringraziamento, stasera."
Il messaggio era scritto da Dean, non c'erano dubbi.
Stay safe, little fighter.
Lydia lasciò andare un sospiro sognante, richiuse il bigliettino e sollevò il piatto, gustandosi la colazione che Roman Reigns aveva preparato apposta per lei.
Sì, se lo era meritato tutto, un abbraccio.
***
Quando Jon, Joe e Colby tornarono a casa, erano ormai le diciannove e trenta passate.
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𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐛𝐮𝐭 𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐲
FanfictionQuando Jon salva una ragazza dall'essere stuprata, non sa che la sua vita è destinata a subire una svolta e a legarsi a quella di lei per sempre. Quello che proprio non si aspetta, poi, è che la mattina dopo la ragazza misteriosa non ricordi più nul...