55 ⋆ When Worlds Collides and Days Are Dark

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Tornare alla routine era stato strano, quasi troppo semplice e a tratti persino incomprensibile.

Il weekend era sfumato via, in una tranquillità irreale, in una pace che non si addiceva alle circostanze.

Il cordoglio, dopo una perdita così importante.

Il lunedì di una nuova settimana di inizio gennaio era arrivato, spazzando via con prepotenza quelli che erano stati giorni funesti, caotici, melodrammatici. La vita aveva ripreso il suo naturale corso: le valigie erano state chiuse, i biglietti aerei pagati, la camera d'albergo prenotata. La puntata di Monday Night RAW era andata in onda da Baltimore e tornare all'interno del mondo WWE aveva quasi dato una parvenza di normalità a quella vita complicata che aveva salutato il nuovo anno.

Old School RAW: tante vecchie comparse, wrestlers leggendari che avevano fatto il loro breve ritorno per onorare carriere difficili e impresse nella memoria di tutti i fanatici e specialmente di tutti coloro che, grazie ai loro sforzi e ai loro sacrifici, potevano oggi fare del wrestling la loro vita.

Quale occasione più azzeccata per celebrare la necessità di Dean Ambrose di scordare la sua esistenza al di fuori della WWE e gettarsi anima e corpo nel proprio lavoro, nella propria passione?

La puntata non era di certo andata nel migliore dei modi, per il lunatico dello SHIELD, considerando che un viscido serpente giallo gli era strisciato sul corpo e aveva persino fatto i suoi bisognini su di lui, ma tra l'incontro con le leggende del passato nel backstage e la vittoria di Roman Reigns ai danni di CM Punk (grazie proprio al suo intervento), Jonathan Good era riuscito nel suo intento: dimenticarsi di se stesso e vivere, almeno per poche ore, solo come Dean Ambrose, un uomo che non aveva famiglia, non aveva amore e non aveva passato.

Era solo una macchina da combattimento, devota al wrestling.

Era passato solo qualche giorno dal funerale di Jocelyn Williams, eppure Lydia riusciva a percepire, con palpabilità tangibile nell'atmosfera della loro relazione, il cambiamento che aveva temuto e che già riusciva a respirare nell'aria. Aveva un odore acre, molesto... di nebbia fumosa e cenere bruciata. Jon era... diverso. Distante, assente. Non era tanto nel modo che aveva di relazionarsi con lei (leggeva perfettamente lo sforzo di una parvenza di normalità nei suoi gesti e nelle parole dolci che, di tanto in tanto, le rivolgeva), ma più che altro nell'assenza dei suoi occhi e nella rigidità che, fin troppo spesso, assumeva la sua postura, come se si stesse costringendo a comportarsi in un determinato modo per tenere insieme i pezzi della sua anima che, in realtà, erano già andati in frantumi. Lydia non sapeva cosa fare... e se lo avesse saputo, non era nemmeno sicura che lui volesse che lei facesse una qualsiasi cosa.

Il tempo guarisce tutte le ferite.

Così le aveva detto Colby.

Ma quanto tempo sarebbe dovuto passare perché lei riuscisse di nuovo a vedere la serenità nei suoi occhi e quel sorriso meraviglioso, che formava quelle deliziose fossette sulle guance, che lei tanto amava?

***

Era l'ennesima serata di quella settimana trascorsa in albergo. Jon non aveva voglia di uscire e Lydia aveva gentilmente declinato l'invito tanto delle gemelle quanto di Joe e Colby. Il ragazzo le aveva detto che, se voleva unirsi a loro, sarebbe potuta andare tranquillamente, ma lei aveva scosso la testa, asserendo che preferiva restare a letto con lui, a guardare un film e a riposare. Dean l'aveva ringraziata con un pigro sorriso e una semplice carezza sulla testa.

Erano giorni che ormai la toccava di rado e di baci se ne vedevano ancora meno.

L'aveva notato... come avrebbe non potuto? Jon era sempre stato un tipo passionale (fortunatamente mai appiccicoso), ma non disdegnava mai il contatto dei loro corpi e la morbidezza delle labbra di Lydia. E invece...

𝐀𝐧𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐛𝐮𝐭 𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora