CAPITOLO 35

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Jules

Oggi.

Primo giorno della mia vita universitaria in Italia. Oggi inizio nuovamente a frequentare le lezioni e non vedevo proprio l'ora. Oltretutto Max ieri si è offerto di accompagnarmi alla sede dell'accademia in città questa mattina, e di tornarmi a prendere alla fine dei corsi nel pomeriggio. Ho accettato, dopotutto non potrei essere più felice di vederlo così spesso, soprattutto considerando che con le lezioni e lo studio non ho idea di quanto potremmo vederci d'ora in poi.

- Sei sicura allora che vuoi dirlo agli altri? Non mi secca nasconderlo ancora per un po'... - mi confessa Max.

Siamo fermi in macchina a poca distanza dal portone d'entrata della sede dell'accademia di Belle Arti. Max si è stranito quando gli ho detto di aver cambiato idea e di voler uscire con lui alla luce del sole, ma la chiacchierata con Gem mi ha aiutato davvero a capire tante cose...

- Sicura, non ce n'è più bisogno. – affermo decisa, sporgendomi verso di lui al posto del guidatore e poggiando le mie labbra sulle sue dolcemente per poi ritrarmi poco dopo.

Max rimane ammaliato dal mio gesto, il che non fa altro che accertare ancor di più quello che Gemma mi ha riferito. E' cambiato, lo sento, lo vedo da come mi guarda, come mi parla...

- Oh July, July... ringrazia che siamo fuori ad un'università con decine di persone intorno a noi, altrimenti ti avrei dato un buongiorno come si deve sui sedili posteriori dell'auto di mio padre. – confessa ridacchiando malizioso.

Dio Max, non provocarmi che potrei seriamente prendere in considerazione di saltare la prima giornata di lezioni e passare invece tutta la mattinata con te in auto!

- Sarà meglio che vada! – dico allora sorridendo divertita a mia volta.

Sono diventata avara, lo ammetto. Vorrei il suo corpo sul mio ventiquattro ore su ventiquattro, non mi stancherei mai. Mai avrei immaginato che la mia mente sarebbe stata attraversata da questi pensieri così frequentemente, eppure sta succedendo. Max ha sconvolto la mia vita, ancora una volta, e ora quegli occhi di ghiaccio sono diventati la ragione per il quale il mio cuore continua a battere ogni giorno.

- Già, forse è meglio. - dice sorridendo sornione mentre io mi affretto ad aprire lo sportello dell'auto e mi precipito verso l'entrata dell'accademia.

Prima di entrare però, lancio un ultimo sguardo alla sua auto e la trovo ancora lì ferma, con lui all'interno che mi guarda con quegli occhi ghiacciati, e sono sicura che nella sua mente in questo momento stiano apparendo le più perverse immagini che il suo cervello riesce ad elaborare per come mi guarda. Ma la cosa non mi dà fastidio, anzi... da lui mi lascerei fare di tutto!

Senza distogliere lo sguardo da lui, attraverso le porte dell'accademia e, una volta in corridoio, inizio a camminare verso la segreteria per farmi consegnare nuovamente il foglio degli orari, dato che non riesco più a trovare quello che sono passata a prendere qualche giorno fa.

Di ritorno dalla segreteria, con il foglio delle aule e degli orari tra le mani, non presto attenzione al percorso difronte a me e prevedibilmente, a pochi passi dalla porta d'entrata dell'aula nella quale dovrò seguire la mia prima lezione, vado a sbattere distrattamente contro qualcuno. È una ragazza e andandole addosso le ho fatto cadere la borsa che portava al braccio, facendone riversare tutto il suo contenuto sul pavimento.

- Oh no, non posso essere più imbranata di così! – esclama lei abbassandosi a raccogliere le sue cose.

Senza pensarci mi abbasso anch'io cercando di aiutarla a raccoglierle. – Devi scusarmi, non stavo prestando abbastanza attenzione e non ti ho vista. – le dico dispiaciuta, afferrando un mazzo di chiavi e un rossetto per poi restituirglieli.

- No, non preoccuparti. Mi capitano spesso situazioni del genere e posso confermarti che non è assolutamente colpa tua. – ammette stizzita, mentre afferra le ultime cose dal pavimento e le rimette frettolosamente all'interno della borsa.

Ci alziamo poi all'unisono e solo allora riesco a guardarla in viso. Ha dei lineamenti dolcissimi, quasi simili a quelli di una bambola di porcellana. Il suo viso però è in buona parte coperto da un paio di occhiali da vista forse troppo ingombranti per lei, ma guardando la sua gonna rosa cipria lunga fino al ginocchio e la sua camicetta azzurra con qualche fiorellino qua e là, capisco che si addicono decisamente al suo stile.

- Beh direi che è anche mia la colpa dato che ti sono praticamente finita addosso. – concludo con un sorriso.

Lei mi guarda imbambolata per qualche secondo, dopodiché si risistema con l'indice la montatura degli occhiali scivolati sul naso e riprende lucidità.

- Sarà meglio che entriamo dato che siamo già in ritardo, non vorrei peggiorare la situazione. – si affretta a dire abbassando lo sguardo e attraversando la porta dell'aula, ed io dopo di lei.

Non appena mettiamo piede in aula tutti gli occhi dei ragazzi seduti, e dello stesso professore di fotografia, sono puntati su di noi. Il professore soprattutto, un uomo sulla sessantina dai pochi capelli bianchi rimastigli sul capo e dalla folta barba bianca e grigia, ci guarda irritato mentre poggia sulla sua cattedra un'agenda che fin'ora aveva tra le mani. È in piedi a qualche metro da noi, e questo mi permette di poter ammirare il suo outfit composto da un pantalone classico color cachi e una camicia a strisce che si vede fuoriuscire del gilet di filo verde "abete" che ha indosso. Ottimo abbinamento direi...

- Signorine, alla buon'ora! – ci richiama, invitandoci poi a prendere posto negli spalti vuoti.

Ho cercato di imparare i nomi dei miei docenti in questi giorni, ma avendo avuto la mente occupata da "altro" non ci sono assolutamente riuscita...

Dopotutto l'ho sempre saputo, Max sarà la mia rovina!

Terminate le lezioni della mattina, mi dirigo verso la caffetteria dell'università per poter prendere qualcosa da mangiare. Verso il bancone della cassa, mentre mi avvicino, noto una gonna color cipria farsi largo tra le varie gambe affollate intente a pagare i loro acquisti. Appartiene alla stessa ragazza contro cui sono andata a sbattere questa mattina e con cui ho seguito insieme alcune lezioni, ne sono sicura, anche se non riesco ad intravedere la sua testolina e la sua chioma scura tra la folla accalcata, data la sua "bassezza". Qualche secondo dopo però la vedo mentre cerca di farsi largo tra la calca a spintoni, che non le riescono poi neanche un granché, visto che continua ad essere sballottolata a destra e a manca da vari tizi che si sbracciano per ottenere l'attenzione della donna di mezza età dietro alla cassa. Dopo qualche minuto riesce però ad uscirne, anche se non credo perfettamente illesa, e si dirige a passo svelto senza neanche notarmi verso il cortile esterno alla caffetteria, con un sandwich preconfezionato e una bottiglietta d'acqua tra le mani, mentre cerca inutilmente di tenere sulla spalla il manico della sua borsa che continua a caderle ripetutamente, senza darmi così neanche l'occasione di poterci scambiare qualche parola.

Non sono mai stata brava a farmi nuovi amici, di solito era Gem quella carismatica, io giungevo sempre in seguito come la sua amica paffuta e simpatica, di cui quasi nessuno riusciva però a ricordare il nome. Max è stato l'unica persona, oltre Gem, che sin da subito si è interessato a me, ed è proprio grazie a lui che mi sento in dovere di riscattarmi. 

Mi sono ripromessa infatti che non sarà più così. 

Da quando sono stata a Londra, da quando sono cambiata, da quando ho dato una svolta alla mia vita, ho deciso anche di cambiare il modo in cui mi rapporto con il mondo interno, e per questo ho stilato una lista di buoni propositi, tra cui figura anche l'essere più socievole con il prossimo.

Perciò, armata di forza e coraggio, dopo aver preso un panino veloce al bar, mi dirigo spedita verso l'esterno in cerca di quella coda di cavallo scura e quegli occhiali fin troppo grandi...

At Home, Again - The Comeback Series #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora