CAPITOLO 46

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Max

Oggi. 

Sono giorni che Jules risponde a monosillabi sia durante le chiamate sia per messaggio, inoltre sta accampando una scusa dopo l'altra pur di non vedermi... Le cose sembravano andare bene fino a quando siamo entrati al pub, rideva e scherzava con tutti, ma da quando poi è ritornata dal bagno se n'è rimasta in silenzio e non ha più detto neanche una parola. Ho provato a chiederle cosa non andasse ma lei ha sempre sviato dall'argomento con un altro, per questo non ho insistito. So com'è fatta, più insisti nel volerle parlare di qualcosa e più si chiude a riccio. Perciò ho cercato di lasciarle i suoi spazi in questi giorni, aspettando il momento giusto per poterle chiedere cosa possa essere accaduto in quel breve lasso di tempo, ma la situazione è andata pressoché peggiorando giorno per giorno... Oltretutto domani ho di nuovo l'incontro con gli altri musicisti del nucleo, e non vorrei che trovasse anche per allora una delle sue scuse, perché ci tengo ad averla con me durante queste serate...

Per questo oggi mi sono presentato alla sua università all'ora di pranzo, senza avvertirla. Sono sicuro che se l'avessi fatto lei avrebbe trovato sicuramente il modo di non incontrarmi e mi avrebbe impedito di venire, mentre non potrà dire nulla della mia sorpresa...

Non appena però metto piede fuori dall'auto, una sensazione di inadeguatezza mi assale... Mi sento strano a camminare tra questi tizi con la puzza sotto il naso e i libri alla mano, dato che io non sono mai stato portato per lo studio... mi ritrovo quindi inevitabilmente a pensare a come sarebbe stata la mia vita se avessi scelto di proseguire gli studi, come voleva mio padre... Forse mi sarei sentito allo stesso modo di adesso, oppure sarei riuscito a integrarmi, chi può dirlo... fatto sta che, ora come ora, la mia idea rimane la stessa. Se dovessi fare nuovamente la mia scelta, di sicuro sceglierei ancora di non continuare a studiare...

Mi incammino così nei corridoi dell'ateneo, seguendo le indicazioni per arrivare alla caffetteria dove sono sicuro di trovare Jules a quest'ora, e non mi meraviglio quando la individuo tra gli altri nel cortile esterno, seduta ad un tavolino tutta sola. 

Ha un'espressione corrucciata mentre continua a leggere assorta un libro posato sul tavolino difronte a lei, e neanche i suoi lunghi capelli riescono a nasconderle quella ruga d'espressione che le si forma tra le sopracciglia quando è concentrata. Mi avvicino allora lentamente e, non appena le sono difronte, simulo un colpo di tosse in modo di richiamare la sua attenzione. Appena si accorge della mia presenza, alza immediatamente lo sguardo e punta i suoi occhi da gatta nei miei, rilassando subito in questo modo i tratti del viso. Riesco subito a leggerle la stanchezza sul volto, causata sicuramente da quel cervello troppo attivo che elabora ogni minima informazione, anche non necessaria, e il fatto che abbia delle profonde occhiaie scure sotto gli occhi mi conferma ancor di più che c'è sicuramente qualcosa che la preoccupa a tal punto che non la lascia neanche dormire come si deve...

- Ciao. – la saluto in piedi difronte a lei, cercando di non lasciar trapelare l'irritazione dal mio tono.

- Ehi... - ricambia indifferente, richiudendo il libro di testo. - ...che ci fai qui? – chiede poi, impassibile.

- È così che si saluta il proprio ragazzo? – domando sarcastico, prendendo posto su una sedia accanto a lei.

Lei però a questa domanda non sembra volermi rispondere e di conseguenza si mette a girovagare con lo sguardo sulla gente che ci circonda, ignorandomi completamente.

- Jules. – esclamo, richiamando ancora una volta la sua attenzione. – Mi spieghi che succede? – chiedo deciso.

Non posso più stare così, in bilico. Sono arrivato persino ad essere spaventato anche solo dal farle una chiamata... ho paura che mi risponda male, che io possa darle fastidio... e non capisco affatto questo suo atteggiamento.

At Home, Again - The Comeback Series #1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora