III. Surprise.

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-Anna sono pur sempre tuo padre-dice supplicando.

Rido.

Lui mi guarda stranito, mentre io mi metto la mano sullo stomaco, che mi sta facendo male a furia di ridere.

-T-tu mio p-padre?-dico cercando di smettere di ridere-Tu non sei nessuno. Tu sei solo un cretino che non sa tenere le mani a posto-.

Vedo il suo sguardo allibito posarsi su di me.

-Anna-sussurra-voglio riallacciare i rapporti. Per favore non mi chiudere la porta in faccia-.

Rido ancora più forte:- Ma io te l'ho già chiusa. Non ricordi ieri sera? La prossima volta, la faccia te la faccio sbattere su di essa. E adesso non osare toccare mia madre, o ti giuro che io ti faccio diventare femmina-.

Lo vedo allarmarsi e andare sulla difensiva.

-Non era mia intenzione farvi soffrire. Non ero in me. Stavo passando un brutto periodo. Con il lavoro, con i tuoi nonni che non stavano bene, lo stress si è accumulato e sono esploso. Io e tua madre non eravamo più come un tempo. Avevo bisogno di qualcuno che mi soddisfacesse come non sapeva fare tua madre e quindi-disse ma lo interruppi.

-Tu eri perfettamente cosciente di cioè che hai fatto. Non si sono scuse che tengano. Sei una schifezza. Mi fai schifo dalla testa ai piedi, tu non sei mio padre. Non me ne frega niente delle scuse che ti accaparri. È inutile che provi a riallacciare i rapporti con me. La tua puttana l'hai già trovata e con essa hai anche un bel figlio, quindi vai a rompere a loro e non a noi. Perché noi ce la caviamo alla grande e non abbiamo bisogno di una persona come te per andare avanti. Detto questo, sei pregato di andare a quel paese e se non sai la strada ti compro una cartina geografica con la strada segnata. Oppure ti ci mando direttamente con un calcio nel sedere. Scegli tu. Basta che ora sparisci dalla mia vista e non ti fai più vedere-concludo, con una calma da far paura pure a Satana.

Lo vedo indietreggiare spaventato, salire dentro l'auto e sgommare via alla velocità della luce.

Sbuffo.

Vado verso mia madre, che è rimasta accanto alla macchina ad assistere a tutta la scena.

-Allora? Entriamo, io ho fame-le dico, prendendo il mio zaino da dentro la macchina.

Guardo il suo volto, sconvolto. -Dopo tutto questo tu mi vieni a dire "Ho fame". Ma sei seria?-.

Mi giro verso di lei.-E perché non dovrei esserlo? Io ho fame-.

La incito ad entrare e mi dirigo subito nella cucina. Mia madre mi segue a sua volta, osservandomi con curiosità.

Alzo gli occhi al cielo, prendo una cotoletta di pollo dal frigo e la metto in padella sul fuoco.

-Sei troppo calma-dice mia madre, preoccupata.

-E come dovrei essere?-domando girando la cotoletta prima che si bruci.

-Nervosa, incazzata. Ecco come-dice.

-Invece no. Sono tranquilla. Ta dan-ribatti alzando gli occhi al cielo.

- Non avresti dovuto dire quelle cattiverie a tuo padre-sussurra.

-Cosa? Ma stai scherzando spero? Dopo tutto quello che ha fatto non dovevo dirgli quel che penso? Beh, ti sbagli di grosso. Sei mia madre ma non mi puoi impedire di dire quel che penso, dopo tutto ciò che ha fatto. Ha dato la colpa allo stress ma sai benissimo che non è così. Solo perché non soddisfi i suoi desideri lui, ha deciso di tradirti con quella troia, con la quale ha avuto anche un figlio, ti ha insultata e momenti anche stuprata. Se non ci fossi stata io a cacciarlo ti avrebbe fatto del male e non l'avrei mai potuto sopportare questo- dico schiettamente. Con mia madre posso essere quello che sono ed esprimermi senza mezzi termini. Lei è una dei pochi che mi capisce, anche se vuole che faccia tutto ciò che mi dice.

L'Incantatrice - Fino alla fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora