LXIII. Lezioni di vita.

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In questo momento, la cosa che mi preme di più, è sapere ciò che pensa Manuel.

La sera si avvicina troppo velocemente per i miei gusti, e quando lancio una prima occhiata all'orologio del cellulare, sono già le otto di sera. Sono stata quattro ore rinchiusa dentro la mia camera, a riflettere sull'accaduto e metabolizzare il fatto che il comportamento di Giammarco mi stia spaventando.

Ricevo un messaggio di Brian, dove mi avverte che la gara è alle nove al Jacky Beach, un locale costruito sulla costa ovest della città. Da quel che so è molto famoso per i giri di droga che ci sono al suo interno e anche qualche scomparsa di persone venute per curiosare. Un meandro della città in cui nemmeno la polizia osa mettere piede.

La persona che sta a capo di questo locale si fa chiamare Jackie Chan, per via della sua nazionalità straniera ed è uno dei personaggi più temuti della città, dopo Tarantola.

Mi preparo velocemente, togliendo di dosso la tuta che puzza di sudore, e indosso un paio di jeans bianchi, con una T-shirt giallo limone. Fuori piove da almeno un'ora e sembra non essere intenzionato a smettere prima di domani mattina; fa freddo ma il sangue circola coì veloce dentro le mie vene, per la rabbia, che non ho bisogno di una giacca.

Prima di cominciare a sistemare l'ultima ruota della Porsche, mando un messaggio a Jordan, dicendogli di prepararsi e scendere il prima possibile.

-Te la senti?- domanda, una volta chiuso l'ombrello e entrato in macchina.

Faccio spallucce, accendendo lo stereo. –Non lo so come sto, onestamente... fai attenzione quando arriveremo al locale. Stammi sempre vicino, e non andarti a mettere nei guai. È frequentato da brutti ceffi.-

Alza gli occhi al cielo, mentre avvio il motore ed esco dal cancello di casa. –Piuttosto, sai che Alyssa e quel Nicholas stanno facendo sul serio? L'ha invitata a pranzo dai suoi genitori, domani.-

-Come mai sono sempre l'ultima a sapere queste notizie?- borbotto, inserendo il navigatore; non so dove si trova di preciso il luogo. –Le avevo detto che per qualsiasi cosa io ci sono.-

-Non prenderla sul personale. Forse le sto più simpatico io.- ironizza, incassando un'occhiataccia. –Okay, calma. Aveva detto che te lo avrebbe riferito una volta tornata dalla gara.-

Sbuffo, un po' seccata ma non dico nulla e guido in silenzio tra le strade affollate della città. Siamo nel bel mezzo della settimana, ma in questo periodo la gente sembra essere in continua agitazione, come se ci fosse una grande festività alle porte.

Il locale è un grande rettangolo che sembra essere il doppio di casa mia – il che non è indifferente – arancione sfavillante e un'insegna grande quanto quella di Las Vegas. È edificata in una zona aperta, ben in vista ed è ricolma di persone, auto e ragazze che sghignazzano quando notano la mia Porsche, che in confronto al brulicare di Bugatti qui dentro, sembra sfigurare.

Parcheggio l'auto sotto lo sguardo incuriosito di tutti, che diventa derisorio quando notano che la persona che ne esce è una ragazza.

-Torna a casa, bambolina.- sento qualcuno urlare da dentro la folla che ci ha circondati.

Le facce che vedo sono davvero poco raccomandabili, ogni centimetro di pelle ricoperto di tatuaggi che li fa sembrare ancora più minacciosi e una costellazione di piercing in volto.

"Chissà perché ma mi aspettavo di trovare dei monaci in stile kung fu."

Sono tutti uomini, eccetto qualche tirapiedi femmina che si attacca al loro petto come una macchia di fragola che non se ne va più.

-Tornaci tu, dalla mammina.- ribatto acida a voce alta, in modo che possa sentirmi chiaramente al di sopra della musica che proviene dal locale e fa vibrare le ossa, e degli schiamazzi che ci circondano.

L'Incantatrice - Fino alla fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora