LXVII. Caduta di stile.

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"No... non può essere. Come hai potuto fare una cosa del genere, papà?"

Il giorno del mio compleanno arriva fin troppo in fretta, e ancora non mi sento pronta per affrontare i demoni che infuriano dentro il mio cuore. Jordan è partito da più di una settimana ormai, un velo di malinconia e timore ha avvolto la casa al solo pensiero di ricevere un telegramma dove viene decretata la morte del mio amato fratellastro.

Ricordo ancora la mattina della partenza quando eravamo a letto, come se fosse ieri: mi ha stretto a sé in un tacito addio, e ha preteso il solito buongiorno con la "manata" per l'ultima volta. Sono scoppiata a piangere tra le sue braccia, ripetendo varie volte che mi sarebbe mancato; non mi è mai successa una cosa del genere. Mi sono sentita svuotata, e solo allora ho capito cosa significa voler bene a una persona e perderla.

Non abbiamo più riaperto il discorso della serata precedente, anche se leggevo nel suo sguardo perplessità e curiosità, ma gli sono grata per non avermi fatto domande, altrimenti avrei pianto per tutto il tempo. Eppure sono sicura del fatto che ne abbia parlato con mio padre, poiché dal giorno dopo ha tentato varie volte di rinchiudermi dentro il suo studio con una scusa, per parlare dell'accaduto; ho sempre rifiutato, inventandomi una scusa.

Sono andata tutti i giorni da Margherì, che non fa altro che peggiorare, ma non glielo faccio notare; per me è sempre la stessa persona sorridente di sempre.

Manuel si è fatto sentire spesso, sia tramite telefonate cui non ho mai risposto, che a messaggi; solo una volta ho risposto dicendo che stavo bene, e avevo solo bisogno di elaborare il tutto.

E, invece di formulare un pensiero, ho evitato tutto ciò, concentrandomi sul cercare notizie riguardo a mia madre pur di tenere occupata la mia mente. Ho chiamato gli amici di mio zio, e nonostante numerose domande che hanno fatto un buco nell'acqua, sono riuscita a cavarne fuori alcuni contatti che potrebbero essermi di aiuto per scovare qualche membro degli Scorpions.

Ho lottato contro me stessa per non afferrare quel pezzo di carta su cui vi sono scritti i numeri, e alla fine ho deciso di entrare in contatto con loro dopo la gara di oggi.

"Per ironia della sorte, guarda caso, il mio compleanno coincide con il giorno in cui decreterò la mia posizione."

-Ciao, papà.- gli do il buongiorno, mentre spadella i pancake per Alyssa.

-Buongiorno, signorina.- ricambia cordialmente, facendomi un piccolo sorriso. È davvero buffo con quel grembiule rosa. –Buon compleanno.-

Lo ringrazio, mentre mi siedo su uno degli sgabelli; sento lo stomaco chiuso dal nervoso questa mattina.

-Non mangi nulla? Ti senti male?- domanda, quando vede il mio colorito pallido.

Scuoto la testa, giocherellando con una mela presa dal cesto. Decido di essere sincera. –Sto bene, sono solo in ansia.-

Mi volta le spalle, per controllare che il pancake non si sia bruciato, e poi torna a guardarmi. –Per la gara di questo pomeriggio?-

Annuisco, addentando la mela nel vano tentativo di mettere qualcosa nello stomaco, ma faccio una smorfia quando lo mando giù a fatica: il mio organismo si rifiuta. –Non so come andrà a finire, e questa cosa mi spaventa.-

-Tesoro, è il tuo compleanno. Prova a rilassarti, esci con Miriam, fate amicizia.- Fa spallucce, lanciandomi un'occhiata che non riesco a definire; sembra quasi che l'unico ansioso qui dentro sia lui.

Inarco un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. –Cosa mi nascondi?- Sobbalza, preso in contropiede dalla mia espressione curiosa. –Io? Niente. Miriam ti aspetta in salotto per uscire, vai a cambiarti.-

L'Incantatrice - Fino alla fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora