XLIV. Cioccolato fuso e ospitalità pari a zero.

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Sento il suo sguardo su di me, segno che sta cercando una risposta silenziosa, ma non gli permetterò di leggermi. Non oggi. Non ora.

Dopo un ora di farina arrivata anche nei posti più impensabili, pure dentro il gesso, e di dita infilate nell'impasto per mangiarlo, finalmente riusciamo a sfornare una teglia di muffin dall'aspetto davvero invitante.

Sono riuscita a svagarmi, a rinchiudere i pensieri dentro un cassetto di cui ho buttato la chiave giù per il water, senza esitazioni. E adesso mi sento felice, stanca ma soddisfatta.

Usciamo i muffin dagli stampi una volta raffreddati, e li poggiamo sul bancone in granito.

-Cioccolattoo! Il cioccolattoo!- urla Ellie, allungandosi per acciuffare la sacca a poche che abbiamo riempito di cioccolato fuso da poter mettere sopra i muffin.

-Attenta che brucia!- la avverto, allontanando le sue manine prima che si ustioni.

Stringo i denti, mentre la prendo con la mano libera che comincia a diventare rossa dopo pochi secondi.

-Brucia!- urla a sua volta, guardandomi preoccupata.

Le faccio un piccolo sorrisetto dolorante, mente un rivolo di sudore scende lungo la mia tempia piena di farina. -Se si asciuga, non riusciremo più a metterla sul muffin.-

Le dico di trattenere la sacca dalla parte alta, così che non si bruci, dato che ho l'altro braccio ingessato.

Quando finiamo di stendere la glassa sul muffin, buffo la sacca a poche dentro il lavabo in metallo, trattenendo un'imprecazione quando vedo la mia mano gonfia e rossa. Non fa molto male, ma brucia. Anche se sono abituata, con il fatto che prendo a pugni un vecchio sacco da boxe il cinquanta percento delle volte a mani nude, ma fa sempre male.

-Il mio frajellote quando mi faccio la bua mi da semple un bacio dove fa male. Vai da lui!- Tira la mia maglietta, Eli, facendomi sobbalzare.

I miei occhi schizzano subito sulla figura di Ilyà, appoggiato allo schienale del divano con il cellulare in mano, incrocia subito il mio sguardo fulminandomi con un'occhiataccia che sembra dire "Provaci e ti faccio dormire su una panchina, al fresco".

-Ma... sai, non mi fa neppure più male. Tranquilla.- Parlo lentamente, distogliendo lo sguardo dal biondo, che ritorna a farsi gli affari suoi.

La bimba fa spallucce, correndo ad abbracciare Mikel che fa un verso disgustato. -Bleah, Eli sei tutta sporca. Che dici se ti infilo sotto la doccia?-

Non vedo la risposta della bambina, ma deduco che abbia fatto un cenno di assenso, dato che poco dopo Mikel si alza dal divano tenendo Eli in braccio. È davvero alto, quasi quanto Ilyà, ma molto più magro. Sembra un fuscello.

Spariscono entrambi nei corridoi dell'appartamento, lasciando che il silenzio piombi in cucina; mi sento a disagio. Io sono ancora dietro il bancone, con il piatto pieno di muffin bollenti davanti agli occhi e osservo di sottecchi Ilyà, che armeggia con il cellulare con un'espressione accigliata sul volto.

Sarei quasi tentata di chiedergli se va tutto bene, ma ci rinuncio in partenza dato che mi manderebbe a farmi un giro nel paese lontano, perciò colgo la palla al balzo per affrontare un altro argomento. -Domani mattina devo andare a togliere il gesso... Saresti così gentile da darmi un passaggio fino all'ospedale?-

Non distoglie lo sguardo concentrato dal display, rispondendomi brevemente. -No.-

Gli angoli della mia bocca si incurvano in basso, mentre un sentimento che non riesco nemmeno a identificare cresce nel mio petto. -Perché?-

Passa qualche secondo prima che lui metta in standby lo schermo del cellulare, infilandolo nella tasca dei jeans e mi guarda con sufficienza. -Non sono il tuo autista. È già tanto che ti ho portato in casa mia. Non voglio che randagi occupino la mia casa.-

L'Incantatrice - Fino alla fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora