Dakota 19

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Gli uccellini cinguettavano, io li detestavo già. La nostra relazione era iniziata da soli due giorni e io avevo già iniziato ad odiare quelle povere bestioline indifese, perché mi ricordavano che era l'alba e che presto Jamie se ne sarebbe andato. Oh Dio! Avevo sbagliato. Volevo dire James, il mio James. Che poi non ero riuscita a capire cosa diavolo fosse successo. Non capivo perché tenesse tanto che lo chiamassi James. Che segreto c'era intorno al suo nome? Forse sarebbe stato meglio non chiedere. Me lo avrebbe spiegato lui, forse, un giorno. Ma non riuscivo a togliermi dalla testa la sua reazione: era sconvolto. Per non parlare del suo repentino cambio d'umore. Mi stava scopando per bene e poi aveva iniziato a fare l'amore con me, tra le lacrime. Non mi era mai capitato di vedere un uomo piangere a letto. Ma era chiaro che James non era il classico uomo. Era troppo sensibile, dolce, affettuoso... e la lista era infinita, in una parola: superbo. Continuavo a fissarlo come una stupida, intanto che lui era crollato esausto; dopo aver fatto l'amore con me altre tre volte. Era bellissimo. Anzi no. Di più. I suoi bellissimi capelli ramati tutti scarmigliati, per via delle continue tiratine, (che mi aveva fatto espressamente capire, apprezzava parecchio con più violenza) le labbra dischiuse, respirava rumorosamente per via del setto nasale un pò deviato e l'asma. Amavo già alla follia il suo respiro forte, mi eccitava in modo incontrollato e sapevo che poteva risultare strana come cosa, ma a me piaceva un sacco. Lo rendeva speciale e lo era davvero. Il viso era leggermente coperto dalla leggera barbetta appena spuntata, il suo corpo era coperto dalla coperta, solo nelle parti basse. Si vedeva quella splendida V e l'inizio della folta peluria intima bionda. Era proprio virile. Uno dei bracci muscolosi (e più precisamente quello di fianco a me) era dietro alla nuca, dato che prima mi aveva fatto poggiare il viso contro il suo petto ben definito e dalla leggera peluria chiara, l'altro ricadeva lungo il fianco, con la mano stretta a pugno su un lembo di coperta. Era un immagine di potere, come se fosse pronto a scattare. Quei muscoli mi facevano impazzire e le vene in rilievo mi mandavano in tilt. Sembrava l'immagine della mascolinità in tutto e per tutto. Quest'uomo voleva proprio me. Ma com'era possibile? Io non mi sentivo alla sua altezza. Eppure, quella notte aveva fatto l'amore con me, tra le lacrime. Non era una cosa da sottovalutare. Mi aveva fatta sentire importante per la prima volta. Mi amava. Lo aveva fatto intendere bene, anche mangiando i miei scones. Dio, che stupida! Avevo toccato per lui un tasto molto dolente. Sua mamma. Chissà se lui gli somigliava. Doveva essere molto legato a lei, infondo lui non ne aveva mai fatto mistero, (parlandone qualche volta) che sentiva fortemente la sua mancanza. Chissà se in qualche modo il suo nome aveva qualcosa a che fare con sua madre... Del resto era stata lei a scegliere quel nome, si sa: la donna ha sempre la meglio sulla scelta del nome, mentre il marito accetta remissivo. E magari lei lo chiamava proprio James, invece che Jamie... No. Non era possibile. James non avrebbe mai permesso una cosa del genere, se mai fosse vera. Sua madre per lui era troppo importante, per far sì che si mescolasse con me. Il pensiero mi andò subito a quella donna che non conoscevo e che non avrei mai potuto conoscere, ma lei invece si. Lei ci guardava. Perché ero sicura che vegliava su suo figlio. E cosa avrebbe pensato su di me? Semplice: che ero una puttana. Che stava sfasciando la famiglia che si era costruito da poco suo figlio. Che mi odiava. Mandandomi una serie infinita di maledizioni, fino alla mia settima generazione. Sarebbe venuta a trovarmi nei sogni, minacciandomi di lasciarlo e avrebbe illuminato il figlio di starmi alla larga, fino a quando non ci fosse riuscita. Sì, era molto probabile che avrebbe parlato con Dio e mi avrebbe fatta punire. Avrei marcito per sempre all'inferno. Ma stare con James per me era il paradiso terrestre e quindi da morta avrei accettato volentieri l'inferno. E se la mia preoccupazione andava per la madre morta, non volevo neanche pensare a cosa avrebbe potuto pensare di me suo padre, le sue sorelle... Una troia. Ecco, mi avrebbero odiata a vita, se non addirittura: insultata e presa a legnate. Sapevo che James mi amava, sapevo da dove si era buttato per me. Ma per quanto lui mi avesse detto di avere bisogno di me e per quanto lui mi avesse voluta nella sua vita... io sapevo... sapevo che era impossibile. La sua famiglia non mi avrebbe mai accettata e io non avrei dato dell'altro dolore all'uomo che amavo. Sapevo anche, che al momento giusto avrei dovuto abbandonare la nave e prendere una scialuppa di salvataggio e poi magari mi sarei lasciata annegare, perché tanto io non ero così importante. Nessuno avrebbe sentito la mia mancanza. I miei genitori avevano altri coniugi e altri figli più piccoli a cui pensare. Io non ero mai stata per loro una priorità, e avevo dato loro la giusta dose di problemi per quella carenza da parte loro, cadendo in una bruttissima dipendenza da alcol, fino a quando non mi rinchiusero in un centro di riabilitazione. Soffrendo da sola. Avevo un legame molto forte con i miei due fratelli: Jesse, che aveva da poco compiuto trent'anni, (mio padre l'aveva avuto da un'altra donna, prima di conoscere mia madre) e Alex di ventisette anni, (mia madre lo aveva avuto da un'altra relazione prima d'incontrare mio padre). Per loro ero la sorellina prediletta e intoccabile, anche se avevano altre sorelle, amavano più me, io per loro ero molto importante, stranamente, loro erano gli unici a mettermi per prima, davanti a chiunque. Ma a me mancava da morire la figura di mio padre. Lui non era morto, come purtroppo era successo alla madre di James. No, lui se ne era andato allontanandosi dalla mia vita, creandosi un'altra famiglia. Ci vedevamo ogni tanto, qualche telefonata, ma niente di più. Mia madre invece per quanto possibile, mi stava vicina, ma la vedevo più orgogliosa della mia sorellastra Stella, che aveva diciott'anni. Io volevo sempre la sua attenzione come una bambina bisognosa, ed ero persino arrivata a tatuarmi lo stesso tatuaggio, ma non era la stessa cosa. L'unico che sembrava amarmi veramente, era James, e io sapevo che presto per amor suo, avrei dovuto lasciarlo. Mi sentii una forte morsa allo stomaco e al petto, le lacrime salire agli occhi, appannando la bellissima visuale del mio amato James. Lanciai un'occhiata al mio iPhone, che tenevo sul comodino e che usavo da sveglia, schiacciai il pulsante e vidi che erano le cinque e un quarto. A breve sarebbe scattata: My cherie amour e James se ne sarebbe andato. Come se ne era andato mio padre. Tutti se ne andavano via. Io sarei stata ancora da sola a leccarmi le ferite. Le lacrime trabboccarono rigandomi le guance e io mi alzai subito dal letto, dirigendomi velocemente in bagno, chiudendo la porta e accasciandomi a terra completamente nuda, in posizione fetale, nel marmo freddo.

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