Dakota 23

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Fecimo colazione in camera, evitando il ristorante, in caso di essere visti. I paparazzi avevano appena cominciato a scattarci qualche foto e più avanti sarebbe stato peggio, me lo sentivo. Lui finì tutti i miei scones con del caffè e uova che preparai. Quella suite era molto confortevole e fornita di qualunque cosa, nel caso uno non volesse andare a mangiare di sotto.
Ci fu un momento che il suo iPhone cinguettò l'arrivo di un messaggio e lui s'imbronciò con aria un pò seccata, mentre lo leggeva. Avrei dato qualunque cosa per sapere. Ero sicura che era stata sua moglie ad inviargli quel messaggio, vista la sua espressione. Ma io non potevo. Non ne avevo il diritto. Io non ero sua moglie. Lui lo posò di nuovo sul piano in marmo della cucina e tornò a mangiare in completo silenzio. E io non potei fare altro che starmene lì buona a fare finta di niente. Prima che ce ne andammo, in un momento che lui era in bagno, il suo iPhone era ancora poggiato lì, era come se lui me lo avesse lasciato lì, sotto ai miei occhi, a posta per farmici dare un'occhiata. Un invito silenzioso. Ero sicura che lo avesse fatto volutamente, anche perché lui si era preso questo diritto con il mio, senza permesso. Ma nonostante fui molto tentata, decisi di non farlo. Doveva dirmelo a voce. Mettermelo in mano. Ma non ero neanche sicura che lo avrei fatto comunque. Non ci tenevo a stare male, perché sicuramente lì c'era molto su sua moglie e sua figlia. Quindi meglio stare alla larga da quell'attrezzo malefico. -《Allora andiamo?》Chiese quando uscì dal bagno. Il suo sguardo si posò subito sull'iPhone, ancora nello stesso punto dove lui lo aveva lasciato, e poi sul mio viso, scrutandomi attentamente. Io gli feci un sorriso. -《Si, andiamo.》Aveva capito che non avevo voluto cogliere il suo muto invito e io avevo avuto la conferma di quanto avevo pensato. Buttò l'aria pesantemente, (forse un pò infastidito che io non mi mostrassi possessiva nei suoi confronti) prese l'iPhone e gli altri suoi oggetti personali e uscimmo.

A lavoro non resi molto, ero stanchissima, sbadigliavo, sbagliai un pò di battute, un disastro, ma del resto avevo dormito molto poco e capii che Sam si trattenne, capendo la situazione una volta che ci vide arrivare insieme. La ringraziai mentalmente un mare di volte.
Nonostante questo, James dopo che mi accompagnò in albergo, mi disse che ci saremmo rivisti tra un paio d'ore. Incredibile che non fosse sazio di me. Che scusa avrebbe dato a sua moglie stavolta?? Beh non importava, trovavo solo strano che lui riuscisse a stare con me ogni notte e che quindi lei gli permettesse di farle una cosa simile. Io sarei impazzita. Forse sarei anche arrivata a picchiarlo furiosamente. Ma come avevo già detto: io non ero sua moglie! E mai lo sarei stata!
Comunque ero molto felice di vederlo ogni notte, anche perché mancava poco e le nostre strade si sarebbero divise. Il solo pensiero mi fece cadere in uno stato di depressione infinito.
Cenai al ristorante, sentendomi molto sola e triste. Ricevetti una chiamata da mia madre, come ogni giorno, per informarsi se tutto andasse bene, un'altra dal mio migliore amico Blake, (era davvero uno spasso, con lui si poteva parlare di tutto, anche perché era gay, quindi molto più sensibile e arguto) infatti aveva intuito dal mio tono di voce che c'era qualcosa che non andava, ma io lo rassicurai. -《Ho capito... ne parliamo quando ritorni in patria, farfallina.》Concluse, esasperato del fatto che non lo accontentavo facendo pettegolezzo. Ci conoscevamo da anni e mi aveva sempre chiamata farfallina, perché per lui ero uno spirito libero, non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno e facevo sempre e solo ciò che mi andava.
Quando tornai in stanza, mi cosparsi il corpo con la mia lozione idratante per il corpo, indossai solo una lunga vestaglia in seta nera, modello giapponese, con qualche incisione giapponese in rosso. Mi ritoccai il trucco: rimmel, fard, e misi sulle labbra il mio rouge Dior, infine legai i capelli in una coda di cavallo. Così iniziai ad aspettarlo con ansia e sentendomi dentro una strana sensazione. Avevo come il presentimento che stanotte sua moglie non lo avrebbe lasciato andare, che lui mi avrebbe telefonato scusandosi di non poter venire e io sarei caduta in depressione, disperandomi come un'anima in pena.
Cosa avrei fatto se non sarebbe venuto?? Come avrei reagito??
Di sicuro avrei pianto come una disperata fino all'indomani mattina. Questa non era una cosa positiva per me, anche perché presto saremmo stati divisi dall'oceano. Sapevo già che non ce l'avrei fatta. Mi era entrato dentro, troppo in profondità per farlo uscire. Aveva detto di amarmi e anch'io lo amavo. Non era poco. E sapevo che la cosa giusta da fare era quella di mantenere un pò di distacco, soprattutto emotivo, se volevo uscirne bene. All'improvviso dei colpi alla porta mi riportarono alla realtà, e subito mi alzai dal divano con un sorriso a trentadue denti. Lanciai un'occhiata all'iPhone per vedere l'ora, erano le nove e venti. Mi sentii così felice, non vedevo l'ora di stringerlo forte a me, erano passate solo due ore e già mi mancava come l'aria.
-《Arrivo!》Urlai eccitata, correndo verso la porta a piedi nudi.
-《Mi sei man...》Non riuscii a finire la frase, dopo che spalancai la porta. Il sorriso mi morì, lasciandomi a bocca aperta e immobile come una statua di ghiaccio.

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