Dakota 50

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Stretto al mio corpo, era con me, mio. E io mi sentivo al sicuro. Ora le notti erano un incubo senza fine, non mi stringeva più, non sentivo più il suo forte respiro contro di me e io mi sentivo morire. Mi mancava il fare l'amore con lui, nel nostro modo speciale di scambiarci il respiro, di sentire i suoi forti muscoli contro il mio piccolo corpo. Non pensavo neanche a masturbarmi. Volevo solo lui, il suo calore, le sue strette possessive, i suoi baci carnali, il suo grosso membro che si spingeva con forza per entrare nella mia piccola fessura bagnata e anche risultando ripetitiva: sempre e solo il suo respiro forte. Potevo amare la respirazione di un uomo a tal punto? Ma forse era perché si trattava di lui. Non pensavo che se avessi incontrato un altro uomo che avesse avuto il suo stesso problema di asma, lo avrei trovato eccitante. No, io amavo James e basta. Nel bene e nel male, qualunque cosa facesse parte del suo essere, per me era la vita.
Più o meno la settimana era andata così. Lacrime, lacrime e ancora lacrime, attaccata giorno e notte a quel cuscino. Fu così, che all'inizio della seconda settimana, senza il mio James, decisi che dovevo uscire di casa. Feci la valigia di corsa, presi Zeppelin e andai da mia madre. All'inizio quando mi vide, fece un po'di storie sul mio aspetto disastroso, ma poi le dissi di occuparsi qualche giorno di Zeppelin, perché sarei andata a trovare mia nonna in California. Non portavo mai Zeppelin con me da mia nonna Tippi, c'erano troppi animali feroci per lui. Quando mia madre sentì che sarei andata da mia nonna, mi abbracciò e non mi fece più storie. -《Rilassati tesoro mio. Vedrai che presto tutto passa.》Mi disse con tenerezza. Io le sorrisi tristemente. -《Ne dubito seriamente. Tu non conosci Jamie.》Lei mi fece uno sguardo compassionevole prima di riabbracciarmi di nuovo, salutandomi. Avevo già lasciato al mio agente il mio nuovo numero e quindi se ci fossero state novità lavorative sapeva come rintracciarmi. A bordo dell'aerio, spensi l'iPhone e ordinai subito del buon vino rosso. Dovevo rilassarmi. Per le prossime sei ore, speravo di cadere addormentata, grazie all'aiuto del vino.
Avevo avvisato mia nonna quella stessa mattina e lei era molto entusiasta di vedermi. Viveva da sola in un enorme villone con un infinità di acri di terra. Aveva un elefante, una tigre, un puma e una stalla con dei meravigliosi stalloni puro sangue. Mia nonna era sempre stata un amante degli animali, specie di quelli feroci. Una volta aveva avuto anche un leone. Sapeva come addomesticare quelle creature, feroci per natura. Ma era una forza della natura. Sapevo, che se volevo risolevare la mia completa esistenza, dovevo andare da lei. Ovviamente però, mi ero portata dietro la bottiglia di Obsession. Avrei voluto con tutte le mie forze lasciarla a casa, ma ormai mi addormentavo sempre con il suo profumo, quindi lo misi in borsa. Mi spruzzai due colpetti sui polsi e mentre fissavo le nuvole sperando che lui mi fosse venuto a prendere come un eroe d'altri tempi. Mi annusai il polso, chiudendo gli occhi e sognandolo ad occhi aperti. Quando arrivai da mia nonna, lei mi accolse subito con grande entusiasmo. -《Oh Dakota! Che bello che sei venuta a trovarmi!》Lei era una donna molto allegra e solare, ancora all'eta di ottantatre anni, non aveva perso il suo entusiasmo nella vita. Starle accanto non poteva che mettermi di ottimo umore, ecco perché ero corsa da lei. Speravo che il suo spirito mi avesse aiutata a riprendermi. La sua immensa villa era sempre molto bella, con tutto quel verde, la grandissima piscina, la fontana, tutto stupendo e anche molto suggestivo. Vivere in un enorme castello da sole, solo con i domestici era davvero un po'inquietante, ma lei ormai c'era abituata. Era stata sposata tre volte, con uomini importanti, ma non era andata bene con nessuno di essi, così si era accontentata di vivere da sola, nel suo sfarzoso lusso. Karola, la cameriera di ventotto anni, scuretta e tutta curve, aveva portato di sopra la mia valigia, così che io e mia nonna ci accomodassimo in giardino intorno al tavolo già ben apparecchiato per mangiare. Ero arrivata all'incirca verso l'una del pomeriggio, ma nonostante ciò, non avevo per niente fame. L'appetito ormai se ne era andato da una settimana e un giorno. Chissà se lo avrei recuperato. Ma non volevo far rimanere male mia nonna.
Carmela, la governante e anche cuoca, aveva preparato dei buoni manicaretti, così spiluccai un po' qua e là, mangiando con molta lentezza, ma cercando di finire tutto. Nonostante i sintomi della fame non li sentissi, quando finì di mangiare mi sentì molto meglio. Il clima poi era fantastico, non freddo come a New York. A Los Angeles faceva sempre caldo e potevi e potevi girare in giro sempre mezzo svestito, infatti in valigia mi ero portata tutti prendisoli, costumi e scarpe aperte. Indossavo infatti un jeans blu, con le mie converse e una polo rosa a maniche corte e avevo raccolto i miei lunghi capelli in una coda di cavallo. Avevo anche salutato (per così dire) Brandy la tigre e Shana il puma. Per mia monna quelle due "bestie" erano come animali domestici, di fatti erano mansuete, si facevano accarezzare e mi facevano le feste perché mi riconoscevano. Come per me Zeppelin, quindi giravano indisturbati per la villa, mentre l'elefante aveva la sua bella casetta più infondo nel giardino e più in là le scuderie. Più tardi, avrei fatto una bella calvalcata con Asso, era il mio preferito. Ogni volta che andavo a trovare mia nonna mi facevo una bella cavalcata con lui. -《Allora mia cara. Come si chiama? Perché di sicuro non può trattarsi di quello stupido di Jordan, che tu stessa hai mollato. Grazie al cielo, perché proprio non c'è lo vedevo alla tua spalla.》Iniziò con quell'aria intrigante e furbetta, stampata sul suo viso ormai ricoperto di rughe e sempre truccato, ma rimaneva sempre una bella donna. Sorrisi con malinconia. -《Mor Mor, cosa ti fa pensare che ci sia qualcuno nellamia testa?》Lei rise. -《Scherzi? Ti sei guardata ultimamente allo specchio?Sembri una sopravvisuta.》Mi fece scoppiare a ridere, come finalmente non avevo più fatto da tempo. Vedete. Avevo ragione. Mia monna mi avrebbe aiutata. Dopo quella risata, mi sentì subito meglio. -《Si chiama James. Oddio così lo chiamo solo io. In realtà tu dovresti conoscerlo come Jamie Dornan.》La mia voce uscì tranquilla, a differenza di come invece era uscita disperata e affannata tra le lacrime quando invece ne avevo parlato con mia madre e Blake. Mia nonna aveva questo potere, mettere di buon umore.

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