chapter 28

74 39 40
                                    

Mamma

Finalmente oggi me ne andrò via da questo ospedale. Qui dentro sto male, mi sento soffocare, mi sento triste e mi mancano le mie figlie, loro sono la luce dei miei occhi, le mie perle più preziose che ho, e me le tengo strette nel cuore.

Ricordo come se fosse oggi quando il dottore mi ha riferito che non posso avere figli; mi rattristo molto, scappo dal suo studio piangendo come una bambina. Ho vagato senza meta toccandomi la pancia; penso che mai e poi mai potrò avere un esserino dentro di me.

Non l'avrei mai preso in braccio quando sarebbe nato; e questo mi dispiaceva e al tempo stesso mi rattristava. Ricordo che tornai a casa da mamma, l'abbraccai forte e piansi per tutta la sera. Una volta calmata, spiegai a mamma il perché della mia disperazione. E così che a mamma le venne l'idea di intraprendere il cammino dell'adozione.

Mi spaventa l'idea, ma come sono a casa mia, rifletto su questa proposta bella e inaspettata; da una parte sono felice di avere un bambino o una bambina: metterà finalmente gioia sia a me che a mio marito; ma dall'altra parte è costosa, bisogna girare posti e vedere se siamo compatibili per prendere una bambina. Decido di farmi una dormita e di parlarne con mio marito il giorno dopo.

La mattina seguente mi faccio coraggio e dico: <<Non posso avere figli>> gli dico rammaricata, lui si volta verso di me e mi dice : <<Cara mi dispiace molto! Desideravo un figlio! Ma tranquilla io ti amo ugualmente!>> Lo guardo ammirata e con le lacrime agli occhi; lo abbraccio sentendo il suo cuore battere forte quando gli trasmetto il mio calore e il mio affetto per lui. << Senti lo so che è complicato, ma perché non adottiamo un bambino?>> Mi chiede con un tono divertito e speranzoso.

Mi stacco da lui meravigliata e scioccata dalla sua idea, -Non ci posso credere! Abbiamo avuto lo stesso pensiero!- << Caro accetto! Lo ameremo come se fosse nostro figlio di sangue>> gli dico dandogli un bacio affettuoso. Mio marito nei giorni seguenti non va a lavoro, per contattare agenzie che praticano adozioni. Dopo vari mesi, riusciamo a trovarne una seria che lavora sia in Italia che all'estero. Li contattiamo speranzosi, dopo due giorni di attesa ci rispondono tramite e-mail "Vediamoci tra un mese a Roma" accettiamo con gioia. Un mese passò in fretta; partiamo alla volta della capitale speranzosi e desiderosi di sapere il resto e come dobbiamo comportarci. Prenotiamo in un albergo poco distante dall'agenzia, una volta lasciati i nostri bagagli ci dirigiamo al posto indicato.

Una volta arrivati, una signora elegante e di bell'aspetto ci accoglie sorridente. Ci dirigiamo nel suo ufficio e ci dice:<<Benvenuti signori, io sono la signora che vi seguirà in questo cammino lungo e difficoltoso. Noi collaboriamo con vari Istituti sia in Italia che all'estero, che hanno sede a Milano, Firenze, Russia e Bulgaria. Avete tempo una settimana per decidere il luogo per l'incontro con i bambini e poi incominciamo insieme il nostro percorso.>> La ringraziamo con una stretta di mano per poi tornare all'hotel.

Per tutta la settimana parliamo solo di questo argomento: dove andare? E soprattutto sapremo scegliere col cuore? Alla fine optiamo per la Bulgaria, non so il perché ma sentivo che e lì che avrei trovato la persona adatta a me. Dopo aver firmato varie scartoffie, partiamo alla volta della Bulgaria.

Una volta arrivati, ci avvolge un profumo di rose, qui è l'essenza di questo elegante profumo. Siamo nella capitale ma non abbiamo tempo di visitarla, perché la nostra meta è Plovdiv, dove sicuramente c'è un bambino desideroso di avere una famiglia. Appena arriviamo in istituto, una marea di bambini ci assalgono chiedendoci qualcosa da mangiare, da vestire ma soprattutto hanno fame. Riesco a liberarmi di loro grazie alla direttrice.

Noto subito la differenza tra quei poveri bambini e la capa dell'istituto: loro magri come degli stecchini, mentre lei grassa e goffa nel camminare. Un'altra cosa che mi colpisce assai é che tutti i bambini hanno i capelli tagliati nonostante il freddo pungente. Mentre Petkova, la direttrice dell'orfanotrofio, ci sta' salutando, a me cade l'occhio su una bambina bionda, con sorriso dolce che gioca da sola. - È lei che voglio con me- lei mi nota e senza conoscermi mi abbraccia dicendomi :<<Mamo>> che vuol dire nella loro lingua mamma. Non so quanto rimaniamo così abbracciate, ma a me faceva un effetto speciale, capivo che con lei avrei trovato il mio piccolo mondo. Firmiamo carte su carte, e poi finalmente può venire con noi. Decidiamo di lasciarle il suo nome di origine: Hiristina.

Con lei non ci si annoia mai. È estroversa, simpatica, e soprattutto di una dolcezza infinita. Quando la guardo mi sembra di conoscerla da sempre, è come se lei l'avessi partorita io. Una volta Hiristina mi dice:<< Mamma io ero dentro nella tua pancia vero? Dai, tu sei la mia vera mamma!>> Anche se sa di essere stata adottata, mi riempie di gioia che lei mi veda come sangue del suo sangue.

Non si può dire lo stesso che per Violeta; quando Hiris ha compiuto dieci anni, abbiamo deciso di prendere in adozione un'altra bambina sempre proveniente in Bulgaria. Così ripartiamo nuovamente per quel posto, mia figlia quando rivide Sofia, mi dice:<<Mamma, menomale che questa non è casa mia.>> Sorrido a questa sua affermazione.

Visitiamo vari istituti, ma nessuno ci colpisce particolarmente. Quando arriviamo all'ultimo, mia figlia nota una bambina della sua stessa età; si sorridono, lei si avvicina e si danno la mano. Capisco subito che vogliamo lei. Anche per Violeta paghiamo e firmiamo varie scartoffie.

Una volta tornati in Italia, ci ritroviamo due bambine completamente diverse. Hiristina dolce, chiusa di carattere, molto amante della famiglia, non è bugiarda, gentile e molto ingenua; Violeta invece è: estroversa, a volte violenta e manipolatrice, non amante della famiglia; infatti a sedici anni fa i bagagli e sparisce senza farsi più sentire, lasciando un vuoto incolmabile. Ora però le ho di nuovo con me, e voglio recuperare il tempo perduto con Violeta.

Che bei ricordi che sono andata a ripescare nella mia mente, -Che effetto strano che ti fa l'ospedale-. A distogliermi dai miei pensieri, è Hiristina con mio marito, strano non vedo Violeta. <<Ciao mamma, finalmente a casa! Mi dispiace ma Violeta non è potuta venire, è uscita con un suo amico; non avertene male, glie l'ho detto io di andarci; ha bisogno di svago per tutto quello che le sta capitando.>> Mi dice con tono supplichevole, sorrido e accetto che non ci sia; in fondo potrò stare con lei il giorno dopo.

Una volta a casa, chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo per sentire l'aria del mio piccolo mondo. Hiristina mi coccola tutto il giorno e continua a ripetermi che le sono mancata molto. Restiamo tutto il pomeriggio a chiacchierare come ai vecchi tempi; stranamente anche mio marito rimane lì tutta la sera con noi; anche se non è bravo a esprimere i suoi sentimenti, si nota che è contento di riavermi a casa.

Infatti quando è ora di cena, ci da mangiare nel letto e rimane anche lui con noi: è un gesto romantico che non faceva da molto tempo. È imbarazzato ma felice. Anch'io trovo molto bello quello che ha fatto, tanto che mi alzo dal letto, corro da lui, lo abbraccio e lo bacio in modo delicato; mio marito è stupito, infatti si stacca da me, meravigliato. Poi si lascia travolgere dalle emozioni e le nostre bocche si riuniscono in unico bacio tenero e delicato: si capisce che gli sono mancata.

Mi era mancato tutto questo, ma ora voglio godermi le mie figlie, le mie due amate ragazze; e anche il mio dolce marito; ho tutto il tempo di questo mondo. Quella notte ho dormito serenamente tra le braccia di Hiristina e suo padre, sentendomi protetta e amata.

Mia sorella VioletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora