chapter 66

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Federico

Ho ricevuto una telefonata molto strana da Gioele, mi ha comunicato di andare a casa sua stando però attento a non farmi pedinare; in poche parole, nessuno si deve accorgere che sto andando da lui. Porto la mia piccola dalla nonna; ha pianto, perché voleva stare con me. Purtroppo oggi non posso fare altrimenti, ho questa commissione importante da fare.

Le do un bacio sentendo il suo dolce profumo su di me e poi con molta cautela vado da Gioele. Una volta arrivato a casa sua, busso e aspetto che mi apra. Come entro, vengo avvolto da una fragranza molto soave. Non è tipico di lui: da quando è innamorato sembra più dolce e romantico.

Cerco di non pensare a questo e mi concentro su quello che dobbiamo discutere. <<Allora, come mai questi misteri?>> chiedo in tono arrabbiato, ma mi calmo subito, appena noto che lui ha il cellulare in mano: mi fa ascoltare una conversazione strana, che che mi provoca  un' ira irrefrenabile. Non mi aspettavo che Samuele fosse dalla parte sbagliata.

<<Mi dispiace se non gliel'ho detto prima, ma come vede volevo essere certo che non fosse così! Invece ho capito bene e sono arrabbiato, confuso! Lo detesto! Mi ricorda perché facciamo questo mestiere? Perché a volte penso che mi sbaglio! Poi guardo la divisa e mi ricordo che lo faccio per un mondo migliore!>>

Mi dice con i pugni stretti. Lo posso capire: la talpa, oltre a essere un "collega", era anche un suo"amico,  soprattutto per me era uno dei migliori, e adesso si è rivelato un traditore, ha infangato la sua divisa. <<Come ci comportiamo ora?>> mi chiede guardandomi dritto negli occhi. <<Facciamo finta di niente! Aspettiamo un passo falso da lui e poi agiamo! Non devi fargli capire che noi sappiamo!>>

Gli rispondo con calma, devo essere io a incoraggiarlo e fargli capire che gli sono vicino in questo momento non idilliaco per lui. Sono il suo capo, ma per ora vorrei essergli solo amico. <<Ti sono vicino e collaboreremo insieme! Vedrai giustizia sarà fatta!>>
gli dico abbracciandolo. Di solito non lo faccio mai: il contatto umano, se posso, lo evito. Con lui però mi è venuto d'istinto come se non potessi farne a meno.

Anche lui contraccambia e lo sento piangere. <<Mi scusi! Non dovrei! Ma mi fa rabbia tutto questo! Era il mio migliore amico! Perché l'ha fatto? Noi combattiamo contro le ingiustizie! Mentre lui... È uno stronzo! Mi scusi per il mio sfogo!>> mi dice allontanandosi da me.

Lo lascio fare, perché, tutto sommato, lo comprendo. Rimaniamo d'accordo di far finta di niente con Samuele e d'incastrarlo lavorando insieme, perché se siamo in due si lavora meglio. Lo lascio solo e vado a casa di mia madre dove c'è mia figlia Giulia. Mi apre mamma e mi fa cenno di seguirla in cameretta.

Lì c'è la mia dolce stella; la guardo dormire, il mio angelo della vita. Sto per uscire dalla stanza quando la sento dire: <<Papà! Sei tu?>> le faccio cenno di si e corro ad abbracciarla. <<Dormi, che è tardi!>> Le dico accarezzandole i capelli. <<Mi racconti una storia?>> mi chiede, facendo gli occhi dolci.

Come faccio a dirle di no? Mi siedo accanto a lei e le racconto qualcosa di particolare: <<C'era una volta, una bambina dolce e molto bella, che viveva con suo padre. Una sera la piccola esce di casa senza avvisare. S'incammina nel bosco perdendosi. Il padre preoccupato, va fuori per cercare la sua amata. Appena la trova le chiede il perché se n'è andata via! Lei le dice che si sentiva sola senza di lui! Il padre le promette di starle vicino sempre, perché il tempo è prezioso e va sfruttato per stare con le persone che si amano e loro hanno bisogno l'uno dell'altra.>> terminata la storia, Giulia si mette a piangere e io con lei. <<Tu non mi lascerai mai! Vero, papà!>> mi chiede singhiozzando. <<No piccolo angelo mio! Vieni, fatti abbracciare!>> Le dico tenendola stretta a me.

Quella notte ho deciso di stare vicino a lei: non volevo allontanarmi dalla mia piccola. È in questi momenti che mi ricordo perché ho scelto di fare questo mestiere: per garantire un futuro migliore a mia figlia ma anche ad altre persone, affinché la legge e la giustizia, grazie a me e ai miei colleghi, trionfino ogni giorno.

La paura di perderla è forte, ma io cercherò di starle accanto sempre perché solo così posso essere padre e anche madre. Certe volte mi sento solo, ma quando guardo questa creatura dono di "Dio" mi sento più forte e la amo più di me stesso. Con questo pensiero, e mentre la osservo dormire, le prendo una mano e chiudo gli occhi, addormentandomi serenamente.

Il giorno seguente, appena sveglio, lascio la mia dolce bambiba ancora a letto e mi siedo alla scrivania. Poi prendo carta e penna, e scrivo i sentimenti che provo dentro di me:

~Giulia, angelo mio, da quando sei venuta al mondo il mio cuore  palpita di una gioia immensa. Sei un dono, un angelo per me. Sai? Non ti ho mai parlato di tua mamma, ma un giorno, quando sarò pronto, ti parlerò di lei e io sarò libero di amare nuovamente me stesso e te, mia cara dolce figlia. Per ora ti dico che ti voglio un mondo di bene e che tu e io staremo insieme per sempre, te lo prometto. Ora ti saluto, devo andare a fare il mio dovere; ma quando tornerò ti riempirò di abbracci e coccole. Un bacio a te, amore di papà. A più tardi. Ti voglio bene.~

Metto la letterina in una busta e la poso nel suo letto. Le do un bacio sulla sua guancia e poi esco, dopo aver indossato la divisa, quella che sa di giustizia, infine mi dirigo alla caserma. Devo assolutamente parlare con Gioele e vedere se ha ideato un piano contro di loro. Dopo cinque minuti vado al suo ufficio e mo lo trovo lì, davanti alla finestra, che guarda fuori.

Lo osservo e mi meraviglio di quanto non sia tranquillo mentre io mi sento calmo. È vero, sono io che devo trasmettere forza. Mi avvicino a lui e gli chiedo: <<Hai un piano?>> lui si volta verso di me e mi dice: <<Sì, ma è estremamente pericoloso! Devo farmi amico Matteo e soprattutto seguire a distanza quel verme di Samuele! Che ne pensi!?>> è rischioso, ma ha ragione; se vogliamo catturarli dobbiamo fare in questo modo. <<Va bene! Mi prendo la responsabilità. Ma ti prego, stai molto attento! Devi fare molta attenzione! Ti prego, me lo prometti?>> chiedo guardandolo dritto negli occhi.

Lui mi fa cenno di sì; ho fiducia in lui e nelle sue capacità, ma comunque sia devo anche aiutarlo perché non gli succeda niente di male. Quella è gente pericolosa e non voglio perdere un collaboratore in gamba, e ora anche amico mio. <<Si starò attento! Ma noi riusciremo a catturarli, vero?>> mi chiede con pugni stretti. << Ma certo, stanne sicuro! Li prenderemo!>> dico convinto.

Lo lascio solo nei suoi pensieri e mi dirigo al mio studio. La fragranza che usava mia moglie mi avvolge completamente. Così posso sentire la sua presenza e non mi sento solo. Penso a Gioele che vuole diventare amico di Matteo: forse in questo modo riusciamo a scoprire il loro covo e prenderli di soppiatto, o almeno lo spero tanto.

In quanto al  pedinamento di Samuele, la cosa è un po' più complicato del previsto: anche se è un po' di tempo che non viene al lavoro, ho lo stesso un lampo di genio. Mi alzo dalla sedia e rivado da Gioele. Busso e lui mi risponde subito. Entro e vedo lui che legge alcune carte del caso: è totalmente immerso nella lettura che non si accorge che siedo davanti a lui. <<Ehi, ho in mente una cosa importante! Mi ascolti?!>> gli dico urlando leggermente.

Finalmente ho la sua attenzione: alza la sguardo su di me e mi dice: <<Mi, dica tenente!>> ora è tornato alle formalità, ma è meglio così. <<Devi andare sotto casa del vice maresciallo e seguirlo: non devi mollarlo neanche un minuto! Chiaro? Questo è un mio ordine! Bene ora vado. Ah, un'ultima cosa: porta con te un collega fidato!>> detto questo esco da lì, senza ottenere una sua risposta; tuttavia, in cuor mio, so già che eseguirà i miei ordini. In fondo, sono un suo superiore. -Caro Samuele, hai i giorni contati. Tra non molto sarai in gattabuia, è una promessa.-

Mia sorella VioletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora