Gioele
Il mio collega mi sta parlando, ma l'ascolto solo a metà: ho la mente da un'altra parte, sto pensando a Violeta. Spero che accetti il mio invito, ho proprio voglia di vederla, e soprattutto di aiutarla in qualche modo, riguardo alla sua difficile situazione.
Lui si blocca e mi fissa: <<Che hai? Ti sto parlando ma tu niente, non mi stai ad ascoltare! Sei distratto da quando hai conosciuto quella ragazza di cui non ricordo il nome>> mi dice. È vero, ha ragione, ma non mi va di dirglielo, sbuffo e cerco di cambiare discorso: <<Senti, domani sei di riposo?>> chiedo cercando di deviare l'argomento, lui sorride: tornando sul discorso: <<Le hai chiesto di uscire? Spero di sì, dai, se non l'hai fatto chiamala>>. -Ancora! Che nervi, non ha capito niente! Non ne voglio parlare,- così mi alzo dalla sedia in modo brusco, esco dalla stanza lasciandolo solo.
Mi rendo conto di essere stato poco educato facendo così, ma sono stufo delle sue continue domande, la cosa che più odio è quando s'intromettono nella mia vita personale. Sono molto riservato, faccio fatica ad aprirmi con le persone. Ho paura di averlo offeso, così corro nel suo ufficio per chiedergli scusa ma non lui c'è più -Sarà andato via-.
Siccome non c'è molto lavoro, vado a prendere una boccata d'aria per schiarirmi le idee. Penso ancora a lei, quando l'ho vista la prima volta, ho avuto un sussulto al cuore, mi commuovo solo nel vederla negli occhi: sono tristi e colmi di malinconia. Voglio aiutarla ma sono sicuro che lei non vuole; per questo motivo ieri l'ho chiamata, la voglio vedere, tenerla stretta a me, proteggerla da ogni pericolo; spero che accetti il mio invito.
A distrarmi dai miei pensieri, è il mio cellulare: mi viene un colpo quando vedo sullo schermo il nome della persona a cui penso da un bel po'. Faccio un profondo respiro, per poi rispondere: <<Sì? Chi è?>> una voce titubante mi risponde: <<Salve, sono Violeta, voglio fargli sapere che accetto il suo invito. A che ora ci vediamo>>. Voglio fare i salti di gioia, ma cerco di contenermi: <<Bella Violè, so contento che sei riuscita a venì>> senza rendermene conto, le rispondo in romanesco, così per farmi capire le dico: <<Scusami, volevo dire... Sono contento che hai accettato il mio invito. Passo a casa tua alle venti, ti va bene? Ah e dammi del tu>> lei si scusa, mi dà l'indirizzo di casa, ci salutiamo e chiudiamo la conversazione.
Sono più sereno ora che l'ho sentita, che stasera la vedo; finalmente avrò davanti quei suoi bellissimi occhi scuri e intensi: sanno parlare della tanta sofferenza che ha e tutt'ora sta passando, vorrei tanto eliminare quella tristezza che leggo nel suo sguardo.
Guardo l'orologio: sono circa le undici e trenta, è tardi e torno in caserma per finire delle questioni urgenti. Passo un'altra ora nel mio ufficio, a definire le ultime novità sulle indagini su un caso ostico, con altri carabinieri. Siccome è un indagine segreta non tutti possono partecipare.
È un'ultima ora, la più pesante della giornata, perché si tratta di scovare alcuni malviventi che si aggirano nella zona di Parma; tra questi ci sono anche persone coinvolte nel traffico di droga e nella prostituzione, dove immagino, che sia coinvolta anche la ragazza che mi piace. Dall'alto ho ordini precisi: devo mantenere la massima riservatezza, e soprattutto cautela, visto che io sono un infiltrato; e devo stare attento! Quella è gente pericolosa, non scherza affatto, un minimo errore e sono morto.
Me ne frego, perché di sera penso all'imminente uscita con la persona che mi piace. Ho già pensato dove la porterò, sono sicuro che le piacerà molto. Nel primo pomeriggio, torno a casa fischiettando dalla gioia, sono felice ma allo stesso tempo in ansia, -E se a lei non piaccio?- mi trovo a pensare preoccupato; perché sì, lei sì che mi piace molto, e voglio riuscire a conquistarla con dolcezza, ascoltando tutto quello che mi dirà. Per fortuna sono un ragazzo che ascolta molto.
Visto che è ancora presto, decido di riposarmi un po', per poi prepararmi con tutta tranquillità. Metto la sveglia per le diciotto e mi corico, addormentandomi serenamente. -Uff, ma cos'è questo rumore? Dico a voce alta- mi giro ed è l'orologio che suona indicando che è ora di alzarmi.
Mi faccio una doccia, la barba, poi vado in camera a scegliere la roba per vestirmi. Di solito opto sempre per jeans larghi, felpa e cappello; ma per stasera, voglio fare bella figura. Così mi metto un bel pantalone blu, stretto con la cintura, una camicia azzurra, e per le scarpe scelgo di mettere le mie preferite, sono bianche con la striscia nera; per i capelli metto un po' di gel, mi metto il profumo e sono pronto.
Ed eccomi in macchina, agitato più che mai, guido con calma, arrivando puntuale a casa sua. Faccio un lungo respiro, per poi suonare al campanello, aspetto che arrivi. Ed eccola, più bella che mai.
*
Durante tutto il tragitto in macchina, non parliamo affatto, c'è un silenzio surreale. Così ne approfitto per osservarla meglio. Cavoli se è bella! Ha una gonna elegante nera a spacco, una bella camicia sul rosa antico. Quello che maggiormente mi colpisce di più è il trucco: elegante, delicato, sembra aver dipinto i suoi occhi; il color verde, risalta il suo colore castano, ma la cosa più bella è la matita, ha disegnato un piccolo gatto per rendere più efficace il trucco di partenza; i capelli sono raccolti con un elastico, per evidenziare il suo viso delicato, il tutto sembra poesia nel guardarla, è aggraziata nei modi e questo mi piace molto.
All'improvviso lei mi osserva, arrossendo un pochino, io abbasso lo sguardo imbarazzato, -Forse l'ho guardata troppo-. <<Siamo quasi arrivati.>> le dico, abbozzando un sorriso. Lei si volta a guardarmi, fa un fugace sorriso, per poi tornare a guardare fuori dal finestrino. <<Eccoci! Siamo a Busseto, città natale di Giuseppe Verdi.>> lei non si volta nemmeno, ma mi fa cenno con la testa come a dire ho capito. <<Bene ti porto in una osteria, dove il padrone e anche il personale mi conoscono>>.
Questa volta Violeta si gira a guardarmi e finalmente il suo sorriso che mi accende tutti i sensi, da quanto è magnifico e sincero <<Grazie, spero che si mangi bene, ho una fa fame!>> mi dice, <<Eccome!>> le pronuncio convinto.
Così ci dirigiamo all'osteria, che è già piena di clienti; un signore un po' grasso e vestito elegante si avvicina a noi a passo spedito: "
<<Desiderate?>> ci chiede con gentilezza. <<Un tavolo per due, mi rendo conto che è tardi, non abbiamo prenotato ma magari c'è un posto per noi, poi io sono un cliente fisso, qui conosco tutti>> gli dico speranzoso, lui fa cenno di si, e lo seguiamo soddisfatti; ci fa accomodare vicino alla cucina.
Mentre attendiamo un cameriere, mi guardo attorno, non è cambiato nulla: e sempre uguale. Sulle pareti del muro, ci sono le foto di Giuseppe Verdi; lui effettivamente trascorse qui tutta la sua vita ed è molto ammirato dalla gente del posto. Sopra ci sono le travi in legno, costruite qualche anno fa, tutte le pareti sono in muratura.
Sto ammirando il posto, quando un cameriere si ferme per prendere le nostre ordinazioni. Prendiamo un antipasto di terra, poi tortellini in brodo tipici di questa zona, e carne ai ferri. Ceniamo con tranquillità; lei si scioglie piano piano, raccontandomi qualcosa di sé.
Così scopro che è bulgara adottata, che se n'è andata via da loro giovanissima; che ha due figli uno grande e uno più piccolo; che è simpatica e dolce. È bello ascoltarla mentre si racconta.
Anche io le dico qualcosa di mio: che sono il secondo figlio di una famiglia numerosa, prima di me ho un altro fratello e una sorella più piccola; che amo la musica e dipingere in tutte le sue sfaccettature; lei mi ascolta, ogni tanto mi fa qualche domanda a cui rispondo senza problemi.
Concludiamo la serata, con una passeggiata in un parco poco distante dal locale. Soltanto allora si apre con me completamente << S..s...senti. T... Ti de... Devo parlare.>> mormora, con lo sguardo basso e titubante. La sprono a dirmi tutto: <<Forza, dimmi! Se posso ti do una mano, non devi avere paura di me.>> la obbligo a guardarmi e noto che piange, ho l'impulso di abbracciarla di stringerla forte a me; così lo faccio subito, sento il suo cuore agitato, cerco di calmarla, ma ci separiamo subito. <<L'ho detto a mia sorella di non coinvolgerti, ma poi mi ha convinta>> mi fa timidamente, <<Tua sorella è giudiziosa, ha perfettamente ragione, dai raccontami>>. La vedo chiudere gli occhi. <<Matteo... Ha scoperto tutto. Sa che non abbiamo fatto niente.>> mi dice tutto di un fiato. La lascio fare non voglio interromperla, quindi aspetto che parli di nuovo. <<Non fraintendermi, non sa niente di te, intendo dire: il tuo nome, il mestiere che fai, quindi per ora sei fuori pericolo, ma sa che non abbiamo consumato quella notte. Mi dispiace, non sapevo che Pietro ci avesse sentite, quando l'ho confidata alla mia amica, mi sento in colpa. E ora sono sotto minaccia; anche la mia famiglia, pure la ragazza che mi ha riferito tutto ciò!>>
Racconta tutto ciò, mentre le lacrime le bagnano il viso. <<Sss, calma piccola.>> le dico abbracciandola di nuovo, <<Ho bisogno di un consiglio, tu hai un'idea?>> mi chiede, trai singhiozzi.
Penso, metto in moto il mio cervello per poterle dare un consiglio migliore, poi una lampadina si accende nella mia testa: <<Senti Violè, tu hai vissuto in Sardegna vero? Hai ancora la casa?>> lei fa cenno di si, senza comprendere le mie parole: <<Mi spiego meglio: perché non partite tu, tua sorella e quella tua amica? Staccate dalla città, cambiate aria, e soprattutto, cosa più importante, state lontano da Matteo e Pietro.>> lei non risponde subito alla mia proposta, sta soppesando le mie parole: <<Sai che hai ragione? Ma con la mia famiglia? Come si può fare? Poi se partiamo, si fa dopo Natale, siamo vicini alle feste e voglio stare con loro, per festeggiare tutti insieme.>> l'ammiro molto.
<<Tranquilla, ci sono io e i miei colleghi, li proteggiamo noi, siamo qui per questo.... Dai ti accompagno a casa, sennò fai tardi va bene?>> lei fa cenno di sì.
Lungo il percorso sino a casa sua, ascoltiamo musica alla radio senza chiacchierare. Appena arrivo a casa di Violeta, le do un bacio fugace sulla guancia e aspetto che entri in casa. Poi torno nel mio piccolo mondo.
Eccomi qui a casa, felice di aver passato una bella serata con la ragazza che mi piace. Mi metto il pigiama, poi mi corico. Ho ancora il cuore che batte forte perché il suo profumo che pervade tutto. Il mio pensiero è quello di aiutarla di farla tornare l'allegria, insomma ridarle una vita serena. Con questo idea per la testa, mi addormento tranquillo. Ma un rumore in cucina mi sveglia all'improvviso.
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Mia sorella Violeta
Narrativa generaleHiristina e Violeta sono due ragazze bulgare adottate dalla stessa famiglia. La prima è sempre stata con i suoi, mentre la seconda odiava avere dei genitori ed è quindi scappata via facendosi una vita sua. La loro storia s'intreccia quando anche Hir...