Chapter 2

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Hiristina

Già, sino all' arrivo di papà . Premetto che con i miei genitori ho avuto sempre un ottimo rapporto. Sono persone stupende e che mi amano tantissimo. Quindi con loro mi trovo veramente molto bene. Soprattutto con mia mamma, che è la più dolce e comprensiva dei due, anche se è molto apprensiva.

Per me è come una sorella, con lei mi posso confidare; mi sembra, a volte, che siamo complici in tutto quello che facciamo.
Con mio padre le cose sono molto diverse, perché nonostante non sia un tipo scontroso e scorbutico, certe volte è un po' irascibile. Poi da quando mia sorella se ne è andata via, lo è ancora di più. S'infiamma per niente e a ogni mio minimo errore lui mi sgrida. Non fa paura, perché non mi picchia, ma qualche volta, con lui accanto, non so come comportarmi.

Io ho imparato solo una cosa: quando
sta in quello stato lo evito finché non gli passa l'arrabbiatura. Però devo dire che anche con lui ho passato, e passo tuttora, momenti belli.
Quando ero piccola, mi prendeva in braccio e mi faceva fare l'aereo e io ridevo di gusto.

Oppure ricordo che una volta mi ha preso e mi ha messo sulle sue spalle e correva; era il nostro divertimento. Poi sono cresciuta e molti di quei giochi sono spariti. Ne abbiamo fatti degli altri, ma tutto è cambiato con l'arrivo di Violeta: è rimasta poco con noi, ma abbastanza da sconvolgere la nostra vita e soprattutto quella di mio padre.
I suoi occhioni dolci, di un verde-azzurro e sempre sorridenti, si sono spenti d'un tratto. Io che in essi mi rispecchiavo e amavo guardarli, ora non lo faccio più perché ci leggo solo tristezza, tanta tristezza. Ogni tanto perde le staffe e si arrabbia per niente.

Questo a me fa male, perché rivorrei il mio papà di sempre, ma so che per ora non è possibile. Ho pensato di andare via per un po', perché ormai in casa si respira un'aria troppo pesante, non c'è più leggerezza e io mi sento soffocare.

Mi dispiace solo per mamma, che cerca in tutti i modi di tirare avanti la baracca. I suoi occhi, di un castano molto chiaro, il sorriso forzato, ha sempre trovato il modo di aiutare, di trovare un equilibrio tra me e papà. Oggi, però mi sento strana: credo che quando penso al passato, stia per succedere qualcosa.

Guardo l'ora e noto che è mezzogiorno: a breve torneranno e spero che papà sia di buon umore. Ho preparato il pranzo e apparecchiato, cosa che non faccio quasi mai; ma oggi voglio far loro una sorpresa e spero di aver fatto cosa la giusta. Sento una macchina, guardo dalla finestra e ho la conferma che sono arrivati.

Sono felice, ma allo stesso tempo nervosa, perché dovrò dire loro che per un po' voglio andare via da qui; chissà come la prenderanno.
Sbuffo, quando sento papà è arrabbiato. Non comprendo bene il motivo, ma capisco che è meglio aspettare a dir loro la novità. Entrano e lui guarda me, mi sta fulminando con lo sguardo. Sono meravigliata. - E ora che ho combinato? - penso, mentre lui mi si avvicina.
<<È stata una giornata pensante. Non si trovava parcheggio nei negozi, ho litigato con un signore di una certa età e, in più, non mi ritrovo le chiavi della macchina piccola. L'ultima volta, Hiristina, le hai messe via tu. Dove sono?>> mi chiede urlando.

Cerco di ricordare e mi viene in mente che sono sempre state al loro posto, così glielo faccio notare. <<Sono nel portachiavi, papà. Le ho messe lì.>> dico, abbozzando un sorriso.
<<No! Non è vero. Ho già guardato lì, e non ci sono. Quindi?>> mi risponde con un tono che non ammette repliche. Per fortuna papà non è manesco, odia alzare le mani con chicchessia, e quindi non l'ha mai fatto, né quando ero piccola e né ora che sono grande. Stranamente però mi è sembrato che oggi lo volesse fare.

Quasi mi stacco da lui, quando vedo la sua mano alzata su di me. Solo dopo mi accorgo che è per prendere qualcosa dal tavolo della cucina. <<Scusami, sono un po' stressato in questi giorni! Ma rimane il fatto che le chiavi non sono lì dove dici di averle messe.>> mi dice con più calma.
Mi tranquillizzo e gli faccio notare che il pranzo è pronto.

Mentre stiamo mangiando, richiamo l'attenzione dei miei genitori. Si voltano verso di me e attendono che io parli. <<Mamma, papà, ho deciso di andare via per un po'. Sì, lo so che siete tristi per la mia scelta, ma... vedete... ho bisogno di staccare la spina da tutto.>> il mio tono è un po' ansioso, ma era giusto che sapessero della mia decisone.

Gli occhi di papà sono colmi di lacrime. Non me l'aspettavo: lui non esprime mai i suoi sentimenti, neanche una volta, ma oggi lo fa. <<È colpa mia!>> dice, alzandosi dalla sedia e andando via.
Corro da papà e lo trovo in camera sua, sdraiato, che guarda un punto fermo della stanza. <<No, non dirlo nemmeno per scherzo. Semplicemente ho bisogno di andare un po' via da qui. Senti, per ora lasciami fare, poi ti prometto che se mi troverò male, tornerò da voi. Va bene?>>

Lui, a quelle parole, istintivamente mi abbraccia e io contraccambio con gioia. A godersi lo spettacolo è mia madre, che ci si avvicina e si unisce a noi due.
<<Dove andrai?>> chiede mamma.
Io faccio un lungo sospiro e poi dico: << Vado da Violeta. Sì, lo so, potrei andare dalla mia migliore amica, o dal mio ragazzo. Però... ho pensato che se starò da lei, potrei trovare un modo per farvi fare la pace anche tra di voi. Che ne dite?>> entrambi mi guardano stupiti, ma, dopo aver insistito tanto, accettano la mia scelta di andare da lei. Mia sorella non di sangue, no, ma di anima sì.

Così diverse, ma unite da un unico destino: quello di incrociarci nuovamente.
Io, bassa, occhi verdi, capelli sul biondo, sono timida e goffa, ma sempre pronta a dare una mano a chi ne ha bisogno. Lei, castana, occhi molto scuri, è... come dire? Una ragazza molto strana: è andata via da noi perché non ci voleva, ma io riuscirò a farla tornare dai nostri genitori.

Lascio i miei da soli e mi dirigo nella mia camera. Prima però mando un messaggio a Violeta: "Ciao, Violè! Posso venire a stare da te?"
Dopo vari secondi mi risponde: "Certo, Hiris! Dieci minuti e sono a casa tua."

Sono felice, mi alzo dal letto e preparo la mia roba. Non prendo tante cose, anche perché spero di tornare presto a casa dai miei, e poi perché voglio far in modo che ritorni pure mia sorella.
Ecco, ho tutto pronto.
Sento suonare e immagino che sia Violeta.

Saluto i miei genitori, che mi guardano tristi e poi esco. La vedo, mi sorride, metto le cose in macchina e via, pronta per una nuova avventura: si sa quando inizia, ma non si sa quando finirà, e io cercherò in tutti i modi di gustarmela giorno dopo giorno, cercando di essere me stessa in ogni situazione.
Entrambe siamo consapevoli che dobbiamo conoscerci bene e provare a fidarci l'una dell'altra.

Mia sorella VioletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora