Hiristina
Rientro a casa, dopo aver fatto una bella passeggiata al mare. Violeta è seduta nel letto ed è strafelice. <<Che succede?>> chiedo sbigottita. Mia sorella non mi risponde ma continua a sorridere: il suo è un sorriso sincero, persino gli occhi ridono. È veramente contenta. <<Mi spieghi?>> richiedo con calma e cercando di capire. << Quando tornerò a Parma, Gioele mi chiederà la mano! Finalmente mio figlio avrà una famiglia, e io avrò una persona che mi ama e che mi apprezza. Sei contenta sorellina?>> mi dice Violeta allegramente.
Eccome se lo sono, finalmente lei uscirà da quel tunnel in cui è entrata. <<Stasera dobbiamo festeggiare! Che dici, invitiamo anche la mia amica Sofia? Ti va?>> le dico dandole un bacio. Ci voleva una bella notizia, dopo tante cose brutte che ci sono successe ultimamente.
Poi all'improvviso mi viene in mente una cosa e lo faccio notare a Violeta. <<Devi dirlo a tuo figlio! Ha il diritto di saperlo no?>> sono sicura che lui lo accetterà, ho visto come si guardavano al periodo di Natale. Gioele lo guardava come se fosse già suo figlio: è perfetto come padre. Sì, saranno una bella famiglia, e io li appoggio, li vedo proprio bene.
Violeta mi guarda con evidente paura. <<E se non accetta? In fin dei conti non è suo padre, magari non vuole.>> lo dice con un tono malinconico. <<Dai, provaci! In fin dei conti devi farglielo sapere!>> decido di lasciarla sola e mi dirigo da Amelia per discutere di qualcosa di molto delicato.
Eccola, sta guardando fuori dalla finestra, è preoccupata, triste. È la prima volta che la vedo in quello stato, io sono abituata a vederla forte, serena e sempre con la battuta pronta. Mentre ora, beh è strana. Con delicatezza mi avvicino a lei, le accarezzo il viso e le chiedo: <<Che c'è sorellina? Che cosa ti angustia?>> lei si gira verso di me, sta piangendo e io automaticamente l'abbraccio.
<<Ehi, dimmi tutto!>> anche se immagino il motivo del suo stato d'animo, vorrei sentirglielo dire. <<Ho paura a far venire i miei, anzi i nostri genitori! Tu come reagirai? Li accetterai? Non so, ho un timore>> mi dice. Ecco adesso ho capito, anche io avevo le sue stesse paure. Ma quello per me è un problema secondario ora, perché io ho una mamma e un papà e sono felice così.
Anche se non nego che li voglio conoscere, -Questa signora assomiglierà a me? Oppure no?- Ho sempre sperato di vederla e ora che ne ho la possibilità, ho timore di quello che può accadere. Ma ora, quello che mi preme è Carolina: bisogna telefonarle e trovare un modo per non farle capire che sappiamo tutto.
Decido di esporre i miei dubbi a Amelia. <<Senti, dobbiamo escogitare un piano contro Carolina! Riguardo i nostri genitori io li accetterò, va bene?>> dico con sincerità. Mia sorella mi sorride e poi mi risponde: <<Ah, io ho un piano! Minacciamola pure noi! Che ne dici! Mettiamola con le spalle al muro! Diciamole che faremo del male a Matteo! Io so che loro si amano!>> è un'ottima idea, però dobbiamo aspettare Violeta. <<Eccomi! Sono felice! Mio figlio non vede l'ora che mi sp...>> ma Violeta si blocca quando vede le nostre facce. <<Beh, che succede?>> chiede, turbata. <<Dobbiamo telefonare alla nostra nemica, ricordi? Dai Amelia ha avuto una buona idea, sai?>> dico facendo l'occhiolino alle mie sorelle.
Violeta si rattrista, non ci fa nemmeno una domanda circa la nostra decisione e compone il numero del nostro incubo. Mette il vivavoce e sentiamo una voce femminile dirci: <<Finalmente! Ci avete messo molto a chiamare! Indovinate chi sono?>> sibila come un serpente. Noi sorridiamo tra di noi e poi parlo io, -Ma perché sempre io uff?- mi domando, ma non è tempo di ribattere, semmai è il momento di eseguire il nostro piano.
Ma lei ci prende in contropiede. <<Se non tornate a Parma, I genitori di Amelia moriranno! Non scherzo!>> noi rimaniamo di sasso. Guardo Amelia: è immobile e serra i pugni per la rabbia, ma anch' io ho un asso nella mia manica. <<Senti, stronza! Non ci fai paura! Noi sappiamo una cosa tua molto personale. Se tu vuoi uccidere la famiglia della mia amica, noi faremo del male a Matteo. Sappiamo che lo ami!>> dico con un tono deciso e risoluto.
Non deve vincere lei ma noi. <<Maledette! Volete la guerra e guerra sia! Vi credete più furbe di me! Ma non è così!>> senza aggiungere altro, chiude la chiamata. Ridiamo, perché le abbiamo fatto capire che non abbiamo paura di lei; che siamo forti e che lotteremo per i nostri sogni e per la nostra vita. <<Stasera festeggiamo, che ne dite?>> dice Amelia più serena. Noi facciamo cenno di si con la testa.
È la prima volta che facciamo qualcosa senza discussioni, come vera famiglia, il mio cuore si sente finalmente in pace come me. Stranamente, mi viene da pensare alla nuova conoscenza che farò, ma non sono preoccupata, perché sono sicura che riuscirò a prenderla con filosofia. Voglio dire: avrò ben due madri e io ho imparato a perdonare prima me stessa e poi loro. Ed è merito dei miei genitori adottivi se riesco ad accettare tutto ciò.
Ritorno alla realtà, guardo l'ora e noto che bisogna pranzare; dopo la colazione, non abbiamo più messo altro sotto i denti. <<Mangiamo?>> dice Amelia leggendomi nel pensiero. <<Pensavo alla stessa cosa, sai?>> dico sorridendo. <<Panini?>> chiede Violeta di botto.
Accettiamo e usciamo a comprare affettato e del pane. Vista la bella giornata, mangiano a un parco lì vicino. Il sole è tiepido, gli uccelli cinguettano liberi nel cielo, si sente nell'aria l'arrivo della primavera.
A me piace molto, perché non è caldo ma lascia spazio ai nuovi amori, allo sbocciare dei fiori e al profumo candido delle rose appena nate. Assaporo la freschezza della nuova nascita e io rinasco di nuova luce e, guardando gli sguardi delle mie sorelle, capisco che anche loro si sentono come me.
Rientriamo a casa. Decido di invitare anche Sofia alla pizzata di stasera, la voglio coinvolgere il più possibile. Per mia fortuna accetta volentieri, mi scrive che prenota al "Ghiottone" per le 21.00. Bene, abbiamo tempo di rilassarci e di prepararci. Mentre Violeta e Amelia riposano nella camera grande, io decido di entrare nella mia cameretta.
Frugo e trovo dopo un po' una penna e una carta bianca: quest'ultima è come me, cioè pronta per essere riempita di parole, che daranno vita ai miei pensieri e ai sentimenti più nascosti del mio essere. La osservo per un po' e poi, tremando, inizio a scrivere nero su bianco tutto quello che esce fuori dal mio cuore:
~Cara Amelia! O preferisci sorellina? Non so nemmeno io come come chiamarti. Forse è meglio Amelia, almeno in questa lettera. Mentre tu di là stai riposando, io sono qui a scriverti, anche se non ho ben capito il perché.
Ma forse non c'è un motivo, una cosa si fa perché è il cuore a dettarlo. Quando la prima volta ti ho conosciuto, mi sei stata subito antipatica. Forse è la mia gelosia nei tuoi confronti a farti renderti nemica ai miei occhi. Ti vedevo così legata a Violeta che mi mandava in bestia.
Tu la conosci bene mentre io no. Ancora adesso io faccio fatica a capirla, ma tu invece la comprendi benissimo. Come fai? Io ancora non lo so. Poi mi hai rivelato la tua identità, chi sei, da dove vieni e cosa ci lega. Siamo gemelle e, io ne sono davvero molto felice. Ho imparato ad apprezzarti, a volerti bene e a non odiarti.
Di questo devo ringraziare i miei che mi hanno insegnato valori genuini, come la sincerità, la famiglia. Ti mentirei, se ti dicessi che non ho paura di conoscere i nostri genitori. Sarei un'ipocrita. Invece ti prometto che li accetterò e non li odierò; al contrario cercherò di volergli bene. Magari non riuscirò subito nel mio intento: dammi un po' tempo di metabolizzare il tutto.
Comprendimi, ho due genitori e adesso me ne ritrovo quattro: per me è stato come una doccia gelata. Sapere che abbiamo sofferto entrambe mi fa stare meglio vuol dire, che saremo più unite che mai. Non voglio però dilungarmi più di tanto. Concludo, dicendoti che ti voglio molto bene e che si sei la mia sorellina. Il nostro è un legame forte, che nessuno spezzerà mai. Io ti starò accanto sempre: qualunque cosa accada, noi siamo gemelle, non scordarlo mai.~
Termino soddisfatta, la metto dentro la busta e la porto in camera, dove stanno riposando. Sono felice, perché ho aperto me stessa a lei, sono più matura e sono pronta ad affrontare ogni ostacolo accanto a loro. Guardo l'ora: sono le 19.30, è tempo di prepararsi per l'imminente uscita. Chiamo le due dormiglione, che, appena aprono gli occhi, mi guardano complici. Ecco la mia famiglia: loro sono la mia casa, il mio mondo, il mio tutto.
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Mia sorella Violeta
Fiction généraleHiristina e Violeta sono due ragazze bulgare adottate dalla stessa famiglia. La prima è sempre stata con i suoi, mentre la seconda odiava avere dei genitori ed è quindi scappata via facendosi una vita sua. La loro storia s'intreccia quando anche Hir...