chapter 16

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La mattina seguente mi sveglio agitata, ho fatto un brutto sogno anche se non me lo ricordo affatto, mi sento spaventata, ho una brutta sensazione come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa, forse è per via dell'incubo, o forse per la mia agitazione, ma quel magone che ho dentro sento che mi accompagnerà per tutta la giornata.

Mi dirigo in cucina per dissetarmi, stranamente ha un effetto calmante su di me, per poi tornare nella mia stanza dove vedo mia sorella già sveglia.

Ci salutiamo con un bacio, poi lei si allontana da me facendosi seria <<Sorellina perché i nostri genitori hanno deciso di adottarci?>> mi chiede, spiazzandomi, cerco di riordinare le idee il meglio possibile, e poi pronuncio queste parole, stupendomi di me ste stessa <<Non ne so il motivo, so solo che è stato il loro cuore a scegliere prima te e poi me. Ti racconto quello che è successo a me; io giocavo tranquilla con la mia amica del cuore. La mia direttrice mi chiamò dicendomi che c'era una coppia che mi voleva conoscere.
Quando li notai, il mio cuore mi ha "parlato", facendomi capire che erano loro che volevo. I nostri occhi s'incrociarono, provando emozioni forti. Nonostante fossi piccola a malapena sei anni, compresi che erano loro le persone che volevo accanto a me. Corsi ad abbracciarli senza neanche conoscerli affatto, erano degli estranei per me ma io feci lo stesso quel gesto spontaneo; ad averci scelto erano stati i nostri cuori. Mi capisci, Violè? Loro hanno fatto una cosa meravigliosa con noi due, sono stati coraggiosi, hanno affrontato tante lotte per averci, semplicemente perché ci vogliono bene. Ci vogliono, e tuttora ci vogliono bene. Lo stesso discorso vale per te, noi per loro siamo i doni più preziosi>>.

Concluso il mio discorso, scruto mia sorella: è commossa; ci stiamo per abbracciare quando sentiamo bussare alla porta: vado ad aprire è mamma, bella e pimpante. <<Allora, siamo già in piedi? Oggi si va a fare pic-nic in un posto magnifico, il luogo l'ha deciso papà. Quindi preparatevi che tra poco si parte, ah mettetevi scarpe comode, chiaro?>> esce dalla stanza, lasciandoci nuovamente sole.

Violeta mi dà un bacio, per poi andare a vestirsi. Anche io inizio a prepararmi, mi metto la tuta e le scarpe da tennis. Non mi trucco, voglio essere acqua e sapone. Una volta pronta, vado in cucina dove c'è mamma che sta preparando il cestino del pranzo. C'è ogni ben di dio, tramezzini, panini di vario genere: a vederli mi viene l'acquolina in bocca.

Dopo cinque minuti mi raggiunge anche mia sorella, stranamente anche lei ha messo una tuta ed è poco truccata. Insieme a papà aiutiamo mamma a caricare le cose in macchina per poi partire verso la nostra meta. <<Mamma dove stiamo andando di bello?>> Chiedo incuriosita, lei sorride e fa :<<Andiamo a Mantova, Hiris, se non sbaglio è la tua città preferita! Che ne dite?>> sono felice finalmente vedrò la città che ho sempre amato: è la prima volta che ci andiamo; sono emozionata non vedo l'ora di arrivare.

Durante tutto il tragitto, sono in ansia, ho una sensazione brutta, come se da un momento all'altro deve succedere qualcosa. Cerco però di nasconderla, cantando con i miei allegramente la canzoni di Laura Pausini, la mia cantante preferita.

Dopo un'ora e un quarto di viaggio, arriviamo a Mantova la città della cultura. Finalmente vedrò il duomo di Mantova: il luogo di culto per eccellenza di questa città. Costruita nell'epoca paleocristiana, fu, inizialmente di stile Romanico, ma venne poi modificata dai Gonzaga, persone dell'alto rango di quel periodo. <<Bene, che vogliamo fare?>> a parlare è papà, io lo guardo e gli dico <<Andiamo a vedere per prima il duomo? Poi troviamo un parco per il nostro pic-nic, e dopo pranzo continuiamo la nostra gita, vi va bene?>> tutti accettano entusiasti.

Una volta parcheggiata la macchina, decidiamo di passeggiare per le vie e per assaporare la bellezza del posto. A piedi si riesce ad ammirare maggiormente ogni minimo dettaglio, che non in autovettura. Una volta arrivate al Duomo, rimaniamo incantate dalla sua maestosità: si nota che è una costruzione bene fatta; all'interno è stata ricostruita da Giulio Romano, e ricorda lo stile all'antica della basilica di San Pietro a Roma. Le pareti e la facciata sono quelle invece originali.

Rimaniamo lì incantati per un po’, per poi silenziosamente uscire da quel luogo sacro. Riprendiamo la nostra macchina, e cerchiamo un parco nei d'intorni: lo troviamo e giungiamo al lungolago inferiore.

Siamo in mezzo alla natura incontaminata: rimaniamo ipnotizzati da un lago bellissimo, pieno di anatre ed altri animali; a me ricorda molto il Parco Ducale di Parma. Ci sono alberi di vario genere e fiori dai colori sgargianti e profumati.

Riusciamo a trovare ombra sotto un albero maestoso, e mettiamo lì il nostro tavolo con sopra la tovaglia; visto che sono solo le undici decidiamo di farci un giro in mezzo alla natura. <<Violeta, vieni con me per favore?>> chiede papà. La lascio andare con lui, e io raggiungo mamma, vicino al lago.

Sto chiacchierando con mamma, quando vediamo papà e mia sorella raggiungerci, chissà cosa si sono detti, hanno gli occhi lucidi quindi deduco che hanno risolto le loro incomprensioni, ora si che ci possiamo definire una famiglia unita.

Consumiamo il pranzo con tranquillità, poi mamma e papà decidono di riposarsi, mentre io e Violeta andiamo a esplorare il posto. <<Deduco che tu e papà avete chiarito.>> dico di punto in bianco, lei mi fissa e poi con naturalezza mi dice: <<E sì, ma non posso dirti nulla mi dispiace, glie l'ho promesso>> non insisto e continuo a guardare il lago innamorandomi di quel luogo incontaminato.

All'improvviso sento un cellulare squillare guardo se è il mio, nulla poi mi giro verso di lei :<<Sento un
telefono, è il tuo?>> lo tira fuori e fa una faccia imbronciata :<<Si, è il mio, ma è un numero sconosciuto, rispondo, chissà chi è!>> esclama, meravigliata.

Mette il vivavoce, per far sentire anche a me la conversazione: <<Si, pronto?>> dice mia sorella; per un po’ silenzio totale, poi una donna dall'altra parte del cellulare risponde in modo agitato: <<Sei Violeta? Io sono Amelia! Ricordi? La ragazza che ti ha aiutato a trovarti la roba da vestire, ti ho raccontato tutta la mia storia.>> Violeta è paonazza, quasi non respira, a malapena riesce a parlare <<D...di...dimmi? Mi ri...ricordo di te che succede? Come fai ad avere il mio numero di cellulare?>> Amelia fa un respiro e prosegue; senza giri di parole <<Sei in pericolo! Matteo ha scoperto tutto, è come impazzito! Ti ricordi che mi hai parlato di un ragazzo? Tu mi hai raccontato che non avete fatto niente, solo un bacio ed è finito tutto lì. Ecco, non so come, Pietro ci ha sentite che ne parlavamo: siccome lavora per quello stronzo è andato subito a riferirglielo; oggi è venuto a casa mia e mi ha minacciato di brutto, ho paura! Il tuo numero me l'ha dato lui per potertelo riferire.>>

La sua voce è tremante, si sente che è terrorizzata, conclude nel chiederle se si possono incontrare domani mattina a Parma per raccontarle meglio il tutto, Violeta accetta e poi chiude la chiamata. <<Da sola non ci vai sia chiaro vengo pure io, può essere una trappola!>> lei mi guarda meravigliata, si mette a piangere e io l'abbraccio forte. Non ci sono parole per descrivere la tristezza che abbiamo entrambe nel nostro cuore: una gita bella si è trasformata in un incubo di cui non riusciamo a venire fuori. Quella più in pericolo però è mia sorella, e io devo trovare il modo di aiutarla.

Risquilla il cellulare, Violeta spaventata non riesce a rispondere, faccio io le sue veci <<Pronto? Chi è?>> pronuncio, una voce maschile mi risponde: <<Sono Gioele, il maresciallo di Colorno, potrei parlare con Violeta?>> sorrido e passo il cellulare a mia sorella. <<Sono Violeta, come fa ad avere il mio numero?>> lo sento sorridere per poi dire: <<Sono un carabiniere ricordi? Riesco a rintracciare ogni persona. Ad ogni modo telefonavo, ehm sai, ecco. Si ecco, voglio chiederti se ti va di uscire con me domani sera o dopodomani. Sai abbiamo interrotto bruscamente la nostra conoscenza e vorrei rivederti.>> confessa in modo imbarazzato.

Violeta è spiazzata, conclude la chiamata, dicendogli che ci penserà e lo ringrazia. <<Accetti vero? Dai, sorellina, gli piaci.>> dico io, una volta terminata la conversazione, lei sbuffa. :<<Non so vediamo, ora non decido nulla. Ammetto che è bello, mi affascina, ma ho paura!>> confessa. <<Dai, torniamo dai nostri genitori.>> Replica lei, per cambiare argomento. Non insisto, e intanto raggiungiamo mamma e papà.

Facciamo un ultimo giro panoramico di Mantova, per poi tornare a casa. In macchina siamo silenziose. La giornata, da una parte è stata bella: era dà un po’ che non si faceva una gita tutti insieme, poi papà ha riallacciato i rapporti con Violeta; ho come l'impressione che a casa si respirerà un clima più bello e mite.

Dall'altra parte, la telefonata di quella ragazza desta preoccupazione e si aggiunge alla lista dei problemi che abbiamo. Non bastavano la droga e la prostituzione, adesso ci sono pure le minacce e la violenza, sia fisica che mentale. Una volta a casa, né io e né Violeta ceniamo: siamo esauste, ciascuno di noi va nella propria stanza. Domani ci attende una giornata pesante, affrontare Amelia. Mi addormento subito, senza pensare al giorno seguente.

Mia sorella VioletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora