Giocherello con la tovaglia distrattamente, mentre aspetto con ansia che dall'altra parte del telefono, lei mi risponda. Sussulto quando sento la voce che ho tanto desiderato sentire in quel momento. <<P...pr...pronto chi parla?>> risponde in modo assonnato; aspetto un po' a rispondere, per poi dirle: <<Mamma sono io, Hiristina. Scusa l'ora ma ho bisogno di te.>> <<Ma sei impazzita? Ma è questa l'ora di chiamare? Qui se non te ne sei accorta c'è gente che vuole dormire, me compresa!>> Beh, non ha tutti torti: sono le cinque del mattino. A quest'ora bisognerebbe essere in un comodo letto, a dormire serenamente; ma se ti chiami Hiristina, allora non si può più dare nulla per scontato. Ormai la mia vita è stravolta da eventi più grandi di me, ci sono dentro sino al collo.
Mi metto a piangere come una bambina desiderosa di qualcosa, a quel punto mamma capisce che qualcosa non va, lo comprendo dal tono della sua voce: <<Amore, per favore calmati, spiegami cos'è successo, così mi fai preoccupare!>> Cerco di rilassarmi, mi asciugo gli occhi, faccio un profondo respiro e le dico: <<Per telefono non riesco a dirti nulla, è troppo lunga la storia. Vieni a casa per favore, ho bisogno dei tuoi abbracci, quegli abbracci che solo tu sai darmi.>>
• Lei accetta, allora concludo la chiamata, dandole l'indirizzo di casa. Nel mentre che aspetto l'arrivo di mia mamma, il mio pensiero va a Violeta. Chissà in questo momento dove si trova, e se quello stronzo di Matteo non le ha fatto del male; chissà cosa vuole da lei... Se ho capito un pochino il soggetto, credo nulla di buono.
Provo a comporre il suo numero di cellulare, ma mi risponde la segreteria telefonica, -Bene- penso in modo ironico, ora più che mai sono agitata, -Sorellina mia dove sei?- Mi ritrovo a parlare a voce alta, sorrido tra me e me, forse sto impazzendo, oppure sono già pazza.
All''improvviso circa dopo un'ora sento il suono del campanello. guardo prima chi è, dall'occhio magico. Subito mi rilasso, appena vedo che è mamma. Le apro all'istante. Non fa in tempo ad entrare che io già l'abbraccio forte me, senza darle il tempo di dire o fare qualcoda. Il suo abbraccio mi trasmette quel profumo da donna che ha un effetto calmante su di me.
Restiamo non so per quanto tempo cosi abbracciate, per poi scioglierci da quell' abbraccio affettuoso. A iniziare a parlare è mamma: <<Allora tesoro che cosa succede? Ti devo confessare che la tua chiamata enigmatica mi ha lasciato di stucco. Mi puoi spiegare che succede?>> non ho coraggio di guardarla in faccia, poi le dico: <<Prima siediti, perché quello che ti sto per raccontare è molto brutto; da sola non riesco a gestire tutto>>. Ora il volto di mamma è sconvolto, non ha voglia di ribattere, quindi si siede e aspetta che io parli.
Finalmente, mi libero dal peso che mi attanaglia, inizio a dirle tutto. Di Violeta che ha litigato con suo figlio per non essere andata alla sua recita all'asilo; di come poi uscendo dalla casa di suo figlio Nicola, si è ritrovata per puro caso in una discoteca; di come ha conosciuto Matteo uno spacciatore, che le ha dato droga; e di come è riuscito a convincerla a prostituirsi.
Gli racconto anche del bar che è in crisi, di come però io e i miei amici stiamo cercando di sollevare le sorti del locale. Finisco il racconto dicendo che ieri, al termine della prima serata al bar, tra l'altro andata bene, appena tornati a casa, Matteo ci ha aspettato, ha preso Violeta e l'ha portata via con sé; di come ho provato a chiamarla ma niente, si inseriva sempre la segreteria.
Gli dico pure che ho promesso di aiutarla, ma che mi rendo conto che da sola non posso farcela; ed è li che maturo l'idea di chiamare mia mamma.Alzo lo sguardo per guardarla, leggo nei suoi occhi paura, sgomento, e tanto altro che non riesco a decifrare; <<In tutto questo tempo ti sei tenuta tutto dentro! Pensavo che io per te contassi qualcosa, ma a quanto pare no. Io credevo che ti fidassi di me!>> le sue parole pesano come macigno nel mio cuore, ha ragione: sono stata una stupida a pensare di fare tutto da sola. <<Mi dispiace mamma, ma adesso l'ho capito, e ti chiedo di aiutarmi, di aiutare tua figlia Violeta, forse non tutto è perduto.>> le dico, sperando in una risposta positiva, che arriva all'istante: <<Ma certo, siete le mie figlie, nel bene e nel male. Ricordati una mamma, perdona sempre, ed è sempre pronta a dare una mano. Voi siete il dono più prezioso che ho.>> mi commuovo alle sue parole, tanto che la abbraccio di nuovo.
Meno male, mamma ha deciso di rimanere con me tutto giorno; chiama papà per avvisare che non tornerà per pranzo; sento papà un po’ arrabbiato, poi si tranquillizza quando mamma lo avvisa che nel primo pomeriggio tornerà da lui. <<Mamma! Mi accompagni al bar?>> le chiedo in tono allegro, lei mi sorride e mi risponde: <<Certo che sì, anche perché voglio un caffè fatto da te.>>
<<Perfetto, mi preparo e andiamo.>> le dico sorridendo.Mi preparo, prendo la chiave, credendo che fosse chiuso, e c'incamminiamo per raggiungere il locale. Una volta arrivate, notiamo che è già aperto e pieno di clienti; vediamo Violeta che serve già i tavoli.
La vorrei schiaffeggiare: io mi preoccupo per lei, rimango sveglia tutta la notte pensando dove cavolo possa essere, e lei si presenta al lavoro come se niente fosse, -E no questo è troppo-, sono arrabbiata.
Con mamma mi avvicino a mia sorella, noto che è sconvolta quanto me. Quando ci vede, non ci degna neanche di un saluto, ma continua il suo lavoro senza fermarsi un minuto. Noi rimaniamo paralizzate; tutta l'arrabbiatura vola via velocemente: lei è piena di lividi in tutto il corpo, ha un occhio nero, il labbro completamente rosso dal sangue, quel bastardo deve averla picchiata senza pietà. Senza che me ne accorga, alcune lacrime mi solcano il volto, mentre mamma mi stringe forte la mano, calmandomi. <<Dobbiamo parlare con Violeta, Hiris, c'è qualcuno che può sostituirla?>> mi chiede mamma, speranzosa. <<Si, mamma, può farlo Carolina. Ora la chiamo e l'avviso>>. Faccio così, in meno di dieci minuti è già qui; l'avviso che deve rimanere sino alle due, lei accetta; poi faccio cenno a Violeta di avvicinarsi, <<Che c'è?>> risponde in modo brusco, <<Calma dobbiamo solo parlarti, ma non qui, usciamo fuori>> risponde mamma con calma ma nascondendo il suo nervosismo; mia sorella sbuffa, ma siccome non ha scelta accetta.
A piedi tutti e tre raggiungiamo un parchetto lì vicino.
<<Bene ora che siamo sole, mi spieghi che è successo? Sappi che Hiris mi ha raccontato tutto ieri notte, il resto tocca a te.>> a parlare è stata mamma, il suo tono è dolce e pacato, per non spaventare sua figlia e perché capisce che la situazione è più grave del previsto.Violeta mi guarda male: non voleva che le riferissi della sua situazione a mamma, <<Mi dispiace, ma non ce la facevo più, mamma è qui per aiutarci per aiutare te, ti vuole bene e lo sai, confidati con noi.>> le pronuncio quelle parole con dolcezza, finalmente si sblocca e ci dice: <<Mi ha minacciato se parlo! Mi ha picchiato, costretto a fare sesso e a dormire da lui, in più vuole che continui a prostituirmi. Aiutatemi, non so più che fare.>> dice scoppiando in lacrime, noi la abbracciamo, per farle sentire la nostra vicinanza.
Mi allontano da lei e le grido: <<Lo devi denunciare, chiaro!>> lei mi guarda impaurita, <<No non ci penso proprio, quello farà del male anche a voi, è gente che non scherza>>, in tutto quel tempo mamma ci ascolta, poi guarda ad entrambe e dice: <<No questa volta si fa a modo mio, prima si denuncia questa persona; non sarai mai sola, tranquilla, ci saremo io e tua sorella, poi venite ad abitare da noi.>> Violeta, commossa, la abbraccia forte, senza mai smettere di ringraziarla.
Restiamo al parco un altro paio di minuti, poi con l'ansia nel cuore, ci dirigiamo alla caserma dei carabinieri. Un signore alto ci fa accomodare nella sala d'attesa, poi dopo dieci minuti arriva il
maresciallo, un ragazzo snello e dallo sguardo magnetico.Appena Violeta lo vede, rimane perplessa. <<Tu qui?>> le dice lei, <<Io ci lavoro.>> risponde lui, con un forte accento romano. <<Sono il comandate di questa caserma, piacere Gioele, con chi ho il piacere di parlare?>> Rimaniamo zitte per un po’, poi sprono Violeta a dire qualcosa; lei mi guarda, quasi volesse attingere forza da me e pronuncia queste parole: <<Sono qui per una denuncia, posso parlarne con lei?>> dice, in preda all' agitazione. <<Bene, voi due fuori!>> rivolgendoci a noi, <<Tu con me!>> così mentre io e mamma aspettiamo nell'atrio, Violeta segue il carabiniere nel suo studio, speranzosa.
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Mia sorella Violeta
Fiksi UmumHiristina e Violeta sono due ragazze bulgare adottate dalla stessa famiglia. La prima è sempre stata con i suoi, mentre la seconda odiava avere dei genitori ed è quindi scappata via facendosi una vita sua. La loro storia s'intreccia quando anche Hir...