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Finito il pranzo parliamo del più e del meno e solo ora, a diciannove anni riesco a capire i problemi economici delle persone. Ho capito che molte persone per ottenere ciò che vogliono e per realizzare i propri sogni devono fare dei sacrifici e sicuramente non hanno tutto come me, che appena desidero qualcosa mio padre me lo fa trovare. Si sono fatte quasi le quindici e dovrei proprio tornare a casa per studiare: domani ho la seconda prova. "Marco, puoi accompagnarmi a casa? Devo studiare per domani." Marco mi guarda, "Io veramente devo tornare a lavoro." dice dispiaciuto. "Giulio magari potresti accompagnarla tu." mio fratello guarda il suo amico. "Mi dispiace amico ma tra poco vado a fare volontariato." Giulio sembra proprio una brava persona, gentile e premuroso. "Posso accompagnarla io, abitiamo nella stessa città." No vi prego non Davide. Guardo mio fratello sperando che mi aiuti, ma non fa una piega, "No, Davide sei troppo gentile. Posso prendere un autobus." dovevo trovare una via d'uscita ed eccola qui. "Non puoi prendere l'autobus alle tre di pomeriggio, sarebbe troppo affollato e hai detto che devi studiare, prendendo l'autobus impiegheresti il doppio del tempo per tornare a casa." fa un sorriso finto. "Davide non ha tutti i torti." interviene Marco, "Si ma ha la moto e non posso salire sulla sua moto, sarebbe troppo pericoloso e..." mi interrompe, "In realtà ho la macchina, finito l'esame sono tornato a casa ed ho cambiato mezzo di trasporto."

"Allora no vedo dove sia il problema." mio fratello si alza e accompagna me e Mister Cappellino alla porta. Non mi ha dato nemmeno il tempo di salutare Giulio. Non capisco perché Marco mi abbia detto di stare lontana da Davide e poi mi abbia spedita a casa con lui. Qualcosa non quadra. Dopo una lunga battaglia sulla scelta di scale o ascensore mi ritrovo tremante con la mia più grande paura: la claustrofobia. Non riesco a credere che questo ragazzo sia talmente idiota da mettere a rischio la mia vita facendomi entrare in quella minuscola scatola che finalmente si apre lasciandomi respirare. Lo odio. Quel che mi da più fastidio è che mentre io soffrivo in quell'ascensore lui rideva e si divertiva. Mi conduce ad una Fiat Punto, una macchina azzurrina .Accende la radio e si sente un boato che mi fa sussultare, "Musica metal." ammette lui guardandomi, "Spegni" dico con un tono seccato, lui alza il volume e io faccio per premere il pulsante in modo tale da spegnere quel rumore assordante, ma poco prima che il mio dito potesse toccare il pulsante, Davide mi afferra per il polso, ha una presa forte ma non mi fa del male, mi volto e trovo i suoi occhi scuri che si intrecciano con i miei verdi smeraldo, rimaniamo in quella posizione qualche istante, lui scuote lentamente la testa "Non spegnere la musica" dice lentamente come se fosse una minaccia, scandisce bene le parole. Io mi divincolo dalla sua presa, incrocio le braccia al petto e mi volto a guardare fuori dal finestrino per evitare il suo sguardo. Odio lui e la sua strafottenza. Non posso permettere che mi tratti così, e non posso lasciare che mi riporti fino a casa, se papà lo vedesse potrebbe pensare che frequento gente del genere e non è assolutamente vero, non voglio avere niente a che fare con lui. "Lasciami qui" dico senza un minimo di espressione, lui ferma la macchina e io scendo senza dire niente, anche lui resta in silenzio. Appena apro la porta trovo mamma che piange in salotto.

"Mamma!" mi precipito da lei, ho paura di scoprire cosa sia successo. Lei non smette di piangere e non capisco il perché. "Cosa succede?" oramai sto piangendo anche io. Lei non riesce a parlare, non so cosa stia succedendo. "Ho ottenuto il lavoro come capo redattrice al giornale." fortunatamente il suo era un pianto di gioia e non posso che essere felice per lei, merita questo ed altro. "Mamma ma è una bellissima notizia" le sorrido e lei sembra calmarsi, "E se non fossi pronta?" leggo la paura nei suoi occhi, "Mamma stai tranquilla, è una vita che fai questo lavoro, sei più che pronta" la riassicuro. "Ora bevi un caffè. Io vado di sopra studiare." le annuisce, si sta calmando e io salgo in camera mia. Papà deve essere ancora a lavoro visto che di sotto non c'era e se lui avesse visto la mamma in lacrime avrebbe dato di matto. Mamma ora deve solo calmarsi così questa sera può dare la bella notizia a papà, pensandoci bene dovrebbe chiamare anche Marco per dirglielo, sarebbe felice per lei. Il cellulare inizia a squillare: parli del diavolo e spuntano le corna. "Marco dimmi" perché mi ha chiamata? Ci siamo visti poco fa, "Sei tornata a casa? Stai bene?" chiede lui tutto preoccupato dall'altro capo del telefono. "Si, sto bene. Perché?" mi sta mettendo in ansia, "Davide quindi ti ha riportato subito a casa?" questa storia è strana "Si. A proposito: perché prima mi dici di stargli lontana e poi mi mandi a casa con lui?" sono leggermente arrabbiata. "Si è offerto lui di farlo e se in questi ultimi anni al liceo ho imparato qualcosa é di non contraddire mai quello lì." la linea telefonica è disturbata, "Ora devo andare. Stai attenta" riaggancia, cosa voleva dire? Non mi ha dato nemmeno il tempo di dargli la buona notizia. Forse però sarebbe meglio se fosse mamma a dargliela, più tardi la convincerò; ora è meglio studiare. Si sono fatte le cinque e non ho ancora aperto libro.

Qualche ora più tardi mamma mi chiama per scendere a cenare e papà inizia a tartassarmi di domande sull'esame di oggi, al contrario non mi chiede niente per quanto riguarda l'altro suo figlio, evita l'argomento. Mamma gli da la buona notizia e lui si dimostra contento anche se evita di farlo vedere. Secondo lui, un uomo di classe mette raramente in mostra i suoi sentimenti, specialmente in pubblico.

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Buon giorno! Questo è il settimo capitolo e le visualizzazioni della storia aumentano di giorno in giorno, non posso fare altro che dirvi: Grazie.

25/06/2019

Il segreto per essere feliciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora