Capitolo 6

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- Papà, che ci faccio con una penna? - domandò Percy a suo padre, studiando il regalo che l'uomo gli aveva appena fatto. Era una normalissima penna a sfera, con il manico dorato. Era una bella penna, ma niente di speciale.

James gli sorrise con un luce maliziosa negli occhi. - Vedrai. - si limitò a dire. Poi aprì il passaggio segreto e cominciò a scendere le scale. A Percy non restò che seguirlo, sebbene fosse un po' perplesso su quel regalo alquanto strano.

Si aspettava che una volta scese le scale suo padre lo condusse in una stanza in cui non era mai entrato. Una volta sfiorato il tridente, la sala si illuminò e a Percy rimase a bocca aperta: le pareti della stanza erano piene di armi, di ogni genere.

Giavellotti, spade, pugnali, archi - chi ha più ne metta. Le lame scintillavano alla luce delle candele. Sostenuto da una catena appesa al muro, un sacco da box pendeva dal soffitto. A sinistra, c'era un bersaglio - per il tiro del pugnali, presumette il ragazzo.

- Papà, a cosa servono tutte queste armi? - domandò stupito. Rimase incantati nel vedere il bagliore delle torce riflettersi sulle lame delle spade e dei pugnali. - Tu le sai usare tutte?

James prese una delle spade e fece qualche mossa, come per testarne il bilanciamento. - Ci sono occasioni in cui la magia non ti può aiutare - spiegò accarezzando la lama affilata che sembrava fusa alla luce delle torce. - Un auror - e un mago che si rispetti - deve essere in grado di combattere anche con la spada.

Percy annuì. La cosa aveva senso, ma ancora non capiva perché gli avesse dato quella penna. Voleva che scrivesse degli appunti? Gli sembrava altamente improbabile, ma suo padre interruppe i suoi pensieri. - Togli il tappo alla penna - lo incalzò.

Percy aggrottò la fronte un po' perplesso, ma oddedì a suo padre. Tolse il tappo alla penna e quella cominciò a trasformarsi. In un paio di secondi, quella nella sua mano non era una penna, ma una spada. Percy rimase a bocca aperta, sotto lo sguardo soddisfatto del padre.

Aveva l'elsa di pelle, morbida e confortevole tanto che non gli sembrava neanche di tenerla in mano. La lama era lunga novanta centimetri e sembrava bronzo, ma risplendeva di una luce argentea. Sulla lama era incisa una scritta in greco, che comprese immediatamente.

Anaklusmos. Vortice. - Wow... - mormorò ammirato. Era stupenda. Era bilanciata perfettamente e l'elsa era perfetta, come se la spada fosse stata forgiata apposta per lui. Ma poi si rese conto di una cosa. - Come ho fatto a capire il greco antico?

James gli sorrise. - Esattamente non lo so - ammise. Si avvicinò al figlio e gli diede una pacca sulla spalla, facendogli segno di uscire. - Ma ora non ci interessa. Andremo ad allenarci fuori. Per la scherma, é sempre meglio allenarsi all'aperto.

Così uscirono in giardino. Il sole splendeva in cielo. C'era un lieve venticello, che smorzava un po' il caldo. Quando arrivarono all'Arena, Percy vide Piper seduta su uno dei gradoni a leggere.

Indossava una t-shirt bianca e dei pantaloncini di jeans. Aveva i capelli legati in una coda alta. Non si accorse di loro finché non le arrivarono vicino. Poi, forse li sentì arrivare e alzò gli occhi dal libro. Percy la vide rivolgergli un sorriso radioso.

Il suo sorriso brillava come mille monete d'oro alla luce del sole. - Amore! - lo salutò, tuffandosi tra le sue braccia. Percy rimise il tappo a Vortice, che tornò una penna, e la strinse forte a sé. Era così bello stringerla tra le sue braccia in quel modo. - Buongiorno, piccola.

Lei sorrise e fece per dire qualcosa, ma James attirò l'attenzione di Percy. - É meglio cominciare, Percy - convenne, così Percy diede un bacio alla sua Piper e seguì suo padre al centro del cerchio.

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