Capitolo 32

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Piper vide Draco un paio di giorni dopo essere stata catturata. Aveva rimuginato per tutto il tempo su come avvicinarlo, ma non riusciva a trovare un modo per parlarci. Era inavvicinabile. Stava lì, cercando di non guardare, da come dicevano gli altri. Ma Piper credeva che se avesse trovato il modo di parlargli, l'avrebbe aiutata.

Percy, con la sua sensibilità, riusciva sempre a lasciare una traccia nel cuore delle persone, soprattutto nelle persone sofferenti. E Draco lo era, ne era sicura. Percy si era avvicinato a lui perché aveva rivisto in lui lui stesso al tempo di Gabe: solo, in gabbia e disperato.

Vennero a prenderla la mattina. Non sapeva che ore fossero, ma si era svegliata da poco. Tutti gli altri dormivano, così Piper stava fissando la piccola finestra da cui proveniva la luce. Pensava al suo amore, Percy. Le mancava così tanto.

Il pensiero di tornare presto da lui la spingeva a tenere duro. Immaginava il suo bellissimo sorriso, splendente come un diamante, che rischiarava la sua vita anche nei momenti più bui. Ripensava ai bellissimi momenti che aveva passato con lui.

Ricordò come fosse stato bello fare l'amore con lui sott'acqua, al suo compleanno. Era stato l'atto con cui avevano concepito il loro bambino. Piper portò una mano ad accarezzarsi la pancia ancora piatta. Ora che si trovava lì, il suo amore per la creatura che stava crescendo dentro di lei era aumentato a dismisura.

Aveva deciso che l'avrebbe tenuto, se fosse riuscita a uscire da lì. Non le sarebbe importato se Percy non l'avrebbe accettata - anche se ne sarebbe stata distrutta - avrebbe tenuto il bambino comunque. Ora c'era qualcosa che amava di più di Percy o di qualsiasi altra cosa: quella creatura, che in quel momento era grande come un mignolo.

Comunque, non aveva più paura di dirglielo. Percy aveva il diritto di saperlo e Piper era convinta che l'avrebbe accettato e ne sarebbe stato felice. - Torneremo da papà, piccolino - sussurrò accarezzandosi la pancia. Una sensazione di calore le riempì il cuore, facendola sorridere. - Se faremo la nostra parte, lui ci salverà.

Le lacrime le bagnarono gli occhi, il cuore che faceva male. - Tornerò da te, amore mio - gli promise con la voce incrinata. Non voleva immaginare come stesse. Sapeva che si sarebbe incolpato per non averla protetta, che si sarebbe sentito uno stupido debole dopo essere crollato così.

Ecco perché gli avrebbe fatto bene svegliarsi accanto a lei. Avrebbe continuato a coccolarlo e a riempirlo del suo amore, perché ne avrebbe avuto tanto bisogno dopo il casino che aveva combinato Piper col suo amico. Come aveva potuto? Si sarebbe riempita di schiaffi, l'aveva ferito di nuovo.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere con lui in quel momento. Avrebbe voluto poterlo baciare e stringerlo a sé, rassicurarlo e dimostrargli che non aveva fatto perso il suo amore, anzi, che lo amava ogni giorno di più. Non doveva avere che qualcuno potesse mai portarla via da lui perché ora non erano solo una coppia, ma una famiglia: il loro bambino li avrebbe legati per sempre.

Un paio di mangiamorte vennero a prenderla nella sua cella. Piper sentì il loro passi in corridoio e si affrettò a togliere la mano dalla pancia. Non avrebbe dato loro nessun indizio sulla sua gravidanza. I due mangiamorte si avvicinarono a lei. - McLean - annunciò uno dei due.

Piper fece un respiro profondo e cercò di ricacciare indietro la paura. Sapeva cosa l'aspettava. Dopo due giorni, ormai sapeva che Voldemort la faceva venire a prendere un paio di volte al giorno, per poi torturarla. Che cosa ci trovasse quel bastardo nella tortura Piper proprio non lo sapeva.

Non oppose resistenza. Ormai sapeva che non sarebbe servito a nulla e poi non voleva svegliare gli altri. Meritavano anche loro un po' di riposo. Appena la fecero mettere in piedi, il dolore alla caviglia tinse tutto di rosso. Doveva essersela rotta e senza poterla ingessare non poteva guarire.

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