Episodio del passato di Alessia
Alessia era seduta sul divano e stava facendo i compiti tranquillamente, dopo essere stata a scuola tutto il giorno era stanca morta e non riusciva nemmeno a stare in piedi.
"ALESSIA VIENI QUA ORA" urlò suo padre dall'altra stanza, lei si alzò col cuore che batteva fortissimo.
Anche se i suoi compiti erano importanti e la stanchezza fosse alta, quando suo padre chiamava lei doveva alzarsi.
"MI VUOI DIRE CHE COSA STAI FACENDO, VIENI DOBBIAMO ANDARE A LAVORARE IN NEGOZIO" le stava per bucare i timpani da quanto avesse alzato la voce.
"Stavo facendo i compiti, sono stata a scuola fino alle sette di sera e domani ho verifica e-" venne interrotta dal padre che rise in modo arrogante.
"Tu pensi veramente che riusciari a raggiungere qualcosa?Non vali abbastanza, bisogna essere il meglio del meglio e tu non lo sei.
Non hai ambizioni, non hai passioni,non sei normale, sedici anni ed essere così anonimi" sputò questa dura "verità" come se lei non valesse veramente nulla, Alessia per quanto razionale e sicura di sé stessa fosse, sapeva benissimo di non avere interessi e di non vedere se stessa in nessun campo lavorativo e questo la faceva sentire male e sbagliata.
Si domandava continuamente perché gli altri andassero avanti e lei rimanesse ferma nello stesso punto, non cambiava nulla, né lei e di conseguenza nemmeno la sua vita.
Tutto le sembrava stupido e poco reale, le sembrava di vivere in qualcosa di troppo programmato e le persone che la circondavano ai suoi occhi erano così prive di personalità.
Una la fotocopia dell'altra.
Cerchiamo sicurezza negli altri, quando la prima persona in cui dovremmo cercare sicurezza siamo noi stessi.
Amare qualcun'altro soltanto perché non riusciamo ad amare noi stessi.
La sua vita era definibile tutto tranne che vita, tranne che felicità.
Più andava avanti e più le sembrava di andare indietro, moriva dentro, ma sopravviveva fuori.
Il suo cuore e la sua anima morivano e la sua mente si suicidava cercando di trovare una logica in ciò che la circondava.
La verità :una logica non esiste e mai esisterà.
Vivi facendo ciò che più ami e ama chi non ti fa sentire sbagliato.
Semplicemente sii felice, secondo lei questa era un'ambizione che tutti dovevano avere.
Non c'è cosa più bella della felicità,il problema era che lei non l'aveva mai provata,non aveva mai scoperto cosa fosse.
Stare male era diventato all'ordine del giorno e le sembrava quasi normale vivere quella delusione ma poi si ritrovava a piangere nella sua camera, senza l'appoggio di qualcuno e lì capiva che a stare male non ci si abitua mai, per quanto il dolore ci cambi, ci indebolisce e lei questo lo sapeva bene.
Ogni litigio con suo padre diventava più difficile da sopportare, ogni giornata a scuola era sempre più inutile ai suoi occhi, ogni giorno in più in quella vita sempre più vuota e piena.
Vuota perché non aveva passioni, amore, ambizioni, felicità, vita.
Piena perché per quanto anonima fosse la sua vita era anche immersa nel dolore più totale.
Stare male era diventato talmente pesante da sopportare che la sola idea di poter tirare fuori anche solo una lacrima la terrorizzava.
Avrebbe preferito morire piuttosto che piangere ancora e sentire quella fitta al cuore non descrivibile a parole.Andò in ristorante con lo zaino alle spalle e due grandi occhiaie che la accompagnavano.
Era in macchina con suo padre e aspettando che il semaforo diventasse verde iniziò a piangere, ne aveva bisogno perché era il suo unico sfogo.
Suo padre vedendola piangere si girò verso di lei e la guardò con occhi spenti.
"Non piangere, non vedi quanto soffro io, quanto devo sopportare per tutti i miei figli.
Le rate scolastiche non si pagano da sole il cibo nemmeno, quindi è un tuo dovere lavorare per la famiglia" disse l'uomo con un tono che non si adeguava per niente a ciò che stava dicendo.
Alessia non disse nulla, rimase zitta come sempre.
Non trovava le forze per contraddirlo, non poteva, non le era permesso.
Arrivarono in negozio e Alessia si sedette a fare i compiti ma venne interrotta dieci volte da suo padre che continuava a chiamarla per fare lavori.
"ALESSIA VIENI QUA ORA" la ragazza corse verso il padre che le diede uno schiaffo in piena faccia, poi un altro e un altro ancora.
La fece cadere per terra e iniziò a darle dei calci, ma lei non capiva il perché.
"SEI SOLO SPAZZATURA, PERCHÉ NON HAI PULITO COME TI AVEVO DETTO" urlò lui con tutta la voce che aveva in corpo.
"Ma l'ho pulito, ti prego basta mi fai male" disse lei piangendo tantissimo.
"TU NON HAI VOCE IN CAPITOLO, NON DIRMI COSA FARE E COSA NON FARE" la voce di suo padre le arrivò dentro al cuore e per la millesima volta le sembrava di poter scoppiare da un momento all'altro.
Le sembrava di non poterne uscire e la voglia di togliersi la vita era alta e le sembrava l'unica soluzione.
Si alzò dolorante e corse via, prese un autobus e tornò a casa.
Si rinchiuse in camera sua, urlando a squarciagola e piangendo, piangendo come non aveva mai fatto.
Tirandosi i capelli e nascondendo il viso nel cuscino per attutire le sue urla.
Le mani le tremavano e si sentiva senza valore, inutile, senza un senso.
Ogni volta che suo padre le metteva le mani addosso, si sentiva ridicola.
E probabilmente tutti voi vi starete concentrando sulla parte in cui l'ha picchiata, non alle parole che le ha detto.
Analizzate quelle frasi e chiedetevi perché questa ragazza soffre.
"Dio ti prego non lasciarmi" disse Alessia pregando con le lacrime agli occhi.Spazio autrice :
Ciao
Lo so che non ho aggiornato come avevo promesso, ma ieri è stata una giornata un po' brutta.
STAI LEGGENDO
Non lasciare la mia mano
Dragoste[𝙸𝙽 𝚁𝙴𝚅𝙸𝚂𝙸𝙾𝙽𝙴]Lei una ragazza piena di determinazione quanto di problemi,prova un irrefrenabile curiosità verso il mondo che la circonda. Lui tremendamente bello e talentuoso,fa parte di uno dei gruppi più famosi in tutto il mondo. Si in...