Capitolo 50

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Jungkook's POV

Ero all'aeroporto, ero pronto a raggiungere Alessia in Italia.
Avevo bisogno di risposte e l'unico modo per averle era parlare faccia a faccia con lei.
Ne avevo parlato con Bang Pd e lui titubante mi aveva dato il permesso di andarci, appena gli dissi che forse sarei diventato padre.
C'era qualcosa che non andava in lei, lo sentii subito dalla sua voce spenta, spezzata, vuota.
Ogni volta avevo il terrore che si facesse del male, che stesse male, solo il pensiero che la sua mente la facesse sentire così inutile, mi uccideva.

Era pieno di paparazzi e Army nell'aeroporto e mi mancava l'aria.
Misi la mascherina e le cuffie per evitare il rumore della fama.
Camminavo e allo stesso tempo mi sembrava di andare indietro, mentre tutti mi spingevano e lo spazio attorno a me diventava piccolo,claustrofobico.
Per mandare via l'ansia pensai ad Alessia e a nostro figlio.
Superare quel gruppo di persone era come risalire in superficie dopo aver tenuto la testa sott'acqua.
Durante tutto il viaggio non riuscii a stare calmo, tutti mi fissavano, qualcuno mi chiese delle foto, ma la mia mente era concentrata solo su Alessia.
Mi mancava da morire, come l'aria.
É bella, ma non bella come quelle ragazze nelle riviste, lei è bella per il modo in cui pensa, per il luccichio che le viene negli occhi quando parla di qualcosa che ama, per il modo in cui riesce a far sorridere le persone anche quando lei stessa è triste.
Lei è bella, non per qualcosa di temporaneo come la bellezza esteriore, lei è bella nel profondo, é un'anima dai colori fantastici e io ne sono completamente e immensamente innamorato.
Sorriso dopo sorriso, lacrima dopo lacrima, ferita dopo ferita, io ero ancora innamorato di lei.
Il mio amore per lei cresceva ogni giorno, ininterrottamente e disperatamente.

Arrivai in Italia e all'aeroporto, come mi immaginavo, c'erano un sacco di Army che mi aspettavano.
Non misi la mascherina, sorrisi e salutai tutti, per quanto mi fosse concesso.
Mi affrettai a salire in macchina e andammo verso casa degli zii di Alessia.
Il cuore mi batteva forte e le mani mi tremavano come una foglia.
Arrivai davanti alla porta dell'appartamento di Alessia.
Mi aveva parlato tanto dei suoi zii, mi aveva detto che erano delle persone fantastiche sulla sessantina.
Mi aprì una signora molto più bassa di me, aveva gli occhi verdi e i segni degli anni le ricoprivano il viso.
"ALESSIA, C'È UN RAGAZZO" urlò la signora, io ovviamente non capii nulla.
Vidi Alessia venire con il viso abbassato a guardare il telefono e i capelli le coprivano il bel viso senza lasciarmelo vedere.
"Chi è zi-?" si interruppe quando mi vide, congelò sul posto e i suoi occhi si illuminarono di paura.
"Amore mio" dissi avvicinandomi a lei, ma lei si allontanò.
Sua zia era in mezzo a noi due e il suo sguardo passava dalla nipote a me, finché non ci lasciò soli uscendo completamente di casa usando come scusa la spesa.
"Che ci fai tu qui?" chiese con l'aria di non essere per nulla felice della mia presenza.
Sorrisi e tolsi la giacca che avevo appoggiandola sul divano.
"Sono qua per nostro figlio" affermai guardandola negli occhi, lei evitò il mio sguardo e rimase zitta.
"Allora?" insistetti io ma lei non mi rispose.
"Non odiarmi ti prego" affermò mentre una lacrima le rigava il volto e con la mano proteggeva il ventre.
"Che succede?" chiesi io con la voce leggermente preoccupata, un senso d'ansia iniziò ad invadere il mio corpo.
Evitò il mio sguardo di nuovo, le presi il mento con un dito e feci incrociare i nostri sguardi.
"Dimmi che hai" le ordinai, sta volta il mio tono era duro ma intenzionalmente.
Deglutii e prese la mia mano intrecciandola alla sua.
"Ho abortito" affermò, le sue mani erano gelate e per quelche secondo il mio cuore smise di battere.
Allontanai la sua mano dalla mia violentemente anche se non volevo.
"Perché lo hai fatto? Il figlio era di tutti e due" dissi cercando di mantenere la calma il più possibile per non ferirla.
"Ho provato a contattarti e non mi hai risposto"
"TU STAI SCHERZANDO VERO? E TU ABORTISCI SOLO PERCHÉ NON TI HO RISPOSTO AL TELEFONO"
"NON HAI MAI TEMPO PER ME SCUSA" iniziò anche lei ad urlare incrociando le braccia al petto, le lacrime minacciavano d'uscire sia a me che a lei.
"PERDONAMI SE DEVO LAVOARERE E NON HO NEMMENO TEMPO PER ME STESSO" provavo una fitta al cuore.
Rimase zitta, le lacrime le rigavano il volto e teneva lo sguardo basso.
"HAI FATTO UN GRANDE MA GRANDE ERRORE AD ABORTIRE" affermai senza pensare ai suoi sentimenti.
"NON AVREBBE MAI AVUTO UNA VITA NORMALE CON UN PADRE COME TE" urlò con tutta la voce che aveva in gola, cambiando stanza.
Io la seguii.
"SI INVECE CHE L'AVREBBE AVUTA" le lacrime rigavano il volto anche a me ma le asciugai con il palmo della mano.
"NESSUNO LO ACCETTEREBBE, HO PASSATO LE ULTIME SETTIMANE A SENTIRMI DIRE DA MILIONI DI PERSONE CHE SONO UNA TROIA APPROFITTATRICE CHE NON È AL TUO LIVELLO" quello che stava dicendo mi feriva un sacco, perché sapevo che era stata male e io non le ero rimasto vicino.
"Non ascoltare quello che dicono gli altri" dissi abbassando il tono di voce cercando di mantenere la calma.
Si sedette sul letto e guardò con sguardo perso il pavimento mentre le lacrime le rigavano il volto interrottamente.
"La verità Jungkook é che non sono abbastanza, non lo sono mai stata, la scuola, quegli stupidi insulti, l'aborto, la continua ansia, io sento di poter impazzire da un momento all'altro" disse tutta agitata e gesticolando velocemente.
Capii che aveva un attacco di panico e mi avvicinai lentamente ad abbracciarla mentre lei parlava ancora.
"Calmati, ci sono io" sussurrai al suo orecchio mentre lei bagnava il mio collo di lacrime.
"Jungkook mi manca l'aria" iniziò a respirare a fatica e quasi svenne, la presi in braccio e la feci entrare dentro la doccia aprendo l'acqua calda e bagnando completamente i miei vestiti.
"Amore calmati" dissi mentre lei prendeva dei respiri profondi.
Le tolsi i vestiti completamente e stavo per chiudere la porta in vetro della doccia quando lei mi fermo per la maglietta.
"Stai qua con me ti prego" mi supplicò, mi guardai un attimo intorno e tolsi completamente i miei vestiti entrando in doccia con lei.
Appena misi piede la dentro lei mi abbracciò forte, come se fossi la sua ultima certezza.
Ricambiai ovviamente l'abbraccio mentre lei nascondeva il viso sul mio petto.
"Ora non ti prende più nessuno da me" disse non slacciando le sue braccia dal mio corpo.
"Jungkook posso farti una domanda?" chiese all'improvviso mentre io le lasciavo dei baci tra i capelli.
"Come fai ad evitare tutti gli insulti cattivi che ti fanno?" la sua voce era curiosa e spenta allo stesso tempo.
"Sai non penso che lo abbia superato del tutto, nessuno lo fa mai completamente.
Ma sto lentamente imparando che anche se reagisco non cambierà nulla, le persone non cambieranno il loro modo di pensare, non inizieranno magicamente ad amarmi.
A volte é meglio lasciare che le cosa accadano, lascia scorrere, non chiederti troppo sul perché dell'odio.
Concentra la tua vita non su quello che ti succede intorno ma su quello che c'è dentro di te.
Lavora su te stessa e sul tuo piccolo mondo, nessuno ti conosce meglio di come tu ti conosci"affermai accarezzandogli il viso dolcemente.
"Grazie, scusa se ho fatto quello che ho fatto senza parlarne con te" disse avvolgendo un asciugamano attorno al suo corpo.
"Siamo giovani, siamo dei ragazzini, abbiamo tempo per fare dei bambini"
affermai guardandola negli occhi dolcemente.
"Tu credi?" chiese lei sorridendo.
"Sarai una madre fantastica" dissi prima di avvicinarmi a baciarla.
Il bacio iniziò innocentemente finché non feci incontrare le nostre lingue.
Spinsi i nostri corpi fino alla porta e bloccai Alessia tra il mio corpo e il muro.
Ci fermammo quando qualcuno bussò alla porta.
"Alessia, per caso c'è anche quel bel ragazzo di prima con te?" chiese sua zia da fuori.
Lei mi guardò e si battè una mano in fronte.

Non lasciare la mia manoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora