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Jungkook passò la notte a girarsi nel letto e ad ogni ora si alzava e andava a controllare fuori dalla porta della camera di Jimin, se sentiva dei rumori e se andava tutto bene.

Non osava entrare per paura di subire le ire del biondo, voleva conquistare la sua fiducia e diventare suo amico, quel ragazzetto aveva qualcosa di speciale e voleva aiutarlo, voleva farlo sorridere e soprattutto voleva che avesse una vita normale.

Erano ormai le sei di mattina quando decise di alzarsi definitivamente per andare in cucina a prepararsi la colazione e preparare qualcosa per il suo ospite.

Si fece una doccia veloce e poi si recò in cucina passando prima davanti alla camera di Jimin e soffermarsi per vedere se sentiva dei rumori.

"Che cosa stai facendo davanti alla mia stanza?" chiese all'improvviso il biondo sbucando alle spalle di Kook e facendolo sobbalzare dallo spavento.

"Ma ti sembra il caso di piombarmi all'improvviso dietro alle spalle senza fa nessun rumore...mi vuoi ammazzare prima del tempo?" lo accusò Kook cercando di fare il drammatico posando addirittura una mano sul cuore.

Jimin, che quella mattina, come tutte le altre del resto, non aveva la minima voglia di ridere ripetè la domanda con ancora più astio di prima.

"Ti ho chiesto perché stavi davanti alla mia stanza con l'orecchio appoggiato alla porta"

"Beh...a parte che non è la tua stanza..." stava cercando di tergiversare il corvino, mettendosi una mano dietro alla nuca e sorridendo leggermente imbarazzato per essere stato colto sul fatto.

"Jungkook..." urlò Jimin incazzato nero, il suo volto era scuro di rabbia e i suoi occhi freddi come ghiaccio, Kook non aveva mai visto nessuno avere due personalità così diverse, la sera prima sembrava un cucciolo abbandonato ed ora una iena affamata.

Aveva trovato pane per i suoi denti.

"Ehi piccoletto" rispose Kook e vedendo l'espressione di Jimin a quell'appellativo, continuò ancora più agguerrito "Stai tranquillo non sono mai entrato nella tua stanza, come la chiami tu, per tutta la notte. Sono semplicemente passato ogni ora a controllare se sentivo dei rumori, controllavo che stessi bene piccoletto, niente di più. E adesso, visto che sei sveglio che ne dici se facciamo colazione? Ti faccio provare i miei favolosi pancake"

"Smettila di chiamarmi piccoletto, solo perché sono basso di statura non vuol dire che sono piccolo...e comunque i pancake non li mangio di certo. Ci manca solo che ingrasso...poi tanto sono io a subire" sussurrò Jimin sopra pensiero, senza rendersi conto che il corvino lo aveva sentito benissimo, infatti si fermò all'improvviso mentre scendevano dalle scale, facendo sbattere il biondo sul suo petto.

"C-che c-cazzo f-fai? P-perché ti s-sei f-fermato? E- e l-lasciami il p-polso..." balbettò Jimin non appena Kook gli prese il polso per non farlo cadere.

"Che cazzo vuol dire quello che hai appena detto Jimin? Rispondimi...che cazzo vuol dire?" gli chiese Kook con la rabbia che usciva, sperava davvero di sbagliarsi, sperava davvero di aver capito male, ma guardando il biondo in quel momento capì subito che i suoi pensieri erano giusti, capì immediatamente che quel fottuto bastardo era la causa dei problemi alimentari di Jimin.

Kook era davvero incazzato e Jimin poteva capirlo dal suo sguardo, quel ragazzo capiva molto di più di quanto si aspettasse, doveva stare attento, ma soprattutto doveva stare attento a quel turbamento che gli provocava, non sapeva cosa fosse, ma lo faceva stare bene e questo non poteva permetterlo, se solo suo padre lo avesse scoperto...Kook avrebbe fatto una brutta fine e lui avrebbe subito le conseguenze.

Peccato che il corvino non era della stessa opinione del biondo infatti agì d'istinto, lo prese tra le braccia, stupendo entrambi di quel gesto e come lo aveva preso, lo aveva scansato nel giro di due minuti.

"Adesso tu scendi con me, ti siedi e mangi i miei pancake. Non me ne frega niente se ingrassi Jimin, anzi devi mettere qualche chilo perché sei troppo magro e rischi di svenire. E prima che tu parli o ti incazzi, ti metto in chiaro una cosa...io non ho paura di quel bastardo che ti ritrovi come padre e tu non devi più avere a che fare con lui, noi impediremo a quell'uomo di avvicinarsi ancora a te, fosse l'ultima cosa che faccio, ma ti giuro che prima di farti ancora del male deve passare sul mio cadavere" continuò tenendo gli occhi fissi su Jimin "E ora andiamo" lo prese per mano e lo trascinò giù per le scale.

Jimin non aveva proferito parola, era emozionato da quelle parole, non poteva crederci che davvero quelle persone erano lì per proteggerlo da quel mostro, non gli sembrava ancora vero...e poi era palesemente scioccato da quell'abbraccio e da quella mano stretta alla sua...e dal suo cuore che batteva troppo veloce e lui non riusciva a fermarlo.

My bodyguardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora