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Finalmente era tornato a casa, non che gli dispiacesse stare nell'altra casa, ma gli mancava danzare, infatti appena varcò la soglia di casa si precipitò nella sua stanza, si cambiò velocemente e si diresse verso la sua sala prove.

"Io vado ad allenarmi, fai quello che vuoi ma non venire a rompermi le palle mentre ballo. La regola che qui dentro non ci dovete venire è sempre valida" ordinò a Kook mentre chiudeva la porta della sala prove per buttare fuori tutto lo stress accumulato in quei giorni e tutta la frustrazione che aveva per colpa della persona che, in quel momento, era nell'altra stanza.

Stette per due ore immerso nel ballo e nella sua solitudine, fino a quando esausto si diresse verso la sua stanza per farsi una doccia.

Si diresse poi in cucina, dove fu accolto da un profumino invitante e da una visione celestiale...Jungkook con un grembiule blu che gli fasciava il petto immerso nella preparazione del pranzo.

Appena si accorse dell'arrivo del biondo, si girò e gli sorrise, indicandogli di sedersi sullo sgabello e invitandolo ad iniziare a stuzzicare qualcosa. Il tavolo era pieno di leccornie, sembrava dovessero esserci altre persone, aveva preparato per un regime di soldati, non sarebbero mai riusciti a finire tutto.

"Jungkook, non ti sembra di aver esagerato un po'? Siamo in due e io, tra l'altro, non ho molto appetito" chiese Jimin.

"Tu piccoletto devi mangiare tutto e ti avviso prima che se non mangi ti imbocco io, chiaro?" ordinò il corvino.

"La smetti di chiamarmi piccoletto? E poi chi ti credi di essere per dirmi cosa devo fare? Mi sono rotto le palle, se non ho fame non mangio, chiaro?" urlò Jimin spostando lo sgabello all'indietro facendolo cadere a terra rumorosamente.

Kook incatenò i suoi occhi a quelli del biondo e si avvicinò con molta cautela continuando a fissarlo. Jimin, vedendo lo sguardò del corvino, iniziò ad arretrare fino a ritrovarsi con le spalle al muro e senza via d'uscita.

Stava tremando, la sua mente gli diceva di scappare da quella situazione, ma il suo corpo non reagiva.

Era lì, immobile, in attesa della mossa di Kook.

"Jimin, tu mangi e tutto anche. Sei pelle e ossa ed è ora di finirla di pensare che sei troppo grasso perché tra un po' non ti reggerai in piedi e inizierai a stare male se non mangi. Quindi tu...ora...vieni...ti siedi e mangi" ordinò con voce dura il corvino cercando di mantenere la calma.

Lacrime, lacrime amare iniziarono a scendere dalle splendide guance di Jimin senza nemmeno rendersene conto, non sapeva se era per tutto lo stress accumulato o se era per il tono duro usato dal corvino.

Qualunque fosse il motivo, non riusciva a fermarle e aumentarono quando si sentì avvolgere dalle braccia di Kook che lo strinse forte a sé cercando di calmarlo, accarezzandogli la schiena e sussurrandogli parole dolci.

Jimin non aveva la forza di allontanarlo, anzi non ne aveva proprio intenzione, voleva quelle braccia intorno a lui, voleva che il corvino si prendesse cura di lui ma era troppo insicuro di sé stesso e non aveva il coraggio di esprimere ciò che realmente provava, ma allo stesso tempo era stanco di combattere queste emozioni che per la prima volta nella sua vita, lo stavano facendo stare bene.

Agì d'impulso, per quella volta mise da parte le sue paure, i ricordi di suo padre e delle violenze subite...per una volta pensò solo a sé stesso e alzò le braccia ricambiando l'abbraccio di Kook posando la testa sul suo petto e rilassandosi sotto le sue carezze.

Stava finalmente bene, si sentiva rinascere...Kook lo tenne ancora fra le sue braccia fino a quando lo accompagnò al tavolo, sistemò lo sgabello e lo fece sedere. Gli asciugò le lacrime e si mise di fronte a lui.

"Scusami Jimin, a volte non mi rendo conto che la mia aggressività ti faccia stare male. Perdonami, l'ultima cosa che voglio è farti del male, mangiamo insieme ora e poi andiamo sul divano e ci guardiamo un film, va bene?" chiese gentilmente continuando ad accarezzarlo, mentre due occhioni lucidi lo fissavano in silenzio per poi annuire davanti alle sue proposte.

Mangiarono tranquillamente scambiandosi anche qualche parola senza scannarsi.

Kook controllò, senza farlo pesare, se Jimin mangiava e per fortuna qualcosina riuscì a mangiarla.

Il pomeriggio avevano optato per giocare ai videogiochi, rimandando il film a dopocena. Verso metà pomeriggio Jimin andò ancora ad allenarsi, mentre Kook si mise al computer a lavorare e chiamò nel frattempo sia Tae che suo padre.

Le notizie che apprese, soprattutto da suo padre, non erano molto confortanti, infatti quest'ultimo gli comunicò che il padre di Jimin era rientrato in Corea la mattina stessa, ma non era mai arrivato alla zona bagagli dove lo attendeva la polizia, era come sparito dal nulla.

Le ricerche, naturalmente, erano già iniziate, per ora senza risultati.

Avevano deciso che, per ora, era meglio che Jimin non venisse al corrente di questa notizia, la casa ora era sicura e se usciva era sempre accompagnato da uno di loro due, quindi al momento era al sicuro.

Terminò la chiamata con suo padre e si appoggiò al tavolo con le mani nei capelli, era decisamente frustato per questa situazione.

Jimin lo trovò cosi, immerso nei suoi pensieri, l'istinto lo fece avvicinare a lui.

"Che succede, Ko..cioè Jungkook?" chiese il biondo arrossendo.

Jungkook alzò la testa e, come sempre, sprofondò negli occhi di Jimin.

"Niente piccoletto, sono solo un po' stanco. E comunque chiamami Kook, sai gli amici mi chiamano così" rispose il corvino prima di alzarsi per andare in cucina a preparare la cena.

Ma un urlo lo fermò immediatamente prima che arrivasse in cucina...

My bodyguardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora