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La pioggia cadeva lenta e noiosa.
In un moto ritmico dall'alto verso il basso, formando come delle scie.
Formando come...delle sbarre.
Hermione sapeva di essere ad Hargrave Hall, ma niente delle duecento, trecento persone che le stavano attorno le apparteneva. A malapena sentiva il freddo, a malapena sentiva quell'unica lacrima solitaria che le solcava la guancia pallidissima.
Il pastore stava finendo le sue ultime parole.
E lei guardò giù.
Guardò la lapide, ancora una volta e un'altra ancora.

Lord Liam Douglas Hargrave
1939 - 2005
Beloved Father and Friend


La marcia d'onore degli Auror, il drappo dorato del Ministero.
I fiori della sua amata serra che aleggiavano come una nube di odore denso e ipnotico.
Una rosa bianca poggiata sulla lapide di marmo scuro.
Se n'era andato.
Sua madre piangeva accanto a lei, dietro Lady Jane, i cugini e i fratelli di suo nonno, venuti da lontano a salutarli.
Amici di vecchia data, vecchi parenti, vecchi colleghi Auror, il Ministro Orloff in persona.
Avrebbe voluto essere seppellito lì, si ritrovò a pensare, nascosta sotto il cappuccio nero del mantello.
Lì, a casa sua.
Troppe persone piangevano.
La stavano infastidendo.
E poi guardò quel drappo dorato.
A suo nonno non sarebbe piaciuto. No, l'avrebbe considerato pacchiano.
Il pastore continuava a parlare, a parlare. Poi qualche altro amico disse due parole, frammentate a singhiozzi inconsulti.
Lei non aveva voluto parlare. E nemmeno Jane.
Uscita dall'ospedale contro il parere dei medici, era sorretta da Scott Granger e Narcissa Black Malfoy.
La guardò. Poi riabbassò il viso.
Sua madre era fortunata. Lei riusciva a piangere.
Hermione invece riusciva solo a stare lì in piedi.
Senza provare niente. Più niente.
La mano di Draco a un certo punto strinse la sua. Che rimase inerme.
Non mosse un muscolo, non fece un fiato.
Perché tanto non c'era più niente da dire.
Fra lei e suo nonno era già stato detto tutto quella mattina, tre giorni prima, quando Liam Hargrave era stato ucciso.
Aveva giurato.
Hermione Hargrave aveva giurato.
E quel giuramento di vendetta se l'era marchiato a fuoco nel cuore e nella testa.
Perdono.
Suo nonno le aveva detto, come ultime parole, di perdonare.
Ma ora lei su quel perdono sputava, piena di disprezzo.
No, non c'era perdono.
Non c'era più speranza, non c'era più tempo.
E non c'era più scelta.
Il funerale, lento com'era cominciato, alla fine si concluse in un silenzio carico però di lamenti soffocati.
Lì, in quel cimitero di famiglia dov'erano stati sepolti tanti Hargrave, lì dov'era sepolta la madre di Jane, la giovane Selena e la prima moglie di suo nonno, Hermione rimase lasciando defluire tutti.
Jane non l'aspettò.
Forse troppo debole, forse sapendo che anche chiamandola, sua figlia non sarebbe venuta.
Draco, Harry e Ron le si accostarono, ognuno coprendola con proprio ombrello.
- Tesoro.-
Il bambino sopravvissuto le mise una mano sulla spalla - Tesoro, vieni dentro.-
Ma lei non si mosse. Forse neanche l'aveva sentito.
- Prendi l'ombrello almeno.- sussurrò Weasley, porgendoglielo.
Ma lei non alzò il braccio. E la sua mano rimase inerme lungo il fianco.
Allora tutti e tre la lasciarono.
Draco fu l'ultimo a farlo.
Le strinse forte le spalle, restandole dietro alla schiena e con la bocca premuta contro il suo cappuccio, la scongiurò di tornare presto al maniero.
Una volta sola, sotto la pioggia battente, s'inginocchiò per posare un'altra rosa bianca sulla lapide e poi con un gesto gettare via quel drappo che suo nonno non avrebbe voluto.
Ripeté il suo giuramento. Ancora e ancora.
In silenzio, a lungo, fino a perderci il senso.
- Lo sai vero?-
Hermione abbassò le palpebre.
- Ciao Caesar.-
Caesar Noah Cameron rimase in piedi, dietro di lei.
- Mi dispiace per tuo nonno.-
La strega ritrasse la mano ormai bagnata, infilandola sotto il mantello. Era venuto.
- Lo sai vero?- le disse di nuovo, a bassa voce - Lo sai che non puoi più combattere come prima?-
- Lo so.-
- Non lasciare che la rabbia prenda il sopravvento.-
- Troppo tardi. Ha già vinto.-
Il demone osservò la lapide, sentendo nell'aria un dolore tremendo.
L'empatia in quei casi uccideva davvero e sapeva che solo sfiorando Hermione, avrebbe provato qualcosa che un demone come lui non avrebbe mai neanche potuto immaginare.
- Caesar?-
- Si?-
- Aiutami.-
Hermione si alzò in piedi, voltandosi verso di lui.
E come non aveva mai fatto, si aggrappò al suo mantello bianco.
Ora la disperazione le si leggeva negli occhi, lucidi come specchi.
- Ho paura.- disse in un soffio - Ho paura...per loro. Caesar...ha ucciso mio nonno per mandarmi un avvertimento. Se arriva a toccare anche mia madre, Draco o mia figlia...- la vide deglutire, tremare - Io mi uccido. Io mi uccido. Ti giuro che lo faccio.-
- Hermione...- mormorò.
- No!- urlò quasi, con voce strozzata - Caesar non voglio più parole! Non voglio più sentire rassicurazioni, speranze o fantasie! Voglio protezione, non voglio che nessuno possa più avvicinarsi alla mia famiglia! Ti prego...ti prego tu devi aiutarmi! Aiutami e poi farò tutto ciò che mi chiederai. Ma voglio...che tui venga con me a Hogwarts.-
Cameron allargò appena gli occhi bianchi.
- Ti sto chiedendo la vita, lo so. Ma se lo vorrai...alla fine avrai la mia.- gli disse, serrando più forte i palmi - Caesar...se quello si avvicina a cento metri da Draco o mia figlia, o mia madre o...tutti gli altri...io impazzisco. Ti prego, ti scongiuro! Tu mi devi aiutare! Per favore vieni a Hogwarts con Lucilla, Leiandros e Demetrius! Venite tutti e per favore proteggili!-
Pioggia, dannata poggia.
Batteva ostinata, senza lasciar trapelare altro che il ritmico cadere.
Tanto da coprire persino la risposta di Caesar.

I Figli Della Speranza  |Dramione|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora