Sparito.
Thomas Maximilian Riddle era sparito.
Tutta Piccadilly Circus venne addormentata dagli Auror, prima che sorgesse il sole.
Eppure Harry Potter non sentiva nulla, neanche dei compagni che gli camminavano attorno, che parlavano, impartivano ordino, imprecavano per non essersi accorti di nulla.
Si maledicevano, per essere stati ciechi.
Si.
Ma lui era stato il più cieco di tutti.
Aveva sottovalutato il sentimento di possesso di un padre verso il figlio.
Seduto sotto la fontana di Eros, gli avambracci appoggiati sulle rotule, la testa china.
Gliel'aveva portato via.
Se l'era ripreso.
Tom non c'era più.
Si era ripreso il suo posto. Voldemort si era ripreso il posto che gli spettava.
E lui era rimasto a guardare.
Inconsciamente...l'aveva lasciato fare.
Senza pensare.
Inconsciamente...aveva sempre saputo che Voldemort prima poi si sarebbe ripreso ciò che la fortuna aveva portato da lui. Si era ripreso Tom, suo figlio.
I figli dovevano stare coi genitori.
Era questo che diceva la razionalità, no?
Il figlio dell'uomo che aveva ucciso Lily e James Potter...non avrebbe mai dovuto stare con Harry Potter.
Era questo che gli veniva ripetuto da otto anni.
Allora perché...allora perché anche in quel momento, davanti a quell'alba pallida e fioca, Harry continuava a non trovare il senso di quelle parole? Perché?
La morale lo voleva.
Lo voleva la ragione.
La testa anche.
Si coprì gli occhi con una mano, all'improvviso.
Il solo pensiero che Tom se ne fosse andato lo stava strozzando.
Letteralmente, gli toglieva il fiato.
Gli spaccava il cuore in mille pezzi.
Gli vista gli si appannò e le lacrime gli resero impossibile vedere bene.
- Cristo...-
Gliel'aveva portato via.
E con che coraggio sarebbe andato a riprenderselo?
Con che coraggio avrebbe strappato Tom a suo padre?
Perché qualcosa continuava a dirgli che tutto quanto era sbagliato? Perché quei pensieri continuavano a tormentarlo?
- Secondo te è sbagliato rivolerlo indietro?-
Draco Lucius Malfoy lo sovrastava, in piedi, freddo come il ghiaccio.
La mano serrata lungo il fianco, l'espressione rabbiosa.
- Lasciami in pace Malfoy.- sussurrò il bambino sopravvissuto.
- Rispondi alla mia domanda.-
- Ti ho detto di andartene.-
Draco allora s'inginocchiò davanti a lui. Con rabbia gli prese la testa fra le mani, lo costrinse a guardarlo.
- Li vedi?- sibilò - Li vedi?-
Gli occhi smeraldini di Potter vagarono vacui oltre le spalle del biondo.
Damon Howthorne era seduto nell'ingresso del The Rock Garden.
Beatrix Vaughn camminava avanti e indietro, forse per inerzia. Perché il suo sguardo era perso.
Claire King, accanto al Legimors, osservava il punto in cui il suo ragazzo era sparito, lasciando solo un biglietto.
Lei fissava quella sigaretta spenta, come un addio.
Come un cadavere.
Come un morto, ormai perduto per sempre.
- Li vedi loro?- gli sibilò allora Draco, rabbioso - Hanno diciassette anni e si butterebbero nel fuoco per Tom se solo li lasciassimo liberi. Tu invece te ne stai qua a piangerti addosso, facendoti le seghe su ciò che ti lega a lui. Damon è un Legimors, Cloe una purosangue, Trix una Diurna. Eppure da quando si sono conosciuti se ne sono sbattuti di tutto, sono andati avanti, si sono fatti insultare, fregandosene sempre. Hanno diciassette anni e sono più forti me e te messi insieme, che ancora dopo anni di guerra e battaglie non abbiamo capito che è importante solo ciò che ci unisce veramente, non i vincoli di sangue, per quanto forti possano essere.-
Harry scosse la testa, liberandosi dalla sua presa e passandosi la mano sulle profonde occhiaie.
- La verità è che se fossi Voldemort avrei fatto la stessa cosa.-
- La verità è che noi abbiamo tutto il diritto di andare a riprenderci Tom.-
- Esattamente come lui. Aveva il diritto di riprenderselo. È suo padre.-
Harry tornò ad abbassare il capo, sgomento.
- E' un assassino, lo so. Ha ammazzato i miei...ma io ho ammazzato lui, Bellatrix...erano i genitori di Tom. Cristo nemmeno tu mi capisci? Ho ucciso i suoi genitori, non dovrebbe stare con me!-
- S'è mai fatto problemi? Non mi risulta.-
- Allora non capisci...- Potter lo guardò distrutto - Io sono stato per Tom ciò che Voldemort è stato per me.-
- Capisco benissimo. Ma stai cogliendo l'occasione al volo per scappare.-
- Scappare?- Harry rise amaramente, scuotendo la testa - Ho voglia di scappare ogni volta che lo guardo in faccia.-
Draco allora si rimise in piedi, pieno di sprezzo.
- Col vostro rimorso finirete per ammazzarvi.-
- Vostro?-
- Cristo Sfregiato, ma davvero pensi che con quattro parole tu riesca a mettere a tacere i sensi di colpa del mostriciattolo? Anche lui è bombardato di commenti e condanne, come te!-
- Gliel'ho detto anni fa.- sussurrò l'altro - Non deve.-
- E le tue rassicurazioni hanno avuto su di lui l'effetto che quelle di Tom hanno fatto su di te. Niente. Se non perdonate voi stessi da principio non saprete accogliere il perdono dell'altro. È questa la verità.-
Draco non attese una sua risposta e tornò da Ron, che parlava con gli Auror che erano stati di vedetta.
Rimasto solo, il bambino sopravvissuto tornò a guardare gli amici di Tom.
Già.
Così diversi...si sarebbero buttati nel fuoco, fregandosene del sangue, delle capacità, del destino.
"Non sono le nostre capacità a stabilire ciò che siamo Harry. Sono le nostre scelte."
Perché quella frase, dopo tanti anni, tornava e lo colpiva con così tanta forza?
Silente aveva ragione.
Aveva sempre avuto ragione.
Ma lui non ce la faceva.
Era dannatamente debole.
Sempre, quando si trattava di Tom.
- Harry.-
Rialzò il volto umido, quando Hermione gli arrivò a fianco.
Senza una parola la Grifoncina lo abbracciò stretto, cullandolo.
- Stai tranquillo tesoro.- gli mormorò dolcemente, carezzandogli la nuca - Andrà tutto bene. Lo ritroveremo.-
- Si.- disse in un soffio - Se non altro con Voldemort è al sicuro da Grimaldentis.-
Lei annuì, staccandosi.
- Ho i nomi che mi avevi chiesto.-
Potter tornò momentaneamente lucido. La bambina.
- Dimmi tutto. Hai scoperto qualcosa dalle iniziali?-
Hermione stirò un sorriso triste.
- Si. Arnold e Francine Newsome, del Sunset.-
- Auror?-
Quando lei scosse il capo, avvertì un brivido.
- Gagia. Appartenevano alla Dama Nera, una famiglia molto antica di purosangue.-
- Gagia?- allibì lui - Ma io credevo che...fossero stati i Mangiamorte...e dove sono ora?-
- Morti.- la voce di Hermione uscì in un debole mormorio - Due notti fa, nella loro casa, la più isolata del paese in cui abitavano. Trucidati loro, il figlio maggiore di otto anni e un altro bambino di quattro, insieme ai nonni e ai domestici.-
Il primo raggio di sole illuminò Harry Potter, come per schermirlo.
Non c'era più luce quella mattina.
Né pace, né salvezza.
- La bambina dev'essere stata lasciata a Lane Street da un amico di famiglia, qualcuno che si sia salvato. Gl'Illuminati hanno apposto il Marchio Nero e se ne sono andati, dando fuoco a ogni cosa. Non ho trovato il certificato di nascita della piccola, ma a quanto dicono i Medimaghi di Duncan non ha più di quattordici mesi. Non sappiamo neanche il suo nome. È legalmente morta.-
Morta.
Una bimba di un anno.
E tutta la sua famiglia era stata barbaramente uccisa.
Ecco perché sul biglietto era stato scritto "piccola sopravvissuta".
Come lui, era l'unica scampata alla morte.
Una piccola gagia.
- E' già stata battezzata col rituale oscuro.- continuò la Grifoncina - Ha una stella nera tatuata sulla schiena.-
Lo vide sbiancare, anche lui conscio che quel simbolo su un bambino significava una sola cosa.
Strada predestinata. Da cui non si fuggiva.
- Cosa vuoi fare?- gli chiese Hermione.
- Non lo so. Nessuno sa di lei?-
- Nessuno a parte Duncan e i suoi Medimaghi sono tenuti al silenzio.-
- Bene. Mi occupo di lei quando torno a casa.-
- C'è Elettra che le bada, tranquillo.-
Dopo di che gli fece una carezza leggera, sulla guancia.
Lo baciò e tornò dagli altri, per lasciarlo al sole di quell'alba...tetra e impregnata di paura, ansia e rabbia.
Ovunque fosse, pregò per Tom.
E che fosse andato a fuoco tutto il mondo, sarebbe andato a riprenderlo.
Dark Hell Manor.
Un sibilo velenoso serpeggiava per tutto il castello, per tutta quella tetra dimensione.
Un sibilo di curiosità mista ad avversione.
I Mangiamorte erano in tumulto, più di settanta, raccolti nella sala al primo piano della dimora di Lord Voldemort. Ma il loro Oscuro Signore non si era mostrato a loro da quando era tornato.
Nagini aveva imposto un rigoroso silenzio, rispettato a malapena.
Gli animi si stava scaldando alla soffiata che l'erede di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato fosse venuto a loro.
Si, il piccolo Thomas Maximilian Riddle era stato strappato dall'ala protettiva di Harry Potter, dal loro nemico. Ed era finalmente tornato a casa.
Nel luogo dove doveva stare.
La voce maligna che fosse un traditore però non si placava.
E Rafeus Lestrange non faceva altro che fomentarla, incurante di ciò che sarebbe potuto accadergli se qualcuno l'avesse sentito.
Ma Lord Voldemort non era presente.
Tantomeno in quel momento gli avrebbe prestato attenzione, anche solo per ucciderlo.
No.
Lord Voldemort stava sulla torre più alta del suo palazzo.
In una grande stanza da letto circolare, ricoperta di libri alle pareti, un camino davanti a un grande letto a due piazze, sopraelevato su quattro gradini, ricoperto da un pesante baldacchino di velluto bluastro, quasi nero.
A fianco di quel letto, Voldemort osservava suo figlio dormire.
A torso scoperto, girato col ventre in sotto, sprofondato in un sonno indotto.
Il più grande mago del male di quel tempo studiava il figlio con insolita perizia, mai rivolta a nessun essere umano...se non Harry Potter.
I lineamenti del suo viso, stanco e forse impaurito anche nel mondo onirico in cui si trovava.
La pelle bianca, così simile alla sua.
Seguendo il suo braccio, notò al polso sinistro del figlio un bracciale a forma di serpente.
Corrugando appena i lineamenti, vide gli occhi del serpente accendersi minacciosi.
Era una Trasfigurazione.
Insolito, pensò. Ma letale.
Alla stessa mano, Voldemort notò un anello pesante, tondo.
Una corona a decorarlo. Era l'anello di una casata di maghi, pensò. I King.
Ciò che lo attirò di più alla fine fu il tatuaggio al livello dei reni che suo figlio ostentava come un dono orgoglioso.
Un grifone e un serpente attorcigliati, uniti.
Strano simbolo, si ritrovò a pensare.
La dualità di uno spirito, di un'anima.
La dualità di un mago.
Bene e male. Luce e ombra.
Nascondendo un ghigno si girò per andarsene, quando l'occhio insolitamente gli cadde sulle finestre.
Infieriate spesse.
Sbarre.
In uno strano impeto, Voldemort sollevò la mano e le inferiate sparirono.
Nello stesso istante un lucernario di vetro colorato apparve fra il letto e il camino, irradiando la stanza di luce.
Più ce n'era, meglio era.
"Resta qua Nagini."
Il serpente dondolò il capo, arrotolato in poltrona, davanti a una scrivania.
"Padrone...cosa devo fare quando si sveglia?"
"Conducilo alla riunione."
"Se non vuole?"
Riddle era già alla porta.
"Se non vuole allora lascialo qui. Se non lo vedo, torno stanotte."
"Come ordini, padrone."
Passò una lunga giornata prima che il piccolo Tom Riddle riuscisse ad aprire gli occhi.
Percepì a pelle il calore di un caminetto ma il suo incubo non svanì, al risveglio completo.
Aveva sognato di essere stato strappato via, di nuovo, dal suo mondo.
Si mise seduto, guardandosi attorno.
Una grande stanza dai colori scuri. Una scrivania di ebano finemente decorato, tanti, tantissimi libri.
Guardò automaticamente l'orologio al suo polso.
Le dieci e mezza di sera.
Harry.
Doveva avvisare Harry.
Veleno illuminò i suoi occhi rossi, come per tranquillizzarlo.
Per il momento andava tutto bene.
Trovò dei vestiti sul pesante copriletto di piuma e se li mise, senza una parola.
Quando alla fine raggiunse la finestra per guardare fuori, vide sagome di torri lucenti come alabastro nero, nel buio.
Un cielo senza stelle. Un labirinto di rovine e siepi.
Capitelli infernali, statue di demoni accucciati nell'ombra, per custodire e imprigionare segreti antichi.
Dark Hell Manor.
Era a casa.
"Il padrone ti desidera."
Tom si girò di scatto verso Nagini, che prima non aveva notato, arrotolata su una poltroncina.
La scrutò diffidente, facendosi indietro. Non aveva neanche la sua bacchetta anche se dubitava che in un castello pieno di Mangiamorte, lui solo contro centinaia, avrebbe potuto servirgli.
Così era quella la serva più fedele di suo padre. Harry e gli altri non gli avevano mai detto molto di quel serpente, un famiglio o un Animagus, ancora nessuno lo sapeva, che era sempre stato accanto a Voldemort.
"Dov'è?" le chiese in serpentese, tornando a guardare fuori dalla finestra.
"In riunione, coi Mangiamorte."
A Tom uscì un gemito pieno di sarcasmo.
Cenare coi Mangiamorte. Voleva solo raggiungerlo per dirgli in faccia ciò pensava davvero di quel luogo e delle loro folli idee.
"Portami da lui."
Basta scappare. Se doveva morire, tanto valeva che almeno avesse sputato in faccia a suo padre ciò che davvero pensava di lui e della vita che gli aveva rovinato.
Nagini non se lo fece ripetere. Scese sinuosa dalla poltrona e davanti alla porta sigillata il serpente enorme riuscì a passare tranquillamente, facendo in modo che anche il prigioniero potesse uscirne.
Era in gabbia, si ritrovò a pensare. Di nuovo.
Ed era stato suo padre a mettercelo.
Per un tempo che parve infinito camminò per corridoi ampi, ricoperti di tappeti vermigli e neri.
Arazzi dall'aria consunta, tende nere e pesanti, statue e quadri che ricoprivano pareti intere, come per nascondere qualcosa.
Una casa enorme.
Una Lucilla diciassettenne, proprio come lui, era stata regina lì.
Una scala di dimensione gigantesche alla fine lo condusse al primo piano. Scendeva a chiocciola, toccando ogni piano. In mezzo, un lampadario polveroso in ottone ma ancora luccicante di cristalli dava bella mostra di sé.
Minimamente toccato da quella tetra e cupa dimora, il giovane Grifondoro riusciva solo a sentire sempre più nitide mille voci sibilanti e aggressive, proveniva da una porta a due battenti a pochi metri da lui.
Nagini si stava dirigendo lì.
La riunione.
Avrebbe dato la vita per Harry, questo era sicuro...eppure ora avrebbe dato la vita per averlo lì, perché venisse presto a salvarlo. Ma Tom sapeva bene di non poter chiedere nulla del genere in quel momento.
Harry e Draco dovevano stare lontano da quel luogo.
Assolutamente. E se questo significava vivere con suo padre per qualche tempo, insieme ai Mangiamorte, avrebbe accettato.
"Sei arrivato."
Nagini entrò nella stanza per prima, sibilando. Automaticamente si zittì anche la folla dei servi del Lord Oscuro quando videro Tom sulla soglia.
Il silenzio che calò fu decisamente spettrale. E fu anche una sensazione che Tom Riddle non avrebbe dimenticato facilmente, per il resto della sua vita.
Sentì il brivido dei re, dei generali, dei comandanti...di fronte al loro esercito.
Un esercito fedele, pronto a ogni cosa.
Poi, in mezzo a quella gente che lui conosceva di nome, o anche di visi, essendo la metà di essi padri e madri dei suoi compagni di scuola, risuonò una risata terribile. Piena di scherno.
Tom riconobbe subito quella voce.
- Fratello mio.- Rafeus Lestrange stava seduto a tavola, gongolando come un re di fronte a un suddito inferiore - Finalmente abbiamo l'onore di averti qua con noi, nel posto che ti spetta...anche se dubito che ai traditori sia conservato un posto d'onore.-
Non era cambiato.
Tozzo e forte, corpulento e con viso irregolare di Rodolphus Lestrange.
Tom non riuscì a trattenersi. Doveva ammettere che aveva atteso per anni quel momento.
- Il posto d'onore dei traditori dei maghi è in un posto solo.- gli sibilò, sogghignando biecamente.
- Azkaban?- gli occhi neri di Rafeus sfavillarono - Perfino laggiù i Dissennatori scarterebbero spazzatura come te.-
- Lestrange, piano con le parole.-
Tom notò Theodor Nott e sua moglie.
Ora li vedeva. Tutti seduti a lunghissima tavola, per circa settanta persone. Calici di vino, alcuni demoni impuri, alcuni vampiri.
Ridicoli. Ridicoli tutti quanti.
- Perché? Cos'altro vuoi dire al figlio traditore del nostri signore che si allea col suo nemico?- continuò il fratellastro con pesante arroganza - I vigliacchi vanno ammazzati appena nati.-
- Sorte che avrebbero dovuto rivolgere anche a tua madre.- uscì a Tom, in un sibilo che fece illividire Rafeus - A quanto ne so ha torturato un sacco di gente indifesa, disarmata. Come vuoi chiamarla se non codarda?-
- Un'altra parola su nostra madre e...-
- Un'altra parola sulla tua, vorrai dire.- rispose Tom, gelido.
Rafeus allora si alzò immediatamente. La bacchetta già alla mano.
In un lampo, fra le grida dei primi Mangiamorte che cominciavano ad agitarsi, si Smaterializzò di fronte a Tom.
Un istante dopo Riddle si ritrovò la bacchetta puntata alla gola.
Il volto del fratello era una maschera di rabbia.
- Bastardo.- gli sibilò.
Voleva vederlo andare a pezzi, voleva vederlo andare fuori di sé.
Tom si scoprì incredibilmente abile a far saltare i nervi a qualcuno.
- Problema di Bellatrix. Doveva tenere le mani a posto...- e vedendolo tremare di collera, Tom continuò perverso - Come sta il moncherino? Harry si coccola il tuo braccio tutti i giorni come un trofeo, sai?-
Oh, ce ne aveva messo per reagire.
Tom si spostò appena in tempo, evitando un pugno feroce in piena faccia. Dopo di che fu lotta aperta. Si abbassò di scatto e con rabbia si buttò addosso al fratellastro, afferrandolo per la vita e buttandolo a terra.
Fra pugni e colpi inferti, Tom riuscì a cancellargli quell'arroganza dalla faccia, nonostante Rafeus fosse molto più forte e pesante di lui.
I Mangiamorte stavano per fermarli quando entrò Vanessa di volata, precedendo qualcuno più importante di lei.
- Adesso basta! Finitela!- ringhiò la strega, afferrando Tom per le spalle e spingendolo via.
- Rafeus!- sbraitò poi, puntandogli il dito addosso - Smettila! Ti comporti come un ragazzino!-
- Levati di mezzo sorella!- e tirò nuovamente fuori la bacchetta ma non fece in tempo ad usarla.
Il gelo era calato sulla sala.
Veleggiando in un mantello nero, a capo scoperto, Lord Voldemort era apparso.
I Mangiamorte s'inchinarono, Rafeus deglutì e Tom rimase immobile, sputando a terra del sangue.
Voldemort li fissò entrambi.
C'era da piegarsi in ginocchio, tanta la grandezza nei suoi occhi rossi.
- Sembrate un branco di cani rabbiosi.- sibilò a voce bassa, ma l'eco risuonò ovunque, tenebroso.
Vanessa s'inchinò a sua volta.
- Padrone, perdonali.-
- Vostro figlio ha la lingua lunga, mio Signore Oscuro.- ringhiò Rafeus fra i denti - Insulta nostra madre.-
- Da qualcuno avrò preso no?- replicò Tom con pesante sarcasmo e mancò poco che si rimettessero le mani al collo, ma Rafeus si fermò al sibilo minaccioso, provenente dal polso proteso del giovane Riddle.
Veleno aveva ripreso la sua forma consueta e ora dondolava sulla mano del padroncino, vigile e combattivo.
- Placate gli animi.- ordinò Voldemort con voce roca - Thomas specialmente tu.-
- Allora che questo idiota mi stia lontano.- fece, fregandosene di tutti loro.
- Non sono qua per sedare i vostri dissapori da adolescenti.- disse Voldemort - Rafeus, sangue freddo.-
Lestrange s'inchinò con stizza.
Vanessa invece sorrise a Tom, melensa.
- E' un piacere, fratellino.-
- Vorrei poter dire lo stesso.- replicò lui, freddo.
- Te l'ho detto.- ringhiò Rafeus, tornando a sedersi - E' fiato sprecato con quel moccioso.-
I Mangiamorte si erano ricomposti, quindi Voldemort scoccò uno sguardo al figlio e con un cenno del capo gli fece capire di seguirlo. E così Tom fece, andandosene via col padre ma ben sicuro che prima o poi i suoi fratellastri gli sarebbero arrivati a tiro...e allora l'avrebbero pagata per tutto.
Non pensò lucidamente ad altro, fino a quando non mise piede nelle stanze di suo padre.
E allora, come sempre, Tom Riddle rimase senza fiato, incantato e ipnotizzato, di fronte a una titanica biblioteca.
Quando Voldemort si voltò per parlargli, notò che suo figlio non l'avrebbe ascoltato comunque.
Era troppo innamorato di un'altra cosa, al momento.
La conoscenza racchiusa nella sua biblioteca.
- Devi mangiare.- gli disse, rompendo la magia.
Tom sbatté le palpebre, fissando la piccola tavola imbandita per uno solo.
- No.-
- Vuoi morire di fame Thomas?- rise appena il Lord Oscuro - Non ci ho messo del veleno e ti faccio notare che se avessi voluto usare l'Imperius, l'avrei già fatto.-
- Fatica sprecata.- rispose Tom, stranendolo - Non ci riusciresti.-
- Controincantesimo?-
- Di Caesar.-
- Ah, già. Gli amici di tua madre.- Voldemort si sedette di fronte al piatto del figlio, versandosi del vino rosso in un flûte di vetro, dal gambo nero satinato - Strano che il signor Cameron si sia fatto invischiare nei nostri affari. È proibito.-
- Visto che giocate tutti sporco...- Tom alla fine si sedette lentamente, evitando di guardarlo in faccia - Voglio mandare un messaggio a Harry.-
Il mago sollevò gli occhi dal calice.
- Il motivo?-
- Dirgli che sto bene.-
- Lo sa già.-
- Considerate le cortesie che vi scambiate reciprocamente da tempo,- frecciò ironico e acido -...non credo che mandargli un messaggio per fargli sapere che sto bene potrebbe far danni, non pensi?-
Si sforzava di parlare normalmente, eppure stare lì di fronte a suo padre lo uccideva.
Si sentiva il corpo pesante, la gola secca.
Voldemort alla fine, dopo averlo squadrato tanto da farlo arrossire, annuì.
- E sia. Gli farò avere un messaggio questa notte stessa.-
- Grazie.-
Tom si maledisse. Poteva anche smetterla di essere tanto cortese verso l'uomo che l'aveva rapito!
- Mangia ora.-
C'era da fidarsi? Veleno al suo polso non rimandò segnali, così alla fine cedette.
- Mundungus sta davvero bene?- chiese, mandando giù della carne e dell'insalata.
- Si, benone.-
- Hn. Permettimi di non crederti così facilmente.-
- Non volevo sconvolgere gli animi. Per esperienza so che un Auror spaventato è più utile di un Auror morto.-
Ecco, gli era passata la fame.
Mollò le posate, lasciandosi andare contro lo schienale della soffice poltrona di broccato verdastro.
- Perché mi hai portato qui?- gli chiese, furente - Sai bene cosa ne penso di te e di quei pazzi che stanno di sotto.-
- Si, lo so.- Voldemort si versò altro vino, paziente - Ma la cosa non mi tocca per il momento.-
- Allora abbiamo un problema perché io non sarò mai d'accordo con questa folle crociata. Tu, come Grimaldentis, credi un po' troppo nella tua causa. Odio chi ci crede troppo.-
Un risolino proruppe dalle labbra sottili di Riddle.
- Thomas, purtroppo sei circondato di gente che crede fermamente in qualcosa. Quando si ha così tanta fede, si fa di tutto per vedere un po' di luce. Tu stesso credi molto in Harry.-
- Gli Auror salvano le persone, voi e gl'Illuminati le sbudellate. Perdonami ma ci vedo una bella differenza.- poi Tom agitò la mano, infastidito - E' inutile parlare con te.-
- Esattamente.- annuì Voldemort - Io non cambio idea.-
- E allora cosa vuoi fare? Chiudermi in gabbia in quella stramaledetta torre?- il Grifondoro alzò la voce, cominciando a tremare - Ne ho basta di fare il prigioniero per una causa che non è mia!-
Voldemort lo interruppe, per nulla toccato dalla sua ira.
- Sbaglio o un fantoccio venti giorni fa ti ha quasi ucciso?-
Tom si fece indietro, confuso.
- E questo cosa centra?-
- Centra che Hogwarts per te non è più sicura. Harry ha già molto da fare e non si occupa di te come dovrebbe.-
- Sono maggiorenne, se per caso non lo sapessi.-
- E questo implica il fatto che debba lasciare che mio figlio venga ucciso dal primo parassita di Augustus che mette piede impunemente alla scuola di magia? Mi sa che abbiamo visioni divergenti, figlio mio.-
- Meglio morire che far da bandiera per i tuoi Mangiamorte.- gli sibilò rabbioso.
- La morte non è una scelta contemplata per te.-
- Ripeto.- Tom lo sfidò, gli occhi lucidi e traballanti come fiammelle - Vuoi tenermi rinchiuso nella tua torre per sempre? Così non morirò?-
- Per ora voglio solo tenerti lontano da Augustus, ecco tutto.-
La pacatezza e l'indifferenza con cui gli rispondeva lo stavano mandando al manicomio!
- Quindi sono prigioniero.-
- Vedila come vuoi, Thomas. Questa cosa può risultare vantaggiosa per entrambi.-
- Non vedo come.-
- Oh, lo capirai.- Voldemort rise, alzandosi in piedi - Ora finisci di mangiare. Abbiamo tempo per discutere del resto.-
Harry Potter rientrò solo, a Lane Street, verso mezzanotte.
Il pendolo magico di Ron stava battendo i suoi ultimi rintocchi.
Distrutto, salì le scale al primo piano, carezzando appena Pinky e Piumino, che l'avevano aspettato tutto il giorno.
A buon diritto, una delle giornate peggiori della sua vita.
Le ricerche si erano fermate solo quando, mezz'ora prima, Harry aveva ricevuto un biglietto di scherno, di vittoria, di rivalsa. Il biglietto di un padre che si era ripreso il figlio.
Tom stava bene.
Fine.
Voldemort fra le righe l'aveva mandato all'inferno, dimostrandogli ancora una volta la sua supremazia.
Ron, Edward e Draco avevano portato Cloe e Damon a Cedar House visto che si erano fermamente rifiutati di tornarsene a casa loro, mentre Trix era tornata al suo appartamento.
La squadra di Jess invece era impegnata nel Sunset, alla ricerca di qualche resto, nella casa dei Newsome.
Si stava versando del caffè quando da un vecchio baby monitor arrivò un vagito sconosciuto.
Sollevò gli occhi, ora dolcemente ridenti.
La bambina.
- Ciao. Sei tornato.-
Si volse, vedendo Blaise Zabini scendere dalle scale del secondo piano.
- Ehi.- lo apostrofò blandamente Potter - Come mai qui?-
- Draco mi ha chiesto di controllare Elettra e la piccola e gli ho anche portato gli ultimi dati sui nostri esperimenti del Lazzaro.- poi Blaise lo guardò attento e caloroso - Tu come stai?-
- Uno schifo.- si portò la tazza alla bocca, sorseggiandolo lentamente - Tom almeno sta bene.-
- Non preoccuparti.- Zabini gli dette un colpo amichevole sulla spalla, infilandosi il cappotto e i guanti - Andrà tutto bene. Tom è uno che se la sa cavare sempre. Come te.-
- Domani ci sei?-
- Si.- fece l'ex Serpeverde, fermo sulle scale per scendere - Ora vado da Draco, poi dormo qualche ora e ritorno qua verso le sette. Gli altri sono al sicuro?-
- Damon e Cloe con Tristan, Trix al suo appartamento. Li sorvegliano, ma non credo che a loro succederà nulla. Il fatto è che non devono scappare per correre a Dark Hell Manor per una missione suicida di salvataggio. I Mangiamorte li catturerebbero o peggio, li ammazzerebbero.-
- Lucilla?-
- Controlla con Cameron che su Tom ci sia una protezione continua, all'insaputa di Voldemort.-
- Quindi è in una botte di ferro.- Blaise gli sorrise, scuotendo il capo - Dormi Harry. Davvero. Cerca di riposare, fallo almeno per Tom. Quando andremo a riprendercelo, avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile.-
- Già. Vai adesso, sarai stanco anche tu.-
- A domani.-
- A domani.-
Sparito Zabini, che aveva sempre le parole giuste per far sentire meglio anche un verme, Harry finì il caffè e raggiunse con passo silenzioso la sua camera da letto.
La bella voce di sua moglie stava ninnando la loro nuova piccola ospite.
Vide Elettra alla portafinestra del balcone, illuminata dalla luce dei lampioni di Lane Street.
Una fata, con in braccio una bambina che teneva stretta una lunga ciocca dei suoi capelli biondi.
La piccola era sveglia.
Erano una visione.
Non fosse stata vestita con una tutina rosa, quella piccola avrebbe potuto essere scambiata per il fratellino di Lucas. Capelli neri, occhi azzurri e vispi.
- Ciao.-
Elettra si volse, smettendo di cantare.
- Ciao.- lo salutò, uno sguardo tenero solo per lui - Allora? Come va?-
- Voldemort ha preso Tom e ora è al sicuro in quella fortezza di Dark Hell Manor.-
- In una certa visione delle cose, si potrebbe dire che non è andata male. Non pensi?-
Potter sospirò, raggiungendole.
Carezzò la testa alla bambina che sgambettò allegramente.
- Non ha sonno eh?- fece, abituato a certi orari assurdi.
- Credo le manchi sua madre.- Elettra sospirò, baciando la testa scura della piccolina - Ho parlato con Hermione. È vero che è la figlia di una grande famiglia di gagia?-
- Si, una strega oscura.-
- L'hanno lasciata a te.-
Il bambino sopravvissuto annuì ancora.
- Non ha più nessuno.-
Sollevandola fra le braccia, Elettra studiò a lungo e in silenzio la bambina.
Così piccola...e la vita era già stata così dura con lei.
- I suoi sono morti. E' rimasta sola.- il dolore del passato lo avvolse, impietoso. Un'altra creatura...col suo destino.
Ma non colpì anche Elettra, che dura come una roccia non perse un briciolo della sua forza.
- Una piccola sopravvissuta.- mormorò la strega bionda, volgendo il capo verso di lui - Come te. La morte si è presa tutti...ma non te, non lei. Sai Harry, credo che per quanto i nostri nemici cerchino sempre di distruggerci...resta sempre qualcuno, dietro di noi...per salvarci e proteggerci. Resta sempre una speranza, che ci fa credere che tutto alla fine andrà bene.-
Gli porse la bambina, senza mai lasciare il suo sguardo innamorato.
- Con te è sopravvissuta la nostra speranza.- gli disse in un soffio, con voce bassa ma che lui non avrebbe mai scordato - Con lei sopravvive la mia fede che anche se cercano di annientarci tutti, noi andremo avanti. Voglio chiamarla Faith.-
- Faith.- ridisse lui, carezzando la piccola - Fede. Si, mi piace.-
- Faith Potter.-
Stavolta il bambino sopravvissuto alzò il capo, gli occhi sbarrati.
- Vuoi...adottarla?-
Ed Elettra Baley Potter sorrise, il sorriso di un patto.
- Tu no, Harry Potter?-
Già.
Forse era venuto il tempo di tornare ad avere fede vera, in quella speranza di pace.
Se il destino gli aveva portato quella bambina sulla porta, come un tempo lui stesso era stato abbandonato e poi salvato, doveva essere così. Un segno.
E per esperienza sapeva che i segni andavano accettati, nel bene e nel male.
Seguirli.
Per farsi indicare la via.
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I Figli Della Speranza |Dramione|
FanfictionTerza parte della saga, signori e signore. La battaglia fra Harry Potter e i Mangiamorte subisce nuove mutazioni con l'entrata in scena di personaggi ambigui che minacciano la nuova vita del bambino sopravvissuto, mentre il giovane Tom Riddle, ormai...