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Dilagavano.
Come una nube di veleno mortale, i Mangiamorte si rovesciarono sul dominio dei maghi senza pietà.
Travolgevano ogni cosa, spargendo fiamme e sangue.
Quella notte la Gran Bretagna venne messa a ferro e fuoco.
Quella notte, in pochi si salvarono.
E non ci furono bambini a portare un fulmine sulla fronte a liberare i maghi da un Marchio Nero.
Non ci fu nessuno quella notte che osò alzare il capo.
E com'era già accaduto in passato, la storia si ripeté.

A Cedar House regnava il suono tenue di un pianoforte.
Il timbro ovattato dei tasti calava e risaliva in picchi violenti.
Il pendolo vittoriano del grande salone batté le quattro di mattina e la nenia ridivenne malinconica e lenta, senza rabbia e strozzature straziate mentre fuori dalle grandi finestre a impero imperversava un gonfio temporale.
La pioggia batteva e rigava i vetri, scendendo in linee verticali che rassomigliavano le sbarre di una prigione.
La mani che suonavano l'antico pianoforte a coda erano sciolte ed eleganti, un tutt'uno con chi sedeva a quei tasti.
La mano sinistra portava un anello, il blasone della famiglia Mckay e una fede dorata all'anulare.
La destra un altro anello d'oro giallo, al pollice.
Quelle dita continuarono a suonare, prima piano, poi febbrili provocando un suono a volte stridulo e lontano.
Un lieve cambiamento e la malinconia diventava un'atroce disperazione.
Jess Mckay inclinò dolcemente il capo, terminando una scala di solfeggi.
Sul bel viso, l'espressione di chi sapeva. E non poteva fare niente.
Continuava a suonare da ore ormai, senza mai smettere.
Qualcuno gli posò una tazza di the sul braccio del pianoforte, poi sua sorella Sofia tornò a sedersi sul divano.
Adorava ascoltarlo. Anche in una notte simile, quando era stata svegliata ed aveva appreso la terribile notizia.
Si avvolse meglio nella vestaglia di seta, guardando fuori dalle tende.
Il cielo sembrava piangere.
- Dov'è Tristan?- chiese Jess all'improvviso, senza smettere di suonare.
- Nello studio. Sta parlando col signor Gillespie.- Sofia si portò la tazza di porcellana alle labbra - Ti senti bene?-
Il primogenito dei Mckay non rispose, premendo con forza su un do che risuonò a lungo fra quelle mura.
- Andrew?- replicò, chiedendole di suo marito.
- Arriva subito. È con i bambini in camera. Li sta cambiando.- Sofia girò il cucchiaino nella tazza, abbassando gli occhi verdi sul liquido dalla sfumatura d'ambra - Jess...Alex era spaventato. Forse dovresti parlarci.-
- Non ho detto io a Sarah di svegliarlo.-
- Jess...-
- Sofia, non ho voglia di parlarne.-
La strega sospirò, addolorata.
- E' tuo figlio.-
- Non parlo di Alexander. Parlo di Sarah.-
I due rimasero in silenzio, lasciando che il maggiore tornasse a concentrarsi sui tasti quando dalla porta laterale entrarono due persone. Un uomo sui trentacinque anni, proprio come Jess, dall'aspetto mite e dolce, capelli scuri e una leggera barba sul mento. Li raggiunse con in braccio due bambini.
Uno di cinque e uno di tre anni.
Il più piccolo, con una zazzera bionda e in pigiama, si fece mettere giù e corse al pianoforte.
- Papà!- tubò e allungò le braccine verso Jess che per un attimo smise di suonare. Senza mutare sguardo lo prese in braccio e lo fece sedere accanto a lui.
- Stai bene Alex?- gli chiese Sofia con un dolce sorriso.
Il bambino annuì computo, stringendosi a suo padre e poi con vocetta infantile chiese degli zii.
- Arriveranno presto.- gli rispose Andrew McCormac, il marito di Sofia - E tu Herik? Tutto bene?-
Il bambino sui cinque anni sembrava molto più risoluto e forse, per farsi vedere più coraggioso, si mise seduto a una certa distanza dalla madre, ottenendo solo l'effetto di farla ridere.
- Sarah arriva subito.- disse Andrew, informando Jess - E' nell'anticamera a parlare con Rose.-
L'altro evitò accuratamente di rispondere, senza staccare gli occhi verdi dal pianoforte e dagli spartiti, anche se non aveva alcun bisogno di leggere la composizione.
Sapere che sua madre era in casa era una notizia oltre modo spiacevole e che poi Sarah stesse parlando con lei era anche peggio. Con loro c'era certamente anche Elisabeth.
Jess però con tutto il cuore che Degona fosse riuscita a sfuggire alle sue grinfie e avesse fatto un rapido giro di controllo sui loro compagni e amici grazie alla sua empatia e proprio pensando quello, sentì dei passi leggeri sulla scalinata del piano superiore.
Alzò appena il viso e vide un'eterea ragazzina di appena dieci anni scendere a tutta velocità i gradini di marmo. Lunghi boccoli ben oltre la schiena e occhi verdissimi, come tutti i Mckay, la piccola Degona era cresciuta in sei anni tanto da rassomigliare sempre di più a sua madre.
In un semplice pigiama bianco ma molto raffinato, che Liz aveva scelto per uno dei suoi ultimi e costosi regali, Degona Lumia Mckay li raggiunse a piedi scalzi, incurante di ciò che avrebbe potuto pensare la sua governante e istitutrice.
Si chinò e baciò la guancia a sua zia Sofia, sedendosi al suo fianco e incrociando le gambe snelle.
- Siamo tutt'orecchi.- le disse suo zio Andrew.
I lineamenti da bambola di porcellana di Degona per un attimo si tesero.
Si sporse e guardò oltre la porta del salone. Sentiva le voci di sua nonna Rose, del nonno Tanatos e anche Liz e di sua zia Sarah. Era meglio essere cauti, sapeva che un solo accenno a un utilizzo improprio della sua empatia poteva scatenare discussioni a non finire e lei sapeva bene che quella non era la situazione adatta.
Tornando composta, intercettò per un attimo lo sguardo di Jess.
Anche lei, sentendo la sua melodia in cui erano intrinsechi i suoi stessi sentimenti, assunse un'espressione malinconica.
- Lo zio Clay sta bene.- mormorò con una voce dolce e calda - Lo zio Milo è alla Corte. Mentre Sphin è al Ministero. Con lui ci sono Ron e tutti i suoi fratelli. Fra poco andranno tutti alla sede dell'Ordine.-
- Questo l'hai sentito da loro?- le chiese Sofia.
- No ma tutti lo pensavano. È nell'aria, sopra di loro...su tutto il Ministero.- rispose la ragazzina, abbracciandosi le gambe e poggiando il mento sulle rotule con aria sconsolata - Sono tutti impazziti. È pieni di paura...-
- E come al solito nessuno fa niente.- sibilò Jess, tornando a pigiare violentemente i tasti.
- Papà cosa succede?- gli chiese il piccolo Alexander con la sua vocina sottile.
- Niente tesoro.-
Una donna alta, dal corpo sinuoso e avvolto in un vestito dai toni color pastello era arrivata sulla porta.
Pelle liscia, lunghi e serici capelli color del grano e mani curate dimostravano le sue origini, insieme al girocollo dorato con su lo stemma di famiglia che qualificava Sarah Haberhart come un'ottima moglie purosangue.
La donna, sulla trentina, raggiunse suo figlio e lo strinse forte, dimostrando ancora una volta quando Alexander fosse una delle due cose più importanti della sua vita.
- Mamma perché sono tutti svegli?- sbadigliò ancora il piccolino - E perché siamo venuti a casa dello zio Tristan?-
Sua madre sorrise, prendendoselo in braccio e sedendosi sullo sgabello del pianoforte, quasi per avvicinarsi timidamente a suo marito - Non è successo nulla, non ti preoccupare. Siamo venuti qui dallo zio per stare un po' tutti insieme. Sei contento?-
Il piccolo Alex sorrise, annuendo vigorosamente poi sbadigliò più di prima e si appoggiò alla madre.
Era veramente stanco. E anche il piccolo Herik, suo cugino, doveva esserlo perché aveva appoggiato la testa sulle gambe di suo padre e si era addormentato, stringendo persino la mano a Sofia.
- I bambini dovrebbero già essere a letto a quest'ora.- sentenziò Rose Mckay, entrando affiancata dalla fida Elisabeth e seguita poi da Tanatos Mckay, quello che aveva l'aria più irritata di tutti - Anche tu, Degona.-
- L'ho svegliata io.- la interruppe Jess bruscamente, senza neanche guardarla.
- E tu cosa fai qua?- sbottò sua madre, avvedendosi di lui - Non eri in Francia insieme a Leblanc?-
- Sono tornato stanotte.-
- Devo crederti?-
Jess a quel punto smise di suonare e richiuse seccamente il coperchio dei tasti, facendo sobbalzare più di un presente.
- Credi a quello che ti pare.- le disse e senza aggiungere altro prese la sua tazza di the, ormai freddo, poi anche Degona per mano e se la portò nello studio, lasciando un muto silenzio alle sue spalle.
Attraversando i corridoi illuminati da candelabri e piccole luci, Degona non poté fare a meno di sentirsi protetta accanto a suo zio. Nonostante...nonostante ciò che sentisse, sfiorandogli semplicemente l'epidermide.
- Zio?-
Jess finalmente rallentò un po' il passo, placando la sua ira.
- Zio...credi che Tom stia bene?-
Un sospiro, poi il primogenito di Tanatos Mckay si chinò a guardarla. Le carezzò il viso e le spalle.
- Tua madre l'avrà trovato. Stai tranquilla. E poi lo sai che tuo fratello è in gamba, no?-
I grandi occhi della ragazzina brillarono in una sorta di orgoglioso e quasi possessivo legame che non era di sangue, ma spirituale, fra lei e il giovane Tom Riddle.
- Voi due!-
Jess e Degona si voltarono, trovandosi Tanatos alle costole.
- Se pensavate di lasciarmi solo in quel covo di aspidi vi sbagliate di grosso.- sentenziò il vecchio mago dall'aria ancora austera e regale, accendendosi un sigaro - Sofia me la farà pagare cara ma non ho intenzione di sorbirmi i discorsi di Elisabeth e di mia moglie sulla mia cara nipote!- e strizzò l'occhio a Degona - Scappa a nasconderti dietro alla gonna di tua madre diavoletta, o nei prossimi giorni subiremo un vero colpo di stato qua dentro!-
- Ho superato l'esame.- rispose Degona con aria mogia - Perché non mi credono all'altezza?-
- Non è questione di bravura.- le disse Jess - Ma di testa. Tua nonna Rose e Liz sono uguali, piccola. Ti vedranno sempre come una neonata e il pensiero che con un anno di anticipo tu abbia passato un esame che ti permetta di accedere prima a Hogwarts, le mette in agitazione.-
- Meglio a Hogwarts a questo punto.- scandì Tanatos, accendendosi un sigaro gigantesco - Che qua a Londra sola nelle mani di Elisabeth dopo tutto quello che accadrà stanotte e nei prossimi giorni.-
Degona stavolta sorrise, volgendosi alla sua sinistra dove nessuno vedeva altro che una parete.
Mai lei invece ci vide ben altro. Lei non era mai veramente sola.
Strizzò l'occhio a Nyssa, la sua custode e la donna a sua volta sorrise, veleggiandole attorno.
- Siamo sicuri che sia Lui?- sibilò intanto Tanatos - Non potrebbe essere un falso allarme?-
- Tom non sarebbe uscito per un falso allarme, lo sai.- rispose Jess cupamente, tornando ad incamminarsi verso lo studio di suo fratello minore - E tantomeno Lucilla. Spero che lei sia riuscito a trovarlo.-
- Al ragazzo serve una bella ripassata!- scandì il vecchio mago - Andare incontro a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato in questo modo!-
- Non sappiamo neanche dove si siano diretti i Mangiamorte. Per ora sono solo soffiate degli spioni papà.- gli disse Jess, fermandosi di fronte a una grande porta a due battenti di mogano scuro - Quando ci saremo riuniti tutti all'Ordine allora ne sapremo di più. Per il momento possiamo solo aspettare e chiudermi in casa...-
- ...come conigli!- concluse Tanatos oltraggiato.
- Già.-
Quando i battenti si aprirono, i tre maghi vennero investiti dal tepore delle fiamme di un caminetto già acceso.
Sembrava veramente che fosse pieno inverno.
Era calato un freddo che in Gran Bretagna non si era mai sentito ad agosto.
Fra le fiamme del caminetto, la testa di un tizio guardava con un misto di pena e apprensione il padrone di casa che camminava davanti e indietro davanti ai ciocchi ardenti.
Tristan Mckay sentendoli arrivare si fermò, imprecando fra i denti.
- Salve Duncan.- fece Tanatos, salutando il capo degli Auror - Come andiamo?-
Duncan Gillespie quella notte aveva già mandato giù un intero flacone di Demerol e sebbene lui non fosse mai stato portato per la medicina babbana, doveva ammettere che stava facendo miracoli sulla sua depressione.
Fece una smorfia al vecchio Mckay mentre Tristan si sedeva sulla scrivania, levando di torno tomi e oggetti magici che in quel momento non servivano a niente.
Un'occhiata e Jess capì di non essere l'unico ad aver bisogno di un goccio di whisky, così andò al bancone e preparò due bicchieri quando suo padre, sentendosi escluso, si prese poi il resto della bottiglia.
Il padrone di casa era stato buttato giù dal letto verso le due e mezza, quando qualcuno si era accorto della scomparsa di Tom e bhè, si, quando sua figlia aveva sentito un grido.
E il pianto di due bambini piccoli.
Un tuono fece traballare Cedar House ma nessuno se ne curò.
Degona per prima, dopo aver abbracciato forte il padre che adorava come un dio, andò verso la finestra e si strinse con delicatezza alla vita della donna più bella su cui avesse mai posato lo sguardo.
Sua madre.
Lucilla del casato dei Lancaster puntava gli occhi bianchi oltre il buio della notte, del temporale.
Degona si chiedeva spesso fin dove sua madre poteva vedere.
Fin dove...poteva arrivare.
Una donna così bella da sembrare irreale. I capelli bruni colmi di boccoli erano sempre più lunghi, la bocca sempre più rossa e la pelle sempre più fredda. Nessun cuore, nessuna emozione. Sempre meno umana.
Ma sempre più innamorata delle due persone che erano tutta la sua vita.
Lucilla però distolse subito la sua attenzione dalla tempesta, passando una mano fra i capelli della figlia.
Degona l'abbracciò allora più stretta, sapendo bene che quella fragilità era solo illusoria.
Affondò il viso nella spalla nuda di Lucilla, sentendo il suo profumo di gigli e il liscio tessuto della sua vestaglia di seta.
- Guarda.-
Degona fu felice quando sua madre, levando una mano aperta, le mostrò qualcosa.
Nelle lucide unghie quadrate laccate di uno scuro color vermiglio, la ragazzina vide qualcosa.
Un'immagine.
- Tom sta bene!- disse la streghetta, sorridendo - Chi c'è con lui?-
- La sola persona che poteva trovarlo.- le rispose Lucilla, con sguardo sereno - E' con Claire.-
Le due tacquero per un attimo, con Degona sempre fissa a osservare il fratello. Salvo, dalle mani dei Mangiamorte.
- Mamma...lui...Lord Voldemort è tornato vero?-
Lucilla annuì, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra.
- Si.-
- E vuole prendersi Tom?-
- E Harry.- rispose la Lancaster.
- E...vuole anche te?-
Sua madre sembrò pensarci.
- Si. Io l'ho ingannato.-
Degona cercò di leggerle dentro ma non ci riuscì. Sua madre era l'unica i cui pensieri per lei erano irraggiungibili.
Inafferrabili.
- Credi anche tu che faccia male ad andare a Hogwarts col papà?- sussurrò allora la piccola strega - Credi come Liz e la nonna che io voglia solo cacciarmi nei guai?-
Un debole sogghigno si piegò sulla bocca della demone.
- Ancora nutri il segreto desiderio che io sia come il resto della gente che ti circonda, tesoro?-
La gioia scoppiò nel cuore dell'empatica che le gettò le braccia al collo e la baciò con uno schiocco.
- No. Tanto lo so che sei senza speranza mamma!-
Madre e figlia risero insieme, poi finalmente il fuoco nel camino divenne più sottile. Duncan era sparito.
Quando Tristan si volse verso di loro, era tutto deciso.
- Domani l'Ordine della Fenice torna a riunirsi.- scandì, fissando attentamente Lucilla - E' guerra dichiarata.-
- E per Tom?- chiese Tanatos - Gli mandiamo un gufo per farsi trovare dai Black?-
- Non si preoccupi.- rispose la Lancaster, tornando a guardare fuori dalla finestra - E' al sicuro. In ottime mani.-

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