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Trix si svegliò di soprassalto.
Era seduta su un cassettone di legno, poggiata a una mensola.
La finestra davanti a lei subiva l'assalto di una pioggia pomeridiana.
Il cielo pallido e bianchiccio metteva tristezza.
Le ossa le dolevano per l'essere stata tanto a lungo in quella brutta posizione, scomodissima anche per un'immortale come lei ma riuscì ugualmente a rimettersi composta, imprecando fra i denti.
- Quanto ho dormito?- mormorò.
Non era sola, ovviamente. Non lo era mai stata. Milos Morrigan si accese una sigaretta, prendendola dal pacchetto posto sul tavolo di vetro e metallo, in mezzo al suo appartamento di Charing Cross, nodo nevralgico del traffico londinese.
Appena uscito dalla doccia, in pantaloni scuri, si passò un asciugamano sui capelli umidi.
- Un'ora e mezza.- le rispose con pigrizia, troppo intento ad asciugarsi la chioma corvina.
- Novità?- chiese ansiosa.
Il Diurno la guardò con un misto di irritazione e comprensione.
- Ti avevo detto di dormire.-
- Quindi la risposta è no. Nessuna novità.- sussurrò, desolata.
- Ti ho portata qua per riposare e stare lontana dagli idioti di Kronos che tengono d'occhio casa tua.-
- Ho dormito un'ora e mezza.-
- Sulla mia finestra.- le ricordò sarcastico - Fila letto.-
Istintivamente la giovane strega portò lo sguardo di topazio oltre i pannelli di vetro e plexiglas che separavano il salotto dalla stanza di Milo.
Il grigiore della luce fuori si mischiava col perlaceo e l'arredamento di metallo e vetro dell'appartamento, rendendo tutto come sospeso nel tempo.
Ma guardando quel letto, avvertì un brivido d'ira e fastidio.
- Non ci dormo lì.-
Morrigan se l'era aspettato e sorrise, mettendo la testa nel frigo.
- Non ho sono stato a letto con Iside.-
Trix si rannicchiò sulla mensola, stringendosi le gambe nude al petto, abbracciato da uno bustino nero.
- Sicuramente non ci credi.- continuò lui, posandole accanto sul cassone di legno un bicchiere panciuto colmo di sangue.
- Dovrei?- sussurrò, fissandolo.
Milo non rispose più, poggiandosi alla finestra ma restando in piedi.
Era domenica pomeriggio. Il giorno dopo sarebbero dovuti tornare a Hogwarts.
Senza Tom.
Erano passate solo poche ore da quando il messaggio di Lord Voldemort aveva raggiunto Harry, per avvisarlo che Tom era vivo e in buona salute, ma questo non aveva placato i loro animi.
Cloe e Damon in quel momento si trovavano distrutti a Cedar House, sotto la custodia di Jess e Tristan.
Trix invece aveva deciso di tornarsene a casa sua, per leccarsi le ferite in pace, per maledirsi di non averlo controllato meglio, per piangere da sola...ma non c'era stata pace neanche per lei.
Appena giunta di fronte al suo condominio, era stata circondata da seguaci di Kronos Leoninus che avevano cercato di rapirla. Se l'era cavata con l'aiuto di Milo, che l'aveva seguita da lontano subodorando qualcosa.
Spazzati via i lecchini dello zio del Diurno, i due avevano raggiunto Charing Cross.
Si erano mossi in silenzio, consci di essere soli, muovendosi come in punta di piedi, per non infastidire l'altro.
Anche parlare...era diventato così difficile.
E il ricordo di Iside, sulla porta e con quel suo sorriso feroce, la feriva ancora.
Bevve un altro sorso di sangue, poi Trix posò il calice e tornò a guardare fuori.
Un cupo brontolio dal cielo fece aumentare il carico di pioggia.
Le gocce cadevano sempre più grosse, ticchettando sul davanzale, sui vetri, sui tetti.
Milo finì di bere e di volata s'infilò una camicia bianca, come pronto a uscire.
Lei di colpo lo fissò sgomenta.
- Dove vai?- alitò.
- Pensavo di tornare al tuo appartamento. Voglio vedere se ne sono arrivati altri...- ma non finì di parlare che Trix l'afferrò per il polso - Non voglio che vai.- gli disse.
- Potrebbero essere ancora lì.-
- Chissene frega, non uscire.-
Milo la fissò, poi abbassò il viso sulle mani fredde di Trix chiuse sul suo polso.
In un attimo ricordò la notte in cui l'aveva quasi ucciso.
Lei mollò la presa, raggiungendo di nuovo ad occhi bassi la finestra, su cui si rannicchiò.
Seguì ogni suo movimento, ogni linea della gonna di pelle, del bustino, della maglietta di tulle che ne fuoriusciva.
Se non era magnifica lei...chi altra lo era?
Stremato da quella che sarebbe stato il fine giornata più lungo della sua vita andò in camera sua, lasciando aperti i pannelli opachi che la separavano dal salotto.
Si sedette esausto sul basso letto, agitando una mano ed aprendo le tende bianche con la telecinesi.
La portafinestra rimandava una Londra grigia, fradicia e zuppa.
Dai comignoli usciva fumo poco denso, frammentato dalla pioggia.
L'aria in casa era impregnata del profumo tenue di Beatrix, misto a quello delle candele tonde e rosate, sparse ovunque ma in uno schema preciso, per tenere alla larga vampiri molesti.
Rimase a fissare il vuoto, oltre i vetri, fino a quando al rumore della pioggia si sovrappose quello dei tacchi della strega.
Si appoggiò alla parete con la spalla, incrociando le braccia.
Si guardarono, senza una parola.
Le candele languirono leggermente, quando dal salotto si aprì una finestra, sbattuta dal vento.
Milo la richiuse col pensiero, senza smetterla un solo istante di fissarla.
Come un gioco, si sfidavano ad abbassare lo sguardo.
Poi alla fine Trix cedette, abbassò il suo, ma solo per sospirare.
- Ho fallito.-
Milo sorrise desolato, scuotendo la testa.
- Tom starà bene. Non hai fallito. Se vivi nella fobia di essere sempre presente, non potrai mai essergli d'aiuto.-
- Non parlavo di lui.-
La Vaughn rimase immobile.
- Parlavo di te.-
Milo sollevò appena un sopracciglio.
- Che significa?-
- Ho fallito con te. Su tutti i fronti. Troppo giovane per un vincolo e troppo bambina per accettare di combattere per averti.-
- C'è poco per cui combattere. Te l'ho detto. Fra me e Iside non c'è stato nulla. Ho colto l'occasione al volo quel giorno perché ero spaventato da quello che mi avevi fatto con un bacio soltanto.- Milo si accese un'altra sigaretta, per tenere le mani occupate e non farle vedere che gli tremavano - Non farti scrupoli Trix.-
- Davvero non dovrei farmene?- sussurrò di rimando.
- Per questo?- lui si toccò il collo - Se qualcuno mi avesse fatto ciò che io ho fatto a te, avrei ucciso.-
- Non potevo sopportare che proprio tu mi avessi tradito.- ammise, passandosi furtivamente una mano sugli occhi - Questo però non mi autorizzava ad ammazzarti.-
- Sono ancora vivo.- disse, cercando di sorridere - Ti fai del male e basta, smettila.-
- Me lo merito.-
- Io me lo meritavo.-
- Oh, smettila.- sbottò, irritata e sull'orlo delle lacrime - Mi sono comportata come una pazza isterica. Tu non eri tenuto a...- e s'interruppe, guardando altrove.
Tenuto a cosa?, pensò dandosi della stupida per l'ennesima volta.
- Se stai pensando che non ero tenuto ad amarti e a difenderti...- mormorò Milo, risvegliandola - Ti sbagli. Era tenuto a farlo. A fallire non sei stata tu. Sono stato io. E adesso ne pago le conseguenze.-
- Se parli di Asher...-
- Non parlo solo del mannaro.- rispose, usando volutamente quel sostantivo irritante per un vampiro come lui - Altre meno pietose di te, me l'avrebbero fatta pagare molto più cara. Una cicatrice e pochi ricordi non mi sembrano eccessivi.-
- Quindi hai scordato tutto.-
Finalmente tornò a guardarla in faccia.
E la sua espressione negava vivamente ogni singola parola.
- Non ho mai scordato. Non posso...ma anche se potessi, non vorrei scordarmelo.-
- Milo io...-
- Trix, davvero. Non è necessario. Non serve che tu ti metta a posto la coscienza. Non per quello che ti ho fatto.- e si chinò coi gomiti sulle rotule, prendendosi la testa fra le mani - Non serve.-
Eppure quel senso di fallimento, di perdita, di sconfitta su tutta la linea...no, non se ne andava.
Beatrix si pulì di nuovo una lacrima solitaria e senza più indugi lo raggiunse.
Gli carezzò appena i capelli, restando in piedi ma lui fu veloce ad afferrarle il palmo.
Avevano fatto un casino in due.
Si erano dati una sonora batosta da soli, senza neanche sapere cosa facevano.
Vedendogli quell'espressione in volto alla fine non resistette. Si avvicinò e si sedette sulle sue gambe, cingendogli il collo. Milo risalì immediatamente ad abbracciarle la vita.
- Mi dispiace cucciola.-
Finalmente sorrise, anche se non vedeva nulla.
Le lacrime le offuscavano la vista.
Un casino. Un vero fallimento.
Fu col cuore a pezzi che si chinò a baciarlo, per distruggere di nuovo tutto quanto.
Fu come un ordine, a cui lo obbedì senza più tirarsi indietro, con impeto, chiudendole le labbra con un bacio avido, ormai dimentico di patti, vincoli, principi.
Se dovevano obbedire a un qualche principio, ormai tanto valeva obbedire al loro stesso desiderio.
Come due schiavi chinano la testa.
Non le importava più che si sarebbe staccato, cacciandola via. Beatrix ormai sentiva solo la pioggia che ticchettava sui vetri. Gli sospirò in bocca, premendo contro di lui lo divorò come se fosse suo diritto.
E Dio, se avere il suo sangue nelle vene non le dava quel dono...cos'altro avrebbe potuto darglielo?
Aveva il sangue di Milo in lei.
Non era sufficiente? Questo non lo faceva suo?
I nastri del suo bustino si sciolsero. Le dita di Milo si muovevano con straordinaria lentezza, eppure sempre più veloci.
Era musica.
Era poesia.
Era sangue, era vita.
E scivolando sul materasso, sui cuscini, ebbe quasi la sensazione che fosse stato quel fallimento, a portarla a capire.
Quel vincolo era quanto di più prezioso avesse mai ricevuto...

I Figli Della Speranza  |Dramione|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora