Nonostante Mina fosse davvero decisa a mantenere la promessa fatta a Colin, tutto sembrava remarle contro. Dopo il pomeriggio in cui aveva promesso al ragazzo di lasciare Andrew per stare finalmente insieme, non aveva nemmeno più incrociato per sbaglio il suo ormai non formalmente ex fidanzato. Andrew mancava da scuola da due giorni, per un'improvvisa influenza che, a quanto pareva, lo aveva inevitabilmente bloccato a letto, e Mina non voleva lasciarlo per telefono. Nonostante tutto, rispettava quella relazione, e Colin l'aveva più volte tranquillizzata, nei pomeriggi passati insieme. Un giorno in più non avrebbe cambiato nulla, anzi, avrebbe solo rafforzato la scelta di Mina. La ragazza, comunque, si era ripromessa che avrebbe risolto tutto l'indomani, certa che, influenza o no, Andrew non avrebbe saltato la serata di beneficenza a casa Ramon.
Entrando al Cinquecento Lire, Mina adocchiò subito Micol, immersa nei libri di algebra e seduta al suo tavolo preferito. Guardò Mark, che le annuì di rimando facendole capire di sapere bene cosa portarle, e raggiunse l'amica, come ogni giorno disperata per quegli esercizi a lei incomprensibili. Sarebbe andata volentieri da Colin, come ogni pomeriggio delle ultime settimane, ma il ragazzo aveva annullato quel loro ormai tradizionale appuntamento per un improvviso impegno che non spiegò troppo nei dettagli. Mina aveva percepito chiara e spietata la gelosia, ma aveva provato a controllarla cercando di nascondersi dietro una finta indifferenza che, fortunatamente, non aveva insospettito Colin.
Raggiunta la sedia di fronte a Micol, quasi nemmeno la salutò. Aspettò che la ragazza finisse di litigare con quei numeri, prima di aprire bocca per lamentarsi. Sapeva di essere paranoica. Lo era sempre stata, anche con Andrew, nonostante l'indifferenza sempre provata per quel ragazzo spegnesse ogni dubbio nel giro di qualche secondo. Con Colin, invece, la gelosia era tangibile e incontrollata, e rischiava di farla impazzire.
«Sai che impegni ha Colin?» chiese, non riuscendo più a trattenersi. Micol era l'unica in grado di tranquillizzarla, l'unica che conosceva Colin e quello che i due stavano vivendo. La bionda si grattò nervosamente la nuca col retro della matita, senza distogliere lo sguardo dalle pagine un po' ingiallite del libro, e senza apparentemente ascoltare la voce dell'amica. Mina sbuffò sonoramente, incrociando le braccia dopo aver buttato sul tavolo qualche moneta per pagare il caffè, che una Phoebe sorridente le stava già portando. Aspettò che la cameriera sparisse, prima di tornare a puntare gli occhi azzurri dalle stupende striature violacee su Micol.
«Allora?» Micol alzò gli occhi, truce. Sapeva di non poter ignorare quell'insistenza, sapeva che Mina non avrebbe ceduto, così chiuse il libro esausta, promettendo a se stessa che lo avrebbe riaperto una volta a casa, nella silenziosa tranquillità della sua stanza. Analizzò ogni espressione di Mina, cercando di cogliere anche la minima sfumatura di quello sguardo perennemente glaciale. Sorrise, comprensiva e soddisfatta, quando notò delle espressioni in Mina che, forse, non aveva mai visto. La riscoprì umana, la riscoprì adolescente.
«Non ne ho idea» ammise, sincera. Mina scrollò le spalle, sconsolata. Odiava quella stupida gelosia, voleva tornare la ragazza disinteressata di pochi giorni prima. «Ma non sarà niente di che, qualcosa col padre, probabilmente» aggiunse, provando a rassicurarla. La mora scosse il capo, facendo fluttuare la morbida coda di cavallo che scendeva indisturbata lungo tutta la schiena. Micol era sempre stata incantata dalla perfezione di quei capelli, fin da bambina.
«Pensi abbia altre ragazze?» chiese, nervosa e incerta, facendo scoppiare Micol in una fragorosa risata che si sparse in tutto il locale, attirando la curiosità di un paio di clienti. Mina guardò di sbieco l'amica, che subito si ricompose, bevendo un sorso di caffè prima di risponderle.
«Perché sei sempre così insicura? Vorrei davvero che ti vedessi come ti vedo io» sospirò sincera, stringendole una mano. Mina abbassò gli occhi, imbarazzata, e Micol strinse la presa un po' di più. Aspettò che Mina rialzasse lo sguardo, prima di aggiungere: «Ti guarda con un tale trasporto, che mi sembra assai difficile che anche solo pensi a qualcun'altra.» Era seria, ferma e sicura di quelle parole, così tanto che riuscì a convincere anche Mina, che di rimando le sorrise, ringraziandola silenziosamente. Restarono zitte per qualche secondo, prima che Mina spiegasse i motivi di quell'incertezza. Le parlò di Katherine, di come la ragazza l'aveva guardata qualche giorno prima, della paura di non essere abbastanza per Colin. Si spogliò di ogni sovrastruttura, pur di farle capire da dove nascessero quei dubbi. Ma Micol rimase irremovibile, certa che Colin fosse davvero preso incondizionatamente da lei. Non lo conosceva bene, come Mina aveva più volte sottolineato, ma aveva imparato a capire gli sguardi, i silenzi eloquenti, ogni gesto di quel ragazzo tanto tenebroso e imperturbabile all'apparenza.
Il pomeriggio passò tranquillamente. Mina provò a credere alle parole di Micol. Ci credeva, in realtà, nonostante il tarlo che qualcosa sotto ci fosse. Si fidava di Colin? Sì. Ciecamente? No. Di nessuno si fidava ciecamente, a parte Micol. Era orgogliosa. Diffidente, insicura, e maledettamente orgogliosa. Colin non aveva voluto parlarle di quell'imprevisto? Lei, sicuramente, non avrebbe chiesto ulteriori spiegazioni. Non avrebbe mostrato la sua gelosia incontrollabile. Non ora, che nemmeno erano davvero una coppia. Non così presto.
***
«Allora, come va con Mina?» Lip vide Colin aprirsi in un sorriso spontaneo e sincero che lo contagiò. Gli strinse una spalla con la mano, senza smettere di guardarlo, aspettando impaziente altri racconti su quella ragazza apparentemente inarrivabile. Colin finì di rollare l'ennesima sigaretta, portandola poi alla bocca e prendendo lo zippo dalla tasca dei jeans. La accese, in silenzio, facendo il primo tiro. Buttò fuori tutto il fumo, e scrollò le spalle.
«Bene» sussurrò, semplicemente, sempre quel sorriso contagioso sulle labbra. Lip provò una certa invidia. Era contento, iniziava davvero a volere bene a Colin. Ed era anche contento che la protagonista di quelle attenzioni non fosse Micol, come aveva scioccamente ipotizzato all'inizio. Ma vederlo così felice riusciva a contorcergli lo stomaco. Avrebbe voluto provare la stessa sensazione di ingenua e incondizionata felicità. Sapeva che Mina non era una ragazza semplice. Capì, ascoltando Colin, che quel rapporto non era facile. Mina non aveva ancora lasciato il fidanzato storico, eppure, sentendo l'amico parlare, ebbe la sensazione che, stando insieme, avrebbero superato tutto. Anche lui e Micol ce l'avrebbero fatta. O, almeno, avrebbero potuto, se solo lei non avesse deciso di scappare dalla loro relazione.
Preso da quei pensieri, non notò subito Colin rabbuiarsi. Tornato alla realtà, si accorse dello sguardo perso nel vuoto dell'amico. «Tutto bene?» chiese, smuovendolo leggermente. Colin parve risvegliarsi, annuendo automaticamente, perplesso.
«Le ho mentito» sibilò, con sguardo colpevole. «Dovevamo vederci, oggi. Le ho detto che non potevo, mettendo in mezzo un impegno improvviso»
«Non vuoi parlarle dei lupi?» Colin sgranò gli occhi a quella domanda, facendo nervosamente no col capo.
«Sei impazzito? Darebbe i numeri» disse convinto. L'aveva vista, dopo il pestaggio. Aveva studiato i suoi occhi, la voce tremante, il terrore in ogni espressione di Mina. Non poteva parlargliene, non le avrebbe dato anche questo peso.
«Dovresti» aggiunse con un filo di voce Lip.
«Davvero? Parli per esperienza?» chiese Colin a muso duro. Lip ridacchiò nervoso.
«Sono diverse, Mina potrebbe prenderla meglio»
«Potrebbe», un ultimo tiro alla sigaretta ormai finita che buttò subito nell'enorme posacenere all'entrata, «ma non posso rischiare. E non posso metterla in pericolo. Tuo padre ha minacciato me, mio padre e tutta la mia famiglia. Potrebbe arrivare a lei»
«Ormai sei dentro, non rischi.» L'incertezza lo tradì. Colin ghignò, i pugni chiusi nelle tasche del giubbotto di pelle e la voglia lancinante di spaccare la faccia a Jim, stravaccato sulla sua solita poltrona.
«Davvero? Credi che non farebbe nulla? Mi vuole avere in pugno» grugnì a denti stretti.
«Ti ha già in pugno» ribatté Lip, con l'amarezza di chi aveva già da tempo fatto i conti con la consapevolezza di non poter scappare. Anche Colin doveva capirlo. Aveva avuto un primo assaggio della potenza di Jim, della sua furia scalpitante. Sapeva che quell'uomo era disposto a tutto, pur di ottenere ciò che voleva. E iniziava ad avere paura. Aveva avuto paura in quel vicolo, mentre gli scagnozzi di Nelson lo pestavano a sangue. E aveva paura anche lì, nell'angolo di quella stanza dalle luci soffuse e l'odore nauseante di alcol e sigari. Una paura paralizzante, che non poteva combattere. E allora, ne valeva la pena? Si sentiva egoista. Erano tutti in pericolo, per colpa sua. Forse, avrebbe dovuto fare le valige, lasciare tutto e liberare il padre e Mina da quel fardello che, senza volere, doveva portarsi dietro. Ma come avrebbe vissuto? Mina stava diventando ossigeno. L'avrebbe protetta, a ogni costo, ma non poteva abbandonarla. Lui aveva bisogno della ragazza, e sapeva che anche lei aveva bisogno di lui. Abbandonarla l'avrebbe gettata in un baratro da cui non sarebbe sopravvissuta. Strinse i denti, buttando uno sguardo carico di rabbia a Jim. E respirò, provando a contenere quella rabbia.
Spazio autrice!
Le vacanze natalizie mi hanno assorbita del tutto. Ma eccomi qui, di nuovo da voi. Ritroviamo i nostri protagonisti con gli stessi problemi di sempre, perennemente davanti a bivi difficili da superare. Colin parlerà a Mina dei lupi? Mina parlerà a Colin di quella gelosia che la paralizza? La festa ormai è imminente. E ne vedremo delle belle...
Lasciatemi pareri e stelline! A presto ♥️
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Moonlight
RomanceNella piccola cittadina di Moonlight i contrasti sono all'ordine del giorno: ricchi e poveri, centro e periferia, city e the shadow. Due realtà distinte, che faticano a convivere ormai da anni. Mina Ramon, diciassettenne bellissima e piena di talent...